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Nell’International Champagne Day, oggi, ecco “The path of humility”, il film-manifesto della storica Maison Henri Giraud, con griffe delle bollicine d’Europa come Ca’ del Bosco, Pepe Raventos, Domaine de la Taille aux Loups e Gusbourne Estate

Un film-manifesto per far fare “un bagno di umiltà” ad una delle regioni più prestigiose del vino mondiale, per spingere il territorio ad interrogarsi sui possibili errori commessi in una storia comunque gloriosa, per non rischiare di sacrificare la propria identità per il marketing, senza “guardarsi l’ombelico” per progettare meglio il futuro, aprendo al parere e allo sguardo di colleghi-competitor di tutto il mondo: ecco l’idea alla base di “Handmade Vintage Sparkling: The path of humility”, on line da oggi (http://handmadesparklingwine.com), nell’International Champagne Day. Un progetto nato dall’incontro andato in scena nella storica Maison di Champagne Henri Giraud, che in aprile ha invitato i leader di altre prestigiose case spumantiere di tutto il mondo, da Maurizio Zanella, alla guida della griffe del Franciacorta Ca’ del Bosco, a Pepe Raventos della storica cantina spagnola Raventos i Blanc, da Jaky Blot, di Domaine de la Taille aux Loups, nella Loira, ad Andrew Weeber della britannica Gusbourne Estate.
“È un momento storico, per la prima volta abbiamo capito che la Champagne - dice Claude Giraud - ha recepito un messaggio storico: dobbiamo scuoterci! Fare il meglio possibile, non ascoltare “le sirene”, seguire il proprio gusto e non arrendersi mai. Questo è il cammino dell’umiltà”. “Mi è piaciuto il coraggio della Maison Giraud, perché nella Champagne, che è una regione che conosco molto bene - dice Maurizio Zanella - le persone sono molto chiuse, cercano di arroccarsi su un piedistallo di primogenitura, senza mettere a nudo i problemi che anche questo territorio ha. E credo che l’esempio di Giraud sia stato un esempio per tutta la Champagne, per la capacità di mettere in discussione un’evoluzione del territorio che non sempre va in quella auspicata. La Champagne deve essere la locomotiva di questa tipologia di vini, ma non sempre va alla velocità che noi vorremmo. Tutti quelli che fanno grandi vini hanno il desiderio che la Champagne riprenda il suo cammino verso una qualità concreta, e non verso il marketing”.
Un territorio che è cresciuto molto, negli anni, quello della Champagne, anche in termini di volumi di produzione per far fronte al mercato, tanto che ci si interroga da anni sull’opportunità e le modalità di allargare la denominazione. Percorso esattamente opposto a quello che ha intrapreso la Raventos i Blanc, firma storica della spumantistica Spagnola, che nel 2012 ha scelto di abbandonare la denominazione Cava, perché diventata troppo commerciale, puntando sulla creazione della più piccola Do Conca del Riu Anoia. “Quello che abbiamo fatto con la Conca - spiega Pepe Raventos - è stato rimarcare una zona di origine molto piccola, ma anche molto precisa e concreta, capace di determinare davvero ed in maniera diretta lo stile dei vini. I requisiti e i criteri di produzione qui, in questo momento, sono molto più rigidi e ristretti che in Champagne. E questo perché noi abbiamo sbagliato tanto in passato, e oggi non possiamo che imporci di produrre eccellenze, se vogliamo essere riconoscibili nel mondo per i prossimi 50 anni”.
“Ho sempre avuto in mente il modello dei grandi Champagne, ma non l’ho mai copiato - aggiunge Andrew Weeber di Gusbourne Estate, una delle realtà più importanti della emergente spumantistica Uk - perché qualsiasi cosa si faccia in Inghilterra sarà diverso: le uve sono diverse, i luoghi sono diversi. Il modello da seguire secondo me è quello di rispettare la tradizione, ma con la capacità di mettere continuamente in dubbio ogni cosa”.
“C’è sempre stato il desiderio di confrontarsi con le persone che affrontano gli stessi problemi, per produrre ognuno il proprio meglio - aggiunge Jaky Blot di Domaine de la Taille aux Loups, nella Loira - nel proprio angolo di mondo, dovunque sia, con le caratteristiche del territorio, la sua cultura, il suo terroir, i suoi vitigni. Interpretando tutto questo in modo leggermente di verso. Io credo che non dovremmo fare mai lo stesso vino dei nostri vicini, per quanto siano bravi e lo facciano buono. Ognuno deve avere la sua identità”.

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