Il 2015 ormai agli sgoccioli, che probabilmente segnerà un nuovo record per le esportazioni di vino italiano (si va verso i 5,4 miliardi di euro, +6% sul 2014 secondo Wine Monitor - Nomisma), è stato un anno che ha confermato la crescita delle più importanti griffe dell’Italia enoica. Perchè se è vero che nella “Power 100” del 2015, stilata, come ogni anno, da “Liv-ex”, il benchmark del mercato secondario (www.liv-ex.com), e “The Drinks Business”, che mette in fila i marchi più potenti nel mondo del vino, in base a criteri ben precisi, come i volumi di vendita, le performance di prezzo, numero di vini e di etichette scambiate sul Liv ex, i brand del Balpaese, pur ben presenti, hanno perso qualche posizione sul 2014, è altrettanto vero che, nel complesso, l’Italia è stata la seconda “regione” più scambiata, dietro a Bordeaux ma superando la Borgogna, con i vini del Belpaese che hanno raggiunto una “market share” del 7,1% nel 2015 sull’appena 0,9% del 2010. E se l’“Italy 100” (sotto indice del “Fine Wine 1000”), che raccoglie le ultime annate di 5 classici Supertuscan (Masseto, Ornellaia, Sassicaia di Tenuta San Guido, Solaia e Tignanello di Antinori) e di altre griffe dell’Italia enoica (Barbaresco e Sorì Tildìn di Gaja, Barolo Vigne di Sandrone, Messorio de Le Macchiole e Redigaffi di Tua Rita), negli ultimi 5 anni (dato aggiornato al 30 novembre 2015) ha visto una crescita in valore del 18,19%, performances decisamente migliore, in termini di crescita, dei vini di Bordeaux, con il “Bordeaux 500” che nello stesso periodo ha perso il 8,43%, un ulteriore segnale di quanto l’Italia possa dire la sua nel mercato del collezionismo arriva dalla “The top 10 wines on the Liv-ex 1000” 2015, che ha messo in fila i vini che hanno visto le proprie quotazioni crescere di più nell’ultimo anno.
Dove per l’Italia, ci sono il Barolo Vigne 2007 di Luciano Sandrone, che ha fatto +34,1% (passando dalle 645 sterline a cassa di dicembre 2014 alle 865 di novembre 2015), ed il Tignanello 2004 di Antinori, che ha fatto +33,2% (da 764 a 1.018 sterline alla cassa), rispettivamente in posizione n. 5 e 6. Meglio di loro hanno fatto, nell’ordine, Chateau Angelus 2005 (+39,9%, da 2.250 a 3.148 sterline), Chateauneuf du Pape Reserve 2010 di Domaine du Pegau (+37,2%, da 436 a 598 sterline), Opus One 2006 (+35,9%, da 2.134 a 2.900 sterline), e Clos Tart 2010 di Mommessin (+34,4%, da 2.182 a 2.933 sterline).
Ma le due etichette italiane, in termini di crescita, hanno performato meglio di mostri sacri del vino mondiale, mettendosi alle spalle, il Porto Taylor 1994 (+31,4%, da 818 a 1.075 sterline), Batartd Montrachet 2002 di Domaine Leflaive (+30,7%, da 2.992 a 3.818 sterline), Cheval Blanc 2005 (+29,3% da 3.750 a 4.848 sterline) e La Mission Haut Brion 2015 (+28,5%, da 2.900 a 3.728 sterline). Certo, è evidente come le quotazioni assolute dei grandi francesi siano ancora decisamente superiori. Eppure, queste performance, sono l’ennesimo segnale di un interesse per le etichette-mito del vino italiano che cresce tra i collezionisti del mondo.
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