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“Un po’ folli e sognatori, come Don Quijote, ma anche concreti, come Sancho Panza”: ecco gli agricoltori del futuro per il fondatore di Slow Food Carlo Petrini ed il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina. “Nelle vostre mani è il futuro”

I giovani agricoltori devono essere un po’ folli e sognatori, come Don Quijote, ma anche concreti, come Sancho Panza, perché il “sogno senza concretezza è nulla, e la concretezza senza sogno è solo noia burocratica”. E non aver paura se i mezzi sono da poco, come lo era Ronzinante, perché con la creatività si possono fare grandi cose comunque. Usa i personaggi del romanzo di Cervantes, Carlin Petrini, per parlare agli studenti degli istituti tecnici agrari di tutta Italia, a Torino per “Terra Madre Salone del Gusto”, insieme al Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina e, tra gli altri, Patrizia Marini, presidente di “Re.Ni.Sa”, la Rete Nazionale degli Istituti Agrari.

“Un tipo di scuola che va rispettato, come tutte, ma che oggi un Paese civile deve tenere più che mai in considerazione - spiega Petrini - per portare avanti un concetto di educazione legata all’agroalimentare che possa rispondere ai tempi. Perchè il mondo è cambiato profondamente da quanto ero giovane. Siamo passati da una società industriale ad una post industriale, e non è di poco conto. La società industriale era quella della produzione: tutta l’organizzazione era funzionale a produrre. Oggi non è così. La scuola non è fatta solo per formare lavoratori, ma per formare cittadini. Siete in una scuola che, occupandosi di agroalimentare, deve avere visione olistica, aperta, non solo settoriale. Voi studiate la vita, la terra, il cibo: non può essere ridotto tutto ad una logica professionale, perché sarebbe è una logica da società industriale.
Ma qui abbiamo un perito industriale come me, e un agrario che è Ministro della Repubblica: vuol dire che non si possono chiudere i sogni in un indirizzo scolastico. Siate giovani creativi, impegnatevi a vivere bene questa stagione mettendoci la passione dei vostri sogni. E se i mezzi non sono eccezionali, come era Ronzinante per l’eroe di Cervantes - continua Petrini - non scoraggiatevi, perchè più di tutto conta il vostro carattere. I soldi aiutano, ma c’è chi ne ha tanti e non fa niente perché non ha creatività.

I tempi che ci attendono devono essere di dialogo, anche tra generazioni. “Se i giovani sapessero e i vecchi potessero”, dice un proverbio. Che non vale più oggi, perché i vecchi devono impegnarsi a capire i giovani, che a lro volta devono essere disponibili ad imparare dai più anziani, ma devono avere anche spazi per fare le cose e per sbagliare, che è un loro diritto, e chi lo nega non ha capito niente. Certo vivete una situazione problematica profonda, perché mai come oggi la nostra Terra Madre è stata vilipesa e maltrattata. Vi chiedo: quanti di voi hanno letto enciclica “Laudato Si” di Papa Francesco. Solo uno? - si stupisce Petrini guardando la Platea - E volete cambiare realtà del mondo? E voi insegnanti non gliela fate leggere? È oggi il testo fondamentale per chi vuole lavorare con la terra, parla di cambiamento climatico, di perdita di biodiversità, di biologia, di equilibrio tra uomo e natura. È un documento storico per il nostro settore, che non è un settore, non è cibo e agricoltura e basta, è la vita. E poi - aggiunge Petrini - bisogna rispettare chi la lavora bene. A Terra Madre ci sono contadini e pescatori da tutto il mondo, andate a conoscerli, mischiatevi con loro, non considerateli poveri. Sono ricchissimi di conoscenze, sanno coltivare la terra, non usano pesticidi, risparmiano acqua, hanno a cuore la biodiversità. Sono tematiche ormai non solo di tipo tecnico, strutturale, ma olistiche. Avete un mondo aperto davanti, siate orgogliosi di quello che fate. Apritevi a filosofia, letteratura, spiritualità. Buona fortuna, che la vita vi sorrida, ma datevi una mossa”, dice Petrini ai ragazzi.
Con parole condivise appieno dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina: “è vero, la politica dovrebbe essere sempre più a fianco di queste scuole - dice rispondendo all’appello lanciato da Patrizia Marini - anche se poi la realtà è complicata e non sempre si tiene il passo. Sono d’accordo con Carlin, bisogna vivere la scuola come una piazza di cittadinanza, vale per tutte le scuole. Poi ci sono materie specifiche, competenze, professionalità, ma se non c’è quello non ci sono le basi. Siamo in un passaggio di fase epocale, dove il grande tema agricolo è più che in passato un grande tema politico. Chi vuole formarsi in questo settore deve capire l’importanza di questo passaggio e la responsabilità a cui va incontro. Siamo davanti a cambiamenti che ripropongono la modernità dell’agricoltura che ha da fare i conti con tanti con temi irrisolti. Siamo in tempi in cui una grande multinazionale ha il 30% delle sementi del mondo, in cui la Cina investe miliardi a sostegno degli agricoltori e cambia rapporti di forza epocali, in conflitto con gli Usa per gli aiuti sul grano, per esempio. Stiamo parlando di grandi eventi, di fatti geopolitici: dobbiamo arrivare alla terra, ma partire da leggere il mondo. Voi potrete avere chiavi di lettura forti su questi temi, se capiamo che ci riguardano tutti. Per esempio, se capiamo che sempre più sostenibilità e competitività andranno di pari passo, se riusciremo a coniugarle. E che riguardano anche temi come l’equità, la giustizia, le prospettive di interi territori. Ma serve anche un continuo aggiornamento nella formazione perché bisogno essere preparati per cogliere certe sfide. Basta pensare a come la rivoluzione digitale cambia le cose, anche in agricoltura. I percorsi formativi nuovi sono opportunità, sono possibilità di riscatto. Negli anni 80-90, fare l’istituto agrario, come ho fatto io, era considerato da “sfigati”, sembrava di fare lo studente di “serie b”, era difficile avere una prospettiva. Oggi questi percorsi sono i più moderni che possiamo offrire ai giovani, oggi chi scommette su questo ha opportunità clamorose per il futuro, legate al modello di sviluppo che avremo davanti. Ma dobbiamo migliorare, agganciare di più gli Istituti Tecnici alle Università. Questa esperienza formativa vuol dire avere le chiavi per capire il futuro, per rispondere alle responsabilità che questi tempi ci mettono davanti. Pensiamo alle migrazioni, per esempio.
I dati di crescita delle iscrizioni a istituti tecnici agrari, +13% solo quest’anno, sono interessanti, ma dobbiamo colmare un gap con altri Paesi che pesa. Ma il sapere agricolo è potente, e può dare futuro a voi e ai territori in cui vivrete, ne abbiamo bisogno. E l’Italia è il Paese che può cogliere prima e meglio l’urgenza di questo cambiamento: per come siamo fatti, per dove siamo, per la nostra storia. Non è presunzione, è la consapevolezza del senso di una responsabilità che abbiamo come Nazione. Giocatevi fino in fondo le vostre carte. Vi auguro di avere fortuna, come l’ho avuta io”.

“Abbiamo una grande sfida da portare avanti - aggiunge il Presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo - gli agricoltori in epoca industriale erano residuali, si pensava di dover portare loro “la verità”, per esempio dicendogli di usare mais ibrido per farne di più, anche se era meno buono, poi di usare “la medicina”, ovvero i pesticidi, con i quali abbiamo anche inquinato le acque. Abbiamo pensato che per fare successo nel cibo si dovesse fare “roba che costa poco”. Poi non ce la facevamo, e siamo andati a disboscare l’Africa. Abbiamo fatto tanti errori, fatti tutti insieme, senza scaricare responsabilità a nessuno. Ci siamo mangiati tante risorse. Ma i contadini hanno avuto la testa dura, hanno mantenuto biodiversità, conoscenze, tradizioni. E per questo, per esempio abbiamo 530 varietà di olivo, mentre in Spagna sono 10. Nel 1996 nasce il Salone del Gusto, che celebra questa identità. Coldiretti lavora per far capire che l’agricoltore è importante, oggi tutti sono interessati al tema del cibo, e hanno capito il nesso importante con chi lo produce, che è anche l’agricoltore che sta dietro alla materia prima, agli ingredienti. E questo lo hanno capito bene anche gli istituti Agrari, che hanno capito che agricoltura è diversità, e per farla serve tanta formazione ed innovazione, che non è tecnologia pura fino a se stessa, ma è avere strumenti nuovi per sfide come la pulizia di aria e acqua, la fertilità del suolo, la distribuzione del cibo, il non spreco. E allo stop alla speculazione: se il grano, in Italia, lo paghiamo quanto 30 anni fa, non possiamo dare colpa al mercato, perché il mercato lo fanno le persone, e si può migliorare, come facciamo con i contratti di filiera anche insieme a grandi imprese, come Barilla”.

Alla base di tutto questo c’è anche la formazione dei nuovi agricoltori che si fa negli Istituti Agricoli. “Ma è sempre più importante unire gli istituti tecnici agricoli alle aziende - dice Patrizia Marini - perchè questi ragazzi sono il futuro, porteranno avanti una rivoluzione verde legata alla loro capacità di innovare, di crescere, ma dobbiamo dargli gli strumenti per conoscere il mondo. Va bene che studino le materie tecniche, ma anche le lingue straniere, per esempio, perché siamo ormai cittadini del mondo. L’ultima riforma della scuola ha però distrutto, in parte, l’istruzione degli istituti agrari”, denuncia la Marini. “È diminuito il monte ore, ma sono sparite materie caratterizzanti come botanica, non c’è agraria dal primo anno, manca la meccanica agraria. Il mondo mondo del lavoro ci chiede ragazzi formati con competenze specifiche, ma i ragazzi non possono essere fagocitati come semplici risorse, devono dare loro innovazione alle aziende, e noi dobbiamo dar loro gli strumenti. Da Expo è arrivato un messaggio chiaro: non c’è futuro senza sostenibilità, senza un’innovazione che abbia un cuore verde. Noi vogliamo una una riforma epocale, ma serve supporto, unità, perchè c’è una “Terra Madre” da accudire, se la perdiamo, se perdiamo le risorse primarie non ci sarà più vita per nessuno.

Tutta la filiera dell’istruzione deve lavorare insieme. Ma serve anche supporto del mondo del lavoro, e chiedo alle istituzione di convocarci ai tavoli, perchè possiamo dare molto, vogliamo essere più coinvolti. Sevono teconologie, fondi dedicati ad hoc: gli istituti agrari sono le uniche scuole d’Italia ad avere anche azienda al loro interno, ma servono strumenti concreti: la teoria da sola non serve a nessuno”.

“Dobbiamo fare in modo che ci sia più dialogo tra scuola e mondo del lavoro - ha aggiunto il Sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali Luigi Bobba - perchè bisogna conoscere ed imparare, studiando e lavorando. Ed in passato lo scollamento tra scuole e lavoro ha creato danni importanti. Ma dobbiamo tenere conto che che nei primi 2 anni di scuola superiore si perdono il 38% degli studenti. Vuol dire che l’offerta formativa che abbiamo non incontra i talenti e le volontà degli studenti. Non dobbiamo “liceizzare” gli istituti tecnici, ma diversificare gli insegnamenti, altrimenti ne perderemo sempre di più. E dobbiamo pensare che il modello degli Istituti Tecnici Agrari, che hanno vere e proprie aziende al loro interno, possono essere in questo un modello anche per altri indirizzi e scuole. Ma servono tante innovazioni. Con il Ministro delle Politiche Agricole, per esempio, stiamo lavorando per poter estendere il servizio civile anche nelle realtà che si occupano di agricoltura sociale. Dobbiamo guardare al futuro, e spero che voi possiate costruirlo puntando sull’energia del cambiamento propria dei giovani”.

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