La fiducia in un Paese come l’Italia e nel suo futuro legato all’agricoltura e all’enogastronomia, e ad un nuovo modello di sostenibile di cui il Belpaese può essere guida mondiale. E poi lo sviluppo di Eataly in Cina, ma anche in Europa e negli Stati Uniti, guidati da una voglia di made in Italy ancora non compresa appieno, e l’Italia, con Fico e non solo. È un Oscar Farinetti, quello intervistato da WineNews, ieri a Siena, a tutto tondo: uomo d’affari, “Mr Eataly”, filantropo, quasi filosofo.
“Noi non decidiamo se saremo animali, vegetali umani, non decidiamo di che sesso, non decidiamo gli orientamenti sessuali, quando nasciamo, non scegliamo niente. Ma malgrado tutto, ce ne dimentichiamo. E allora noi che nasciamo i posti così belli, come succede qui ai senesi, o come successo a me ad Alba, nelle Langhe patrimonio Unesco, dobbiamo dedicare un pezzo della nostra vita a ripagare questa fortuna pazzesca. Ed uno dei modi per farlo è essere patriottici. Il patriottismo per me vuol dire dedicare tempo e risorse al mio territorio, intanto aprendo le porte a tutti quelli che vogliono venire, passando dall’integrazione all’interazione, e poi lavorando sui prodotti del territorio, sul mio passato, sui miei rimorsi, sui miei successi, impegnandomi a restare giovane”.
Il che vuol dire aprire anche nuovi Eataly, magari in piccole città d’arte come Siena? “Le condizioni economiche adatte ad un Eataly, nella provincia italiana non ci sarebbero mai. Ma chi se ne frega, guadagnamo tanto a New York ed in altri luoghi, che se per una volta non guadagnamo pazienza, possiamo anche sdebitarci un pò con il nostro Paese. Di Eataly ne abbiamo aperti tanti, ho già aperto di recente Trieste con grande successo, poi apriremo a Verona, il prossimo anno. Il problema di Siena è che è irraggiungibile, l’ho detto anche al vicesindaco: prendete questo punto di debolezza e fatene un punto di forza, dichiaratevi “Siena l’irraggiungibile”. E chi vi raggiunge poi può toccare il cielo con un dito, può vedere il Lorenzetti, il Buon Governo e il Cattivo Governo, che forse è l’opera più importante che c’è nel nostro Paese e che sta chiusa nel vostro Municipio. Fate una cartellonistica, mettetela fuori, spiegatela, raccontatela, un patrimonio inestimabile. E anche per questo, credo che a Siena, prima o poi, in qualche forma, verremo con Eataly”.
A Siena con Eataly, e in Toscana con il vino, magari, visto che Farinetti ha già diverse aziende, ma tutte nelle Regioni del Nord Italia. “Come sapete in Toscana già distribuisco i vini della mia amica Gianna Nannini, che vanno benissimo, abbiamo fatto un vino che si chiama Innno, con tre enne, un Sangiovese in purezza, un Chianti, che vendiamo parecchio. A sbarcare in Toscana ci pensiamo: ora con le aziende vinicole siamo in Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli, tutto al Nord. Dobbiamo pensare a Toscana e Sicilia, che sono le altre grandi regioni del vino italiano. E pensarci vuol dire trovare i terreni giusti, comprarli e farci un vino della madonna. E penso alle vigne e ad una bella cantina per fare il vino buono, non a castelli o a ville. Anche perchè il mercato del vino è piccolo tutto sommato, parliamo di 60 miliardi di dollari in tutto il mondo - dice Farinetti - la metà di quello della Coca Cola che, da sola, ne fa 110. Ma presto il vino esploderà, quando i 2/3 del mondo che oggi non lo bevono lo faranno, sono destinati a quello, è un “dolce condanna”, è il liquido più buono del mondo, dovranno berlo”.
Però, l’export ad oggi non sta crescendo come presagivano e auspicavano lo stesso Farinetti e l’allora Presidente del Consiglio e grande amico dell’imprenditore piemontese, Matteo Renzi, che avevano fissato l’obiettivo a 7 miliardi di euro per il vino e a 50 per l’agroalimentare nel 2020. “Il 2016 è stato, comunque, un anno di crescita (il vino a è 5,6 miliardi di export, +4,3%, sul 2015 l’agroalimentare a 38 miliardi, +3%, ndr). Io sono convinto che sono obiettivi che centreremo nel 2020, con dei balzi fantastici, abbiamo 4 anni in cui dobbiamo fare +12-13%. Io, personalmente, ho avuto performance migliori della media. Ma dobbiamo alzare il sedere dalla sedia e andare a raccontarci nel mondo, ancora di più di come facciamo, il segreto è tutto lì”.
Viene da chiedersi, però, se questa grande voglia di Italia nel mondo c’è davvero, o ce la raccontiamo tra noi. “Ma certo che c’è. Parli con un italiano che vive nel mondo - sottolinea Farinetti - e ti dico che c’è una domanda di Italia che è pazzesca, ma tutto dipende dalle nostre capacità. C’è un voglia di Italia che riguarda tutti i nostri settori a maggiore vocazione, il food, il fashion, il forniture. Ma dobbiamo essere meno provinciali, ed essere più bravi a venderci nel mondo”. Certo è che non è semplice, considerando anche che Italia c’è sempre una grande invidia per chi ha successo. Magari anche invidia per Farinetti. “Non lo so perchè, ma capisco chi è invidioso, magari lo sarei anche io. Ma provo molta solidarietà con chi invidia, anzi, come mi ha insegnato il mio amico Carlin Petrini, bisogna provare per chi invidia un sentimento opposto, che è la compassione. Perchè l’invidia è provare dolore per quelli a cui vanno bene le cose, la compassione è provare dolore per quelli a cui vanno male, e quindi Petrini mi dice sempre: rispondi con compassione. C’è chi invidia, ma io sono ottimista, e penso che nel complesso alla fine mi vogliano bene in tanti, perchè non mi comporto male, faccio le mie cazzate, di sicuro, ma in generale credo di dimostrare di avere rispetto per gli altri, non mi sento il re di chissà cosa. Mi sento uno normale che lavora tanto, che si alza presto la mattina e che si dà da fare, dovessi dirti se c’è qualcuno che mi sta antipatico ti dico di no, cerco sempre il bello in tutte le persone. E poi non leggo i social, e questo aiuta molto”.
Un Farinetti quasi filosofico, quasi sociologo, ma che prima di tutta resta un grande imprenditore. E, come tutti, guarda anche quel nuovo promesso “El Dorado” che dovrebbe essere la grande Cina. “Ed in effetti lo è. Ci abitano 1,6 miliardi di persone, puoi immaginare i consumi. In più c’è un grande incremento della qualità della vita, del benessere, è il luogo del mondo dove conviene investire. Ma bisogna fare attenzione, perchè i cinesi non sono ancora preparati ad affrontare la cucina e l’enogastronomia italiana come stanno facendo altre zone del mondo, dalle Americhe all’Europa agli Emirati Arabi, dove è più facile perchè c’è più conoscenza del cibo italiano. In Cina bisogna insegnarlo, e fino ad oggi ci sono stati tanti fallimenti. È fondamentale trovare il partner giusto, non si può andare da soli noi. Noi lo stiamo cercando, se ne occupa Andrea Guerra (ad di Eataly, ndr) personalmente. Ci sono una decina di candidati, ma i cinesi sono un po’ come noi italiani, dicono tutti di essere i n. 1, i più ricchi ... li stiamo vagliando ed analizzando, uno per uno, poi decideremo insieme quale sarà il partner giusto, ma nel 2020, hai centrato la data, dobbiamo sbarcare a Shanghai e Pechino”.
Che andranno ad arricchire quella che è una vera e propria galassia di Eataly nel mondo. “Siamo a 37 Eataly all’estero. Tra le aperture più recenti, c’è stato il grande successo di New York 2, al Wto aperto a novembre, grandissimo successo di Boston, a dicembre, che è eccezionale, faremo il 40% in più del previsto. Ci aspettavamo un po’ di più da Copenaghen, ma vedremo di migliorare. Il 2017, ancora, sarà un anno molto intenso: il 10 aprile apriamo 9.000 metri quadrati a Mosca, poi a Stoccolma, tra giugno e luglio; a settembre, via ad 8.000 metri quadrati a Los Angeles, a cui teniamo moltissimo, e poi Las Vegas. Il 2018, invece, sarà - dice Farinetti - l’anno dell’Europa, e affronteremo le due grandi capitali, Londra e Parigi. A Londra apriremo a Covent Garden, in partnership con Selfridges, a Parigi con le Galeries Lafayette nel quartiere di Marais, che è figo, molto italiano, speriamo di fare una bella cosa. E poi, per l’Italia, dopo aver aperto Trieste a gennaio 2017 (con qualche mese di ritardo, ma anche in questo caso è un grande successo), penso a Verona, per il 2018 o il 2019, dove vogliamo fare una cosa grande, stiamo lavorando con l’architetto Botta, il Frigorifero 1930, lo stabilimento che è proprio davanti a Veronafiere e Vinitaly”.
Di certo l’apertura più attesa ed annucianta è però quella di Fico - Eataly World a Bologna. Ed ottobre 2017 potrebbe essere la volta buona. “Lo sarà - conferma Farinetti - è l’appuntamento più importante, e l’esperienza per me più importante nell’enogastronomia, è una cosa che quando vedrete cos’è mi darete davvero del pazzo. 10 ettari, 100.000 metri quadrati, di cui 8 ettari coperti con il più grande tetto fotovoltaico d’Europa, 4.400 pannelli solari. E alle tre funzioni di Eataly, mercato, ristorazione e didattica, aggiungeremo le due funzioni primordiali, agricoltura e trasformazione. Quindi, ci saranno due ettari scoperti per capire come nasce il grano in Italia, le mele, le arance, la vigna, le cultivar di olive, poi entri dentro dove ci saranno con le 40 fabbriche contadine artigianali di trasformazione che produrranno davvero: il mulino farà 40 quintali di semola al giorno, e così il pastificio, il birrificio farà la birra, la cantina il vino, e così via. Ci saranno 45 luoghi di ristorazione, tra street food, osterie, ristoranti formali, informali, stellati e così via. E ancora 3 Università con 12 aulee didattiche, un teatro, un cinema, il centro congressi più grande d’Italia, e 6 giostre, 6 caroselli: l’uomo e il fuoco, l’uomo e l’agricoltura con Plinio il Vecchio che ci accompagnerà, poi l’uomo e il mare, con Hemingway, l’uomo dalla terra alla bottiglia, con Noè che racconterà la genesi di vino, birra e olio, poi l’uomo e gli animali, e saranno i figli di Noè, Sam, Cam e Jafet, a raccontare questa storia, e poi l’uomo e il futuro, una narrazione in giostra di come noi immaginiamo il futuro dell’agricoltura e dell’enogastronomia italiana”.
Sembra quasi una seconda Expo, come se l’evento del 2015 sia stata quasi un laboratorio per questo progetto. “È proprio così: Expo è stata una bellissima palestra per imparare a fare questa cosa qua, e speriamo di aver imparato bene perchè gli obiettivi sono ambiziosi, ci vorremmo portare 2 milioni di turisti stranieri, 2 milioni di turisti italiani, 100.000 pensionati, 500.000 studenti. Gli Italiani perchè dicano “che culo ho avuto a nascere in Italia”, per dare orgoglio, gli stranieri per farli meravigliare, stupire, per fargli dire che l’Italia merita di essere il Paese più bello nel mondo”.
Un messaggio di grande fiducia nel Paese, dunque, nonostante tutto. “Ma certo, chi non ha fiducia è un pirla - dice senza mezze parole Farinetti - senza fiducia non si va da nessuna parte. E poi la fiducia l’avete inventata voi toscani, è l’invenzione più importante del Rinascimento. Uscivamo dal Medioevo, la cui cifra era la presunzione di disonestà collettiva, c’era la caccia alle streghe, giudici che giudicavano. Un po’ come oggi. Poi ne siamo usciti, e un certo Lorenzo de Medici ha pensato di mettere l’arte al centro del Business. Quindi lancio questa sfida, per chiudere: se come italiani mettessimo al centro del business il rispetto e la sostenibilità? Se lo facessimo diventare un affare, produrre beni e sevizi destinati ad allontanare il più possibile la fine del mondo? Se noi italiani diventassimo la guida di questo nuovo modello sociale che si basa sul rispetto della terra, dall’aria, dell’acqua, e delle proprie mani? Ma il rispetto si basa sulla fiducia, senza non si va avanti. Siamo a Siena che è la Città della fiducia, qui è nata la prima banca, e la banca è basata sulla fiducia, ti presto i soldi per un tuo progetto”.
Siena che non è lontana da quella Firenze dove politicamente è nato Renzi, grande amico di Farinetti, che è in auge di tornare a Roma, nel prossimo futuro. Farinetti continuerà a consigliarlo? “Mai dato consigli a Renzi - dice Oscar Farinetti - ma scambi di idee ci sono stati e continueranno ad esserci, e volentieri. Renzi mi piace, si sa, è un personaggio che può fare tante cose per il nostre Paese, è uno che al mattino si sveglia presto, lavora tutto il giorno, quindi speriamo che combini ancora qualcosa”.
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