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Per assicurare che la sua produzione resti quanto più possibile da uve proprie, la maison dello Champagne Bollinger stanzia 45 milioni di euro per acquisizioni di vigneti da qui al 2026, aumentando i suoi attuali 170 ettari di proprietà

Il prezzo del successo: è per certi versi questo il senso dei 45 milioni di euro che Bollinger ha deciso di stanziare per l’acquisto di vigneti nel corso del prossimo decennio, al fine di assicurare che più del 60% del proprio output produttivo rimanga da uve provenienti da vigneti di proprietà. A dirlo, secondo quanto riportato dal magazine Uk “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com), è stato lo chef de cave della maison stessa, Gilles Descôtes.
“Abbiamo acquistato circa tre ettari l’anno a partire da due anni fa, e stiamo cercando di comprarne ancora, ma non è facile”, ha esordito Descôtes, che ricopre l’attuale ruolo dal 2013 dopo essere stato direttore tecnico della maison, per poi sottolineare che Bollinger spera di aumentare gli ettari di proprietà dagli attuali 170 a 174 entro la fine dell’anno in corso. Entro il 2026, quindi, se la tabella di marcia della maison si traducesse in realtà, il totale sfonderebbe quota 200, assicurando materia prima alla griffe dello Champagne. “Vogliamo - ha aggiunto Descôtes - che più del 60% delle uve che usiamo venga da nostri vigneti”. Un non così vasto programma, in un certo senso, dato che il piano della maison (fresca di un 2016 in ampia crescita e stimolata anche dal più recente film della saga di James Bond, “Spectre”) è favorito da un ambiente, quello della Côte des Blancs, dove un ettaro di terra può passare di mano per quasi due milioni di euro. E paradossalmente, è proprio la consistenza della cifra a tentare i giovani proprietari terrieri dell’area, ha spiegato Descôtes. “Immaginiamo di essere un piccolo coltivatore della Champagne, e di ereditare un ettaro per coltivarci uva. La vendita frutterà circa 60-70.000 euro l’anno, ma ci saranno costi e lavoro da sbrigare. Se invece si vende a due milioni di euro, il solo metterli in banca garantisce ogni anno quasi la stessa cifra senza lavorare. Un discreto numero di giovani produttori nella Champagne sta facendo proprio questo”.
Interpellato infine sulle possibili mire espansionistiche di Bollinger oltremanica, sulla scia di quanto fatto da Taittinger con Domain Evremond nel Kent, Descôtes ha sì ammesso che “mi piacerebbe molto provare qualcosa del genere”, ma che la decisione non spetta a lui. Inoltre, “il potenziale c’è, ma ci sono tre cose da considerare. La prima è il global warming: al momento stiamo parlando di una zona un po’ troppo a nord per essere regolare, e questo rende le cose un po’ pericolose. L’altro problema è trovare i luoghi e i terroir veramente di qualità, ma sono sicuro che ce ne sono, perché hanno la stessa geologia dello Champagne [...] E l’ultimo sono le scelte dei produttori inglesi: non sono sicuro che la cosa giusta da fare sia copiare lo Champagne e competere solo con lo Champagne. Forse sarebbe più interessante trovare una via inglese e uno stile inglese per gli spumanti, piuttosto che dire che si usano le stesse varietà dello Champagne”.

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