La Doc Bardolino, pezzo dopo pezzo, va componendo il puzzle ideato dieci anni fa, che disegna una denominazione al tempo stesso più adeguata al mercato e capace di esaltare le differenti espressioni della Corvina nelle diverse situazioni pedoclimatiche e di coltivazione della Doc.
Un percorso verso i “Cru”, dunque, che si fa sempre più strada tra le denominazioni del vino italiano, già da anni in fase avanzata in un territorio come le Langhe, tra Barolo e Barbaresco, per esempio, o portato avanti, più di recente, dal Soave, per restare nel territorio veronese, e su cui inizia a muoversi concretamente anche il Chianti Classico, come riportato nei giorni scorsi da WineNews, per fare degli esempi.
Una quadratura del cerchio insomma, per il territorio del Bardolino, che porterà ad un assetto finale dai numeri decisamente diversi da quelli attuali con il Chiaretto - dopo la “rivoluzione rosé” degli scorsi anni, che ne ha fatto il rosato più prodotto in Italia - prodotto nelle zone più fresche, il Bardolino nelle zone migliori e il Bardolino Cru prodotto seguendo regole più restrittive nei vigneti eccellenti delle tre sottozone in cui si articolerà la Doc: La Rocca, Montebaldo e Sommacampagna. Quest’ultimo è l’atto finale del progetto “Bardolino Village”, e secondo obiettivo del piano strategico firmato da Angelo Peretti e varato nel 2008.
Vini e sottozone sono stati presentati ufficialmente dal Consorzio Tutela del Bardolino il 30 settembre al Palazzo della Gran Guardia a Verona dove erano presenti, con più annate per 49 etichette, i quattordici produttori che hanno aderito fin dall’inizio al progetto, confrontando i vini della Doc con alcuni “vini modello” francesi, come i Borgogna e i Beaujolais. Nel segno di questa affinità di suoli e di stile a cui tendere, alla Gran Guardia erano presenti anche nove vigneron dei tre cru dell’Aoc Beaujolais, Morgon, Fleurie e Moulin à Vent. Una ottima occasione, grazie a quattro master class, per verificare la longevità del Bardolino - in degustazione anche Bardolino di Bertani, Bolla e Masi di annate come 1956, 1959, 1961, 1964 e 1968 - e avvicinarlo per un confronto ai vini dei “cugini francesi”.
“Nelle carte dei vini dei grandi hotel della Svizzera, luoghi di soggiorno dell’aristocrazia europea - spiega Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio Tutela del Bardolino - a fine Ottocento c’erano i migliori vini prodotti nella zona di Bardolino, affinati almeno per un anno, accanto migliori cru del Beaujolais, simili per stile ed eleganza. Vogliamo tornare a quei fasti puntando sui Bardolino Cru, rossi che giochino sull’eleganza ottenuti in vigneti specifici delle tre sottozone, peraltro già descritte nel libro datato 1900 da Giovan Battista Perez, confermate dalla zonazione dei primi anni 2000. Il gusto evolve e oggi il mercato è pronto per accogliere vini con questo profilo. Prevediamo che alla fine del percorso si produrranno 15-17 milioni di bottiglie di Chiaretto, 6-7 milioni di Bardolino Doc, contro gli attuali 26, e 3-4 milioni di Bardolino Cru.
Il nuovo disciplinare, che inserisce al vertice della piramide qualitativa il Bardolino Cru, è in attesa di approvazione e prevede che la sottozona venga riportato in etichetta prima del nome della Doc e con un corpo superiore. Nel frattempo potremo distinguere questi vini dai bollini apposti sulle bottiglie - circa 100.000 - con il nome della sottozona e il marchio stilizzato del Consorzio, che rappresenta patrono di Verona, San Zeno, autore di un Sermone nel quale descriveva in maniera simbolica il lavoro del vignaiolo”.
“Nel 2008 il Bardolino stava attraversando un periodo drammatico - ricorda Peretti, oggi come allora direttore del Consorzio, con una”‘vacanza” intermedia dovuta proprio alle incertezze circa la determinazione a proseguire lungo la strada tracciata - il prezzo del Bardolino all’ingrosso era di 42 centesimi al litro e la denominazione sembrava finita. Il Bardolino Chiaretto spuntava prezzi più favorevoli e un’indagine di posizionamento di mercato individuava uno spazio di crescita per i consumi di rosati. Allora siamo partiti con la “rivoluzione rosé”, audacemente visto che i rosati allora non li voleva nessuno. La produzione di quello che oggi chiamiamo Chiaretto di Bardolino (il nome secondo il nuovo disciplinare che lo renderà autonomo dai rossi) è così salita da 4 a 12 milioni di bottiglie, per poi scendere a 9 con la riduzione delle rese a 120 q per ettaro, e risalire ancora ai 10 milioni venduti quest’anno. Nel frattempo abbiamo lavorato anche sul rosso con un gruppo di produttori con l’obiettivo di produrre Bardolino Cru eleganti con un buon potenziale di invecchiamento e territoriali, capaci cioè di differenziarsi nelle tre sottozone per caratteristiche organolettiche”.
È stato fissato un protocollo che riduce le rese a 100 quintali per ettaro, aumenta le percentuali di Corvina fino al 95% con un 5% obbligatorio di Rondinella, stabilisce in sette anni l’età minima dei vigneti, impone l’uso di sole uve fresche bandendo l’appassimento e fissa l’uscita del vino dopo almeno un anno di affinamento.
L’obiettivo è ottenere vini rosso rubino chiaro, con note olfattive di fiori, piccoli frutti freschi, erbe aromatiche e spezie, senza sentori di legno e men che meno note fruttate da appassimento. Vini secchi, sapidi e persistenti con tannino e acidità integrati e di gradazione alcolica moderata.
“Sono stati gli stessi vignaioli aderenti al progetto - continua Peretti - a verificare la rispondenza dei vini al profilo organolettico tracciato, cercando di individuare al contempo le caratteristiche distintive delle tre sottozone. E il lavoro non è terminato perché la gestione delle sottozone sarà in capo a questo stesso comitato”.
In futuro, con una conduzione dei vigneti sempre più fine e “dedicata” ai Bardolino Cru, i marcatori delle tre sottozone emergeranno in modo ancora più definito. Nella sottozona Montebaldo prevalgono al naso le note di chiodo di garofano e in bocca di fragola. Cannella e lampone segnano La Rocca, mentre nella sottozona più a sud, Sommacampagna, si avvertono il pepe e la ciliegia.
Le adesioni al progetto superano le attese e nel gruppo dei produttori outsider si respirano entusiasmo e soddisfazione.
“Ho sempre voluto dimostrare che la Corvina prodotta e lavorata in un certo modo può dare vini eleganti, di classe - sottolinea Giovanna Tantini dell’azienda omonima - volevo fare un grande Bardolino e ho cominciato a lavorarci nel 2002 in una fase in cui c’erano produttori in fuga dalla Doc. Ho incontrando non poche difficoltà e molte porte mi sono state sbattute in faccia. Allora ho cercato fuori dal contesto veronese agronomi ed enologi che lavorassero con me a questo progetto. C’è voluto molto lavoro sulle viti per portarle all’equilibrio, ma grande lavoro in vigneto e la selezione senza compromessi sono alla base della qualità del vino. Produco un solo Bardolino che esce da sempre a due anni dalla vendemmia”.
Un altro pioniere della qualità e dei lunghi affinamenti è Silvio Piona, della storica azienda Albino Piona, in particolare con la sua Selezione Personale-SP “che sta anche per “sperimentale”, per “senza paura” e pure per “Silvio Piona”- racconta scherzando. “La Corvina è un grande vitigno e le sue uve danno vini di livello se i vigneti hanno una certa età, sono in equilibrio e ben condotti. Questa mia selezione - spiega Piona - che va in bottiglia qualche anno dopo la vendemmia, prima o dopo a seconda dell’annata, dimostra bene la longevità dei Bardolino”.
E l’eccellenza che può raggiungere. “I Bardolino Cru, in realtà - spiega Matilde Poggi de Le Fraghe - sono vini che esistono da sempre. Non abbiamo innovato nulla, ma il solo fatto di individuarli li valorizza e con essi migliora tutta la denominazione. Il lavoro della commissione tecnica è stato serio: abbiamo continuato a confrontarci e ad assaggiare e, quasi senza che ce ne accorgessimo, negli anni i vini sono migliorati, anche grazie a una maggior percentuale di Corvina, in cui ho creduto fin da quando nel 1984 ho preso in mano l’azienda”.
“Abbiamo aderito al progetto con convinzione fin da quando è stato avviato parecchi anni fa dalla presidenza precedente - sottolinea Agostino Guerrieri Rizzardi, che è anche vicepresidente del Consorzio - Il progetto Bardolino Cru ha un ottimo potenziale basato sulla ridefinizione dell’identità del Bardolino di punta. Abbiamo sempre creduto nei vini secchi, ma era difficile che incontrassero il favore dei mercati internazionali. Il nostro vino più importante non affinato in legno (ndr: oggi Bardolino Classico) sarà un Bardolino Cru e abbiamo smesso di rivendicare la Docg per il Superiore che esce come Rosso Veronese Igp”.
Nel disciplinare del “nuovo” Bardolino rimarrà la menzione “Classico”, legata alla posizione geografica dei vigneti, perché la sua cancellazione ha incontrato l’opposizione di alcuni produttori. Come pure rimane la Docg Bardolino Superiore che ad oggi rappresenta circa l’1% della produzione con 150.000 bottiglie in totale.
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