Il mondo del vino ha molto sviluppato ultimamente le attività di accoglienza, vendita diretta e, anche se in minor misura, l’e-commerce. Si tratta di una crescita a due cifre e non più soltanto di una nicchia di business che a fronte di piccoli volumi consente margini elevati. Un ambito interessante quindi che potrebbe trovare slancio grazie al recente Decreto Ministeriale sull’enoturismo (n.2779 del 12/03/2019 “Linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica”) firmato dal Ministro Centinaio. Tuttavia, per le aziende vitivinicole non è facile districarsi tra le normative, gli obblighi fiscali e doganali: un vero labirinto in cui è difficile trovare la via di uscita. Siamo in una fase di passaggio in cui le aziende annaspano e, gioco forza, le irregolarità sono all’ordine del giorno. Una matassa ingarbugliata che Management DiVino (brand di Studio Impresa per la consulenza alle imprese del mondo vitivinicolo) e i Dipartimenti di Economia Aziendale e Scienze Giuridiche dell’Università di Verona, con il contributo dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli hanno dipanato, ieri a Verona, nel corso del Seminario “La vendita diretta, l’e-commerce e le accise nell’era dell’enoturismo”.
“Quando è arrivato il Decreto sulle enoturismo all’inizio del 2019 - ha raccontato Luca Castagnetti di Studio Impresa che con Management Divino sviluppa nel settore vitivinicolo competenze manageriali trasversali, dalla strategia commerciale e di sviluppo alle implicazioni giuridiche e fiscali, ai sistemi di controllo di gestione e di pianificazione finanziaria - abbiamo cercato di fare sintesi tra ciò che le aziende vogliono sviluppare e il contesto normativo e fiscale in cui si lavora. Sono mondi che difficilmente si incrociano”.
“In campo fiscale, normativo e doganale il mondo del vino ha cercato di surfare sull’onda delle novità senza particolare cognizione di causa - ha confermato Davide Gaeta del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Verona - per sciogliere i nodi legati alle problematiche emerse e per portare interpretazioni e soluzioni ai problemi abbiamo avuto l’idea di creare un gruppo di lavoro. I margini delle aziende si riducono e il nostro sistema di distribuzione ha costi elevati e crescenti. Inoltre c’è il problema della logistica, sia fisica sia burocratica. In un quadro in cui le dinamiche dei mercati, nazionale e internazionali, cambiano con grande velocità, in cui i consumatori sono diventati “esploratori”, virtuali sui social e reali nelle cantine, l’enoturismo e le vendite ad esso connesse sono una grande opportunità. Il decreto sull’enoturismo, che contiene tanto altro, potrebbe essere una soluzione, tuttavia, è debole. Concepito affrettatamente, risente della spettacolarizzazione della politica, e avrebbe bisogno di decreti attuativi”.
“Sostanzialmente - ha continuato Castagnetti - si parla tanto di enoturismo perché è un settore in crescita in tutte le cantine, e quindi ha un segno positivo nei budget e nelle previsioni di tutte le aziende vitivinicole, uno dei pochi ultimamente soprattutto sul mercato interno e, inoltre perché c’è stato questo provvedimento legislativo che l’ha messo a tema. Quindi c’è da un lato un bisogno strategico e dall’altro uno legato alla nuova normativa. Questo ci ha portato a focalizzare attenzione sull’operatività che le cantine potrebbero avere per sfruttare al meglio questa grande opportunità. E più ci siamo addentrati nel tema, più ci siamo resi conto di come sia molto ingarbugliato perché di fatto la normativa sull’enoturismo si incrocia in modo disorganico con le leggi sull’agriturismo, le strade del vino e gli altri provvedimenti legislativi che già permettevano alle cantine di aprire le loro porte ai turisti e agli appassionati, mentre la presenza crescente di consumatori nelle cantine aumenta interesse per la vendita diretta”.
“Il Decreto è scritto confusamente - ha rincarato Luigi Scappini di Studio Impresa all’inizio del suo completo e complesso excursus sulla nuova normativa sull’enoturismo - e presenta elementi non chiari e a volte contraddittori rispetto alla normativa esistente. Peraltro, prima di questo, in Parlamento c’erano ben due disegni di legge, diversi ed entrambi ben articolati. Per esempio il decreto fissa requisiti e standard di servizio difficili da applicare nelle piccole aziende vitivinicole, denunciando una scarsa conoscenza della realtà del settore. Inoltre nei punti vendita diretti delle aziende agricole, iscritte nel registro delle imprese, è possibile vendere anche prodotti di terzi, con merceologie diverse provenienti da altre imprese agricole. Un’opportunità che creerà relazioni commerciali tra imprese diverse dello stesso territorio”.
Non solo la vendita diretta in azienda è destinata a crescere ma anche tutte le altre forme, dalle spedizioni all’estero all’e-commerce, perché chi va in cantina vuole riacquistare o non sempre può portare con se i prodotti in viaggio. Gli adempimenti burocratici richiesti per spedire un cartone di vino o per un container sono gli stessi, quindi se tecnicamente è possibile per l’azienda fare da sé, nella pratica è difficile. Ma una buona notizia c’è in materia di Iva.
“Le cessioni di beni destinati ad altro Paese dell’Unione realizzate tramite l’e-commerce (il cosidetto “commercio elettronico indiretto”) - ha spiegato Maurizio Messina del Dipartimento Scienze Giuridiche dell’Università di Verona - subiranno una notevole semplificazione dal 1 gennaio 2021, data di entrata in vigore della Direttiva 2017/2455/UE (non ancora recepita dall’Italia): gli operatori potranno assolvere a tutti gli adempimenti sostanziali e formali in materia di Iva (versamento e dichiarazione) da un unico Stato dell’Ue, cioè quello in cui si sono identificati per il regime speciale. Non sarà, quindi, più necessario identificarsi ai fini dell’Iva in ogni Paese di destinazione del vino per provvedere al versamento della relativa imposta”.
Ai fini delle accise ad oggi non è invece previsto alcun cambiamento. In caso di vendite a distanza a privati di altro Stato dell’Ue, l’accisa è dovuta nello Stato membro di destinazione dal venditore, il quale può a tal fine nominare un rappresentante fiscale stabilito nello Stato membro di destinazione e riconosciuto dalle autorità competenti di tale Stato membro.
Purtroppo non in tutti gli Stati è prevista la figura del rappresentante fiscale (info sul sito dell’Ufficio ADM).
Per inciso, operano in regime di deposito fiscale le cantine che hanno prodotto nell’ultimo quinquennio in media più di 1.000 ettolitri e gli impianti che movimentano vino sul territorio comunitario, mentre i “piccoli produttori”, sotto la soglia dei 1.000 ettolitri, sono esentati dall’obbligo della licenza di deposito fiscale e dall’emissione dei documenti amministrativi di accompagnamento per la scorta di prodotti soggetti ad accise.
“Nel caso di vendita in cantina - ha precisato Maria Grazia Ortoleva del Dipartimento Scienze Giuridiche dell’Università di Verona - il cliente dell’Unione Europea che acquista il vino ad uso personale e lo trasporta direttamente, paga l’Iva in Italia; se invece il trasporto è effettuato dal fornitore o per suo conto la cessione non è imponibile in Italia ma nello Stato membro di destinazione. Nel caso di acquirente residente o domiciliato in uno Stato extra UE non è tenuto a pagarla. In questo caso l’operazione può essere detassata se di importo complessivo superiore a circa 155 euro (valore della fattura), se l’acquisto è uso personale del viaggiatore o dei suoi familiari e se la merce esce dal territorio comunitario entro tre mesi dall’acquisto. Esistono due diverse procedure. Il venditore può emettere una fattura senza Iva (se ritiene di poter fare affidamento nell’effettiva esportazione dei beni e nella successiva ricezione della relativa documentazione entro i termini di legge) oppure più prudentemente, per non sopportare il rischio connesso all’eventuale riconfigurazione dell’operazione in imponibile, può addebitare regolarmente l’Iva in fattura al cliente, il quale potrà chiederne il rimborso o direttamente al venditore (previa dimostrazione della uscita della merce dal territorio dell’Unione) o in aeroporto tramite le agenzie di tax refund a fronte di una commissione”.“Il cliente affezionato che ha incontrato la cantina in una esperienza di acquisto positiva e coinvolgente - ha concluso Castagnetti - intende proseguire nella sua relazione acquistando prodotti a distanza e per questo l’e-commerce rappresenta una soluzione ideale. Però le complicazioni legate agli aspetti fiscali e doganali rendono spesso più conveniente per la cantina “cedere il cliente” a piattaforme che di fatto sono un normale rivenditore. La relazione conquistata con la visita in cantina si perde affidandola al rivenditore. Anche quando il cliente straniero si organizzasse in autonomia per venire a ritirare i prodotti acquistati presso le cantine e utilizzasse un vettore professionale non verrebbero meno gli adempimenti legati alla fiscalità e accise. Per trovare soluzioni che siano in grado di rispondere a questi nuovi clienti è necessario aumentare nel management di settore la conoscenza di questi sistemi giuridici complessi. Solo così sarà possibile trovare soluzioni organizzative che siano competitive e in grado di rispondere al cliente. La strada è anche quella di produttori che si coordinino tra loro per servire ciascuno i suoi clienti, ma abbattendo i costi delle transazioni. Insieme, facendo massa critica, si possono selezionare fornitori di logistica che non “rubino” i clienti privati così faticosamente conquistati ma permettano di proseguire con un servizio di qualità a costi sostenibili”.Il tema è caldo. Non a caso al seminario erano presenti referenti di piccole aziende e di grandissimi gruppi, a significare che neppure questi ultimi “masticano” bene la materia e cercano informazioni e soluzioni rispetto a questi temi.
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