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LA RIFLESSIONE

Aumento del “titolo alcolometrico di uve e vini”, da misura di soccorso a prassi. Ma ha senso così?

Secondo alcuni addetti ai lavori, la misura oggi stride con il tendenziale aumento del grado alcolico legato soprattutto al clima, ma non solo
alcol, ARRICCHIMENTO, TITOLO ALCOLOMETRICO, vino, Italia
Aumento del “titolo alcolometrico di uve e vini”, da misura di soccorso a prassi ...

Nata come misura di “emergenza” per quelle annate in cui le condizioni climatiche non consentono di raggiungere naturalmente il grado alcolico minimo dei vini, quella dell’arricchimento, cioè l’aumento del titolo alcolometrico volumico naturale delle uve fresche, del mosto di uve, del mosto di uve parzialmente fermentato, del vino nuovo ancora in fermentazione, attraverso l’utilizzo di mosti concentrati e altri prodotti ammessi per legge, è diventata, nel tempo, come spesso accaduto nel mondo del vino, una sorta di prassi.

Alcune Regioni “pesanti” per la produzione italiana, come la Toscana e l’Abruzzo (la materia è di competenza regionale, ndr), ma anche realtà come Sardegna e Lombardia, per alcune denominazioni, per esempio, l’hanno già deliberata anche per la vendemmia 2019. Ed in altre, probabilmente, secondo i bene informati, presto succederà lo stesso. Niente di illecito, beninteso. Anzi, lo spirito “emergenziale” e di soccorso della misura, in certi casi, può essere più che condivisibile.

Ma viene da chiedersi, secondo alcuni addetti ai lavori, se abbia ancora senso che una misura tale venga richiesta dalle rappresentanze di filiera, e praticamente sempre accordata dalle amministrazioni regionali, al netto della tendenza al “naturale” aumento del grado alcolico dei vini, legato soprattutto, ma non solo, al riscaldamento climatico (mentre il mercato, secondo tanti studi, chiede oggi vini sempre più leggeri, ndr), e alle tante misure che negli ultimi tempi vengono messe in atto per riequilibrare i livelli di produzione in base al mercato (dal blocco degli impianti alla diminuzione delle rese per ettaro, per esempio). Senza contare che, secondo alcuni produttori, si tratta di una misura che oggi, data l’evoluzione del clima e delle tecniche agronomiche e vitivinicole, più che soccorrere chi è davvero in difficoltà, va a beneficio di chi continua a puntare più sulla quantità che sulla qualità.
Un tema di quelli striscianti, ma sensibili, per la filiera del vino italiano, sui cui forse è arrivato il tempo di una riflessione approfondita.

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