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ASSOVINI

Sostenibile, sempre più conosciuta nel mondo e coesa: la Sicilia del vino guarda al futuro

I messaggi dal webinar di “Sicilia en Primeur n. 17”. Da una Regione unità nelle diversità del vino, e che resiste meglio di altri al Coronavirus

La sostenibilità al centro, perchè è nella natura del vino siciliano (che è il vigneto bio più grande d’Italia), per guardare al futuro, forti di un presente che parla di una crescita forte del brand Sicilia - settima denominazione del mondo più conosciuta in un mercato strategico come gli Usa, per esempio - e con essa delle denominazioni territoriali, che sempre più spesso mettono anche “Sicilia in etichetta”. Il tutto mentre anche le cantine siciliane (reduci da una vendemmia 2019 da 4,3 milioni di ettolitri e di gran qualità), fanno i conti con la crisi Covid-19 e con il blocco della ristorazione in Italia e nel mondo, consolandosi, in attesa di ripartenza, di un calo delle vendite tutto sommato contenuto: un -11%, sul -40% generale del vino italiano. È il quadro di sintesi che arriva dal webinar, firmato da Assovini, nei giorni in cui sarebbe dovuta andare in scena “Sicilia en Primeur n. 17”, “tra i nostri colori ed i nostri profumi, i nostri pranzi ed i nostri territori bellissimi, e che, invece, abbiamo subito deciso di trasformare in un incontro on line, vista la situazione, in attesa di potervi ospitare nuovamente quanto prima in Sicilia”, ha detto Alessio Planeta, presidente Assovini.
“In questo momento - ha aggiunto Alessio Planeta - ci sentiamo come dice una poesia di Pirandello, “L’approdo”, ovvero “logorati ma salvi. E ci sentiamo come gli agricoltori quando vedono il raccolto distrutto da una gelata, da una grandinata o da un incendio, con la consapevolezza che non si può che ripartire da zero, guardando solo al futuro”. Un futuro che, come ricordato da Planeta, passa dalla “sostenibilità, per la quale nascerà anche una Fondazione, insieme al Consorzio della Doc Sicilia. Abbiamo il vigneto bio più grande d’Italia, un clima vocato alla sostenibilità della produzione come nessun altro territorio, e dobbiamo raccontarlo ancora di più, come facciamo con Assovini, un piccolo miracolo, che oggi mette insieme più di 90 produttori, e 9 bottiglie su 10 del vino prodotti in Sicilia. Dobbiamo mettere il “campanile della sostenibilità al centro del villaggio”, perchè è una caratteristica che abbiamo naturalmente, e sarà sempre di più anche un vantaggio competitivo sui mercati”. E competitività sui mercati è data anche dall’unione del brand Sicilia, sempre più unito alle singole denominazioni regionali, espressioni di diversità ed unicità (la Sicilia, pur essendo un isola, la seconda Regione italiana per la “viticoltura di montagna”, come ricordato dal presidente della Doc Sicilia Antonio Rallo).
“La nostra denominazione oggi rivendica 25.000 ettari sui 9.300 del 2013, mette insieme 460 cantine, 8.354 viticoltori, e ha come missione quella di raccontare la Sicilia nel mondo. I dati ci confortano: secondo i dati di Wine Intelligence, per esempio, tra i territori più conosciuti in Usa siamo al n. 7 tra i territori del mondo, tra le realtà italiane solo la Toscana c’è davanti. In Germania, dove abbiamo investito molto meno, siamo 11esimi negli acquisti. Ancora, abbiamo monitorato i primi 4 mesi 2020, e tutto sommato sembra che la Sicilia stia soffrendo meno dell’Italia nel complesso: ad oggi le nostre cantine lamentano perdite dell’11% nel complesso sullo stesso periodo 2019, contro una media italiana del -35/-40%”.
“Dati che non tolgono preoccupazione, ma danno fiducia sull’avvenire, e che arrivano da una progettualità della Sicilia del vino che è attivissima anche in tempi di Covid”, puntualizza Alberto Tasca di Tasca d’Almerita.
“Ma ancora - aggiunge Antonio Rallo - ci sono due dati importanti: la crescita dell’imbottigliato Doc Sicilia, a +19% nel 2019, a 95 milioni di bottiglie, e soprattutto cresce il numero delle bottiglie delle denominazioni territoriali (la Docg Cerasuolo di Vittoria e le Doc Contea di Sclafani, Contessa Entellina, Eloro, Menfi, Noto e Vittoria) che mettono anche Sicilia sulle loro etichette, +11% sul 2018. Un dato che ci conforta, come ci conforta il fatto che, dall’analisi sul web, emerge gran parte del consumatore di vino siciliano è più giovane rispetto alla media, ed è un bel segnale per il futuro”.
Nondimeno, anche il vino siciliano, che da anni ha puntato sulla qualità - “tanto che 20 anni fa producevamo 12 milioni di ettolitri all’anno, oggi siamo sui 4,5 milioni di ettolitri all’anno, con la resa per ettaro più bassa d’Italia, intorno ai 50 ettolitri ad ettaro”, ha ricordato Francesco Ferreri, produttore e presidente Coldiretti Sicilia - vede tante cantine in grande sofferenza per il blocco dell’horeca, che, per alcune, vale il 90% del fatturato. E che sperano nella ripartenza del turismo, “che può ripartire dalle cantine e dai loro wine shop”, come ha ricordato Josè Rallo (Donnafugata), “ma che deve girare a 360 gradi, anche per hotel e ristoranti”, ha detto, dall’Etna, Mariangela Cambria, alla guida di Cottanera.
“Il nostro lavoro senza il nostro lavoro non ha senso”, ha detto Alessio Planeta rivolto a Pino Cuttaia, ristoratore due stelle Michelin con “La Madia” di Licata e presidente de “Le Soste di Ulisse”. “La ristorazione è in grande difficoltà, è evidente, e ancora non sappiamo bene ancora come ripartire. Ma il vino, che ha saputo ripartire dallo scandalo del metanolo - ha detto Cuttaia - ci può insegnare a risollevarci, ed a riprendere il nostro ruolo di chef, che è quello di ambasciatori del territori e di una grande filiera che spesso non ha volto”. E di volti, la filiera del vino di Sicilia ne ha tanti: quelle dei tanti vitigni antichi, delle varietà autoctone ed internazionali, dei tanti territorio dell’Isola che hanno imparato a raccontarsi al mondo (dove ormai finisce una bottiglia su due di vino siciliano) con una sola voce. Quella di un’Isola antica al centro del Mediterraneo, “che sul lavoro sulla qualità iniziato dalla generazione precedente alla nostra deve continuare il suo cammino verso il futuro”, ha concluso Alessio Planeta.

Focus - La vendemmia 2019 in Sicilia secondo Mattia Filippi (Uva Sapiens)
La produzione nel 2019 in Sicilia si attesta all’incirca su 4,3 milioni di ettolitri, nella media degli ultimi 5 anni. Insieme alle vendemmie 2014 e 2011, l’ultima vendemmia è la terza più scarsa in termini di quantità di raccolto negli ultimi 10 anni. Una delle parole chiave che guida lo spirito e le strategie dei produttori siciliani è la sostenibilità e questo è dimostrato anche dal numero crescente di cantine che aderiscono a protocolli volontari o a certificazioni legate alla sostenibilità, da Sostain alle altre certificazioni italiane ed europee.
Intimamente legato al concetto di sostenibilità è il concetto di biologico. La Sicilia rappresenta ad oggi il 34% della superficie biologica italiana, seguita dalla Puglia che si attesta al 16-17%. In generale, in Italia si coltivano oltre 80.000 ettari di vigneti biologici, che sono destinati ad aumentare.
I fattori che permettono alla Sicilia un approccio così fortemente indirizzato alla sostenibilità e al biologico sono molteplici. Innanzitutto il clima mediterraneo che, tra l’altro, non risente particolarmente dell’innalzamento delle temperature medie dovute al climate change. Dalle analisi dei dati, infatti, si nota come a fine giugno le temperature in Sicilia erano molto simili alle temperature caratteristiche delle zone montuose, più basse rispetto alla media europea. Non solo, la Sicilia nel 2019 non ha subito innalzamenti di temperatura rispetto alla media degli ultimi 30 anni.
Da un punto di vista del trend delle temperature nel periodo che interessa la coltivazione della vite, quindi da marzo a ottobre, sono state rilevate temperature nettamente sotto la media degli ultimi 15 anni e una piovosità mediamente elevata rispetto agli ultimi anni, ma meno elevata rispetto al 2018. Questo ha comportato ovviamente un forte ritardo nel germogliamento e soprattutto una fioritura con un’allegagione scarsa generando come conseguenza delle produzioni medie molto basse.
Analizzando le diverse aree siciliane con riferimento all’annata 2019, è possibile passare in rassegna brevemente anche le diverse varietà autoctone che, adattate intelligentemente nei vari territori, sono state in grado di sfruttare al meglio quello che l’annata ha potuto loro donare.
Iniziando dalla Sicilia occidentale rappresentata dalle province di Trapani, Palermo e Agrigento, si può notare come il 2019 sia stata un’annata caratterizzata da un bilancio vegeto-produttivo notevole, anche legato al fatto che non ci sono stati interventi da parte di venti africani molto caldi come lo scirocco, ma al contrario la presenza di temperature fresche che hanno permesso di ritardare la vendemmia. Questo aspetto è stato molto importante e ha avuto delle influenze positive sulle varietà coltivate in quella in quell’areale. Infatti il Catarratto (o Lucido) ha potuto portare a vini di grande acidità e basso ph permettendo di esaltare gli aromi varietali e di creare vini che possono essere molto longevi.
Con medie per ettaro quest’anno molto contenute, il Grillo ha goduto dello stesso equilibrio vegeto-produttivo di cui ha goduto il Cataratto. Questo ha permesso di avere dei livelli di acido malico sopra la media, di favorire durante la fase fermentativa lo sviluppo di molti aromi tiolici e con profilo tropicale con il risultato che si traduce in vini non alcolici ma molto ricchi.
Parimenti l’Insolia ha beneficiato dello stesso equilibrio vegeto-produttivo, generando buone espressioni aromatiche e un’acidità sorprendentemente più alta rispetto alla media.
Il Nero D’Avola, che ha una produzione per ettaro molto bassa (intorno a 7 tonnellate per ettaro in media), ha potuto maturare molto bene da un punto di vista polifenolico, caratteristiche che ha portato a una ricchezza di corpo molto importante.
Passando alla Sicilia sud-orientale, toccando quindi le province di Ragusa, Siracusa e una parte dell’area di Caltanissetta, si può notare che le piogge autunnali hanno dilazionato il periodo vendemmiale, soprattutto per le varietà del Nero d’Avola e del Frappato.
Nello specifico, il Nero D’Avola ha goduto proprio delle basse produzioni per ettaro ed è riuscito a mantenere molta freschezza e molta acidità. E’ pertanto verosimile che queste caratteristiche porteranno a vini con un’eccellente acidità e probabilmente anche a una buona capacità di durata nel tempo.
La stessa cosa è avvenuta per il Frappato che è maturato molto lentamente, mantenendo le caratteristiche varietali, sia per delle vinificazione tradizionali sia per delle visioni un po’ più moderne.Passando, invece, alla Sicilia del Nord Est, quindi alle Doc Mamertino, Faro ed Etna, l’annata che si è avuta è stata veramente bilanciata con punte di eccezionalità, soprattutto in riferimento alle varietà a bacca bianca.
La ragione risiede nel fatto che le classiche precipitazioni autunnali sono arrivate con un mese di ritardo rispetto, ad esempio, all’anno precedente.
Tale situazione ha permesso una raccolta molto ampia e dilatata nel tempo, offrendo la possibilità ai viticoltori di raccogliere le uve proprio nel momento giusto.
Il risultato porterà a vini eccellenti sia dal punto di vista aromatico che da un punto di vista di maturazione fenolica.
Nello specifico nella zona etnea, il Carricante ha avuto delle evoluzioni aromatiche molto bilanciate con un profilo molto acido e verticale. E come per il Catarratto, è probabile sia un’ottima annata dal punto di vista della longevità. Per il Nerello mascalese, le condizioni sono state veramente perfette durante la vendemmia che ha permesso alle aziende di sfruttare al massimo la maturazione polifenolica tipica della varietà.

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