L’agroalimentare, settore strategico del Made in Italy che vale 538 miliardi di euro, dai campi agli scaffali, fino alla ristorazione e all’horeca, pari al 25% del Pil, dopo i duri mesi del lockdown che, con la chiusura dei canali horeca, e le esportazioni crollate, ma con le vendite nel canale della grande distribuzione in crescita, cerca di riemergere dalla crisi, dapprima sanitaria e poi economica, causata dal Coronavirus. E lo fa con le proprie forze, forte del terreno di mercato conquistato negli anni, ma anche con gli aiuti del Governo e dell’Unione Europea, che non sono mancati. “Solo nel Decreto Rilancio - spiega la Ministra delle Politiche Agricole Teresa Bellanova, oggi nel “Food & Made In Italy Summit”, firmato da “Il Sole 24 Ore” - ci sono più di 1 miliardo di euro destinati solo al settore. Per il vino, ci troviamo di fronte ad un settore simbolo dell’eccellenza della biodiversità italiana, che più degli altri sta pagando cara questa crisi. Abbiamo messo, per il comparto enoico, in campo due misure: una da 50 milioni di euro per destinare una parte della produzione che sta nelle cantine alla distillazione, e 100 milioni di euro destinati esclusivamente alla vendemmia verde, cioè alla riduzione della produzione per quest’anno, in modo da dare sostegno alle imprese e non intasare il mercato, col rischio di abbassare la qualità e anche la redditività”.
Misure concrete, che però per molti attori del settore del vino italiano non sono sembrati abbastanza: “se da un lato - afferma Ettore Nicoletto, vicepresidente di Federvini - si è cercato di sostenere la filiera, c’è stato però pochissimo a sostegno alla ristorazione e all’hotellerie che, ci tengo a sottolinearlo, nel 2019 hanno raggiunto insieme un valore di 10 miliardi di euro. Ci sono state alcune iniziative regionali, qualcuna anche molto valida, ma non dal governo centrale. E poi - prosegue Nicoletto - non dobbiamo dimenticarci che non c’è solo il Coronavirus a minacciare il settore vino: abbiamo ancora il problema dazi negli States, spettro che è ancora una grossa incognita, anche per l’Italia, che è tornata ad essere a rischio”.
Il vino italiano, innegabilmente in profonda crisi per la chiusura del canale horeca e la riapertura a singhiozzi che sta caratterizzando ristorazione e hotellerie, però ha saputo anche rispondere alla crisi, o per lo meno difendersi bene, come racconta SimonPietro Felice, Direttore Generale di Caviro, realtà di spicco nel panorama della cooperazione enoica italiana. “Mai come nell’emergenza Covid il Gruppo Caviro e il sistema Cooperativo a cui fa capo - racconta Felice - hanno dato prova di vigore e solidità, confermando la validità e modernità del nostro modello di filiera a 360 gradi. I clienti hanno apprezzato la continuità delle forniture e la capacità di adattamento alle loro richieste. I produttori hanno toccato con mano la resilienza dei loro consorzi cooperativi e la garanzia di reddito assicurato. Questo grazie anche ai principi di economia circolare e sostenibilità che il Gruppo Caviro ha messo in atto negli ultimi 50 anni: da noi nulla va sprecato, dagli scarti della lavorazione dell’uva vengono prodotti per esempio alcool denaturato, polifenoli, acido tartarico, energie rinnovabili quali bioetanolo, biometano, prodotti nobili in grado di produrre a loro volta ulteriore reddito, salvaguardando allo stesso tempo l’ambiente”.
Ad ogni modo, la politica si è mossa, anche a livello europeo, dove la Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo ha messo in atto diverse misure: l’ultima, annunciata ieri, prevede “per il vino, che è uno dei settori più colpiti, un ulteriore allargamento del cofinanziamento europeo portandolo al 70% - ha ricordato l’europarlamentare Paolo De Castro, Coordinatore S&D alla Commissione Agricoltura - così come tante altre iniziative che riguardano il sistema della promozione, della ristrutturazione. Ma - continua De Castro - i problemi rimangono, e il dibattito resta ovviamente aperto”. Ci sarà la necessità quindi di monitorare sempre il comparto vitivinicolo e quello agroalimentare. Per cui, in cantiere, c’è anche il Green Deal europeo, presentato dalla commissione europea il 20 maggio. “Con le due strategie - spiega ancora Paolo De Castro - che ne fanno parte, il Farm to Fork, e il Biodiversity Strategy, due strategie che identificheranno una serie di azioni, come la riduzione fino al 50% dei fitofarmaci, al riduzione dei fertilizzanti, tutti temi che hanno bisogno di alternative concrete. E le alternative devono essere innovazioni, biotecnologie sostenibili, incentivi agli agricoltori per la lotta al cambiamento climatico ma ci vorrà tempo: la logica con cui noi vogliamo agire è quella dell’incentivare a fare, non penalizzare chi non fa”.
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