Mettersi alle spalle le difficoltà del 2020 per tornare a guardare con fiducia al futuro, con la consapevolezza della forza del made in Italy, e delle opportunità che la pandemia, come ogni crisi, è comunque destinata ad aprire, anche per il mondo del vino, sul mercato interno e su quelli esteri. A patto di risolvere i due grandi elementi di debolezza dell’Italia enoica: la dimensione della maggior parte delle aziende, troppo piccole per sostenere le sfide del presente, e la necessità di dotare il Paese di infrastrutture all’altezza, un problema che va ben al di là del settore vino. Puntando forte, come è ovvio che sia, su un piano di comunicazione, promozione e marketing unitario e solido, che porti il vino italiano dove ancora non c’è, e ne rafforzi la presenza, su ogni canale, dove invece è già protagonista da tempo. È un messaggio tutto sommato positivo, di fiducia e lucida speranza, quello che arriva dal summit internazionale “Futuro del vino - Scenari attuali e possibili sfide del prossimo decennio”, che ha aperto Wine2Wine Digital, al via da oggi (al 24 novembre), con gli interventi del dg Veronafiere Giovanni Mantovani, il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini, la Ministra delle Politiche Agricole Teresa Bellanova, gli imprenditori del vino Josè Rallo (Donnafugata), Dominga Cotarella (Falesco), Marco Nannetti (Cevico), Lamberto Frescobaldi (Frescobaldi), Riccardo Pasqua (Pasqua) ed Ettore Nicoletto (Bertani Domains), le voci dai mercati, Jon Moramarco (Usa), Nick Bielak (Inghilterra), Michelle Liù (Cina), Thierry Cohen (Giappone), e ancora Heini Zackariessen, fondatore di Vivino, il presidente Ice Carlo Ferro ed il presidente Ismea Raffaele Borriello.
“Il dato dell’export va letto come un bicchiere mezzo pieno, va reso merito alle nostre aziende e alla loro capacità di reagire e di mantenere i rapporti con i mercati anche in un momento come questo”, dice Giovanni Mantovani, commentando i dati presentati dalla ricerca firmata da Nomisma-Wine Monitor “Il futuro del vino: visioni differenti, unica prospettiva”, da cui emerge una tendenza decisamente negativa, come è inevitabile, sia dei fatturati interni che di quelli all’estero, con la Gdo e l’e-commerce, come ampiamente anticipato nei mesi scorsi, in grossa crescita. Le previsioni, in termini di fatturato, “fanno ipotizzare per la fine del 2020 una perdita del 10-15%, imputabile più alle difficoltà in Italia che all’export, che chiuderanno comunque in entrambi i casi in territorio negativo”, come anticipa Denis Pantini, curatore della ricerca, a WineNews.
“Il vino - riprende Mantovani - è un settore che ha dimostrato spesso di saper uscire dalle difficoltà e sapersi muovere in prospettiva. Se giochiamo insieme e usiamo bene gli strumenti che abbiamo, ce la faremo. Le aziende più piccole, che sono anche quelle con più preoccupazioni e timori, hanno bisogno di contare su una promozione forte, e come Veronafiere stiamo mettendo in campo un calendario di eventi, a partire da Wine to Asia, a supporto di tutta la filiera. Arriveremo a Vinitaly 2021 con tante novità per aiutare le aziende”.
Il ruolo del sistema fieristico, però, dovrà fare i conti per primo con il cambiamento del contesto. “Il mercato aspetta un’accelerazione, guidata proprio dagli strumenti tecnologici. Bill Gates dice che si viaggerà il 50% in meno e si lavorerà per il 30% in più da casa. E allora, sarà decisivo nei diversi mercati scegliere gli hub giusti per crescere. I grandi eventi saranno ancora più importanti che in passato. Ci si muoverà per andare ad essi in funzione della loro capacità di essere attrattivi. Se ci si muoverà meno, si farà per appuntamenti importanti”. Altro tema emerso dalla ricerca presentata da Denis Pantini, la rilevanza della brand awarness sui mercati. “La conferma sull’importanza del brand - riprende il dg di Veronafiere - conferma quanto pesi la riconoscibilità: dobbiamo dare, specie in Cina, un motivo al consumatore per approcciare e bere il nostro vino. Anche attraverso i wine club, che sorgono ovunque, intorno a un gruppo di wine lover o con il contributo selle aziende”.
Una conferma importante di un trend di lungo corso arriva poi dalla rilevanza, fondamentale in ogni mercato, di “sostenibilità e svolta bio, una scelta che molte aziende hanno già fatto da anni, ma da comunicare ancora meglio. È importante in Usa come in Germania, ma anche in Cina e Giappone. Dobbiamo imparare che tutto questo valore, che diamo per scontato, fatto di storie straordinarie, non è poi così scontato all’estero, va saputo raccontare con semplicità. Io non sono così pessimista - conclude Mantovani - cambieranno i canali del consumo, ma durante la pandemia, se guardiamo all’esempio degli Stati Uniti, i numeri hanno tenuto. Ci sarà però una ripresa della socialità attorno al vino, ne sono convinto. Quando si reagisce, si riesce spesso a fare un salto in avanti, ma rivolgendomi alla politica chiedo di considerare anche le fiere per la rilevanza che hanno: sono un pezzo della ripartenza, devono esserlo anche in ottica Recovery Fund, o perderemo un attore fondamentale dell’economia e dell’internazionalizzazione”.
A fare un bilancio di questo lungo periodo di difficoltà, sono alcuni dei produttori più iconici del Belpaese, a cominciare da José Rallo, alla guida della griffe siciliana Donnafugata e da qualche settimana nel board dell’Ice - Istituto per il Commercio Estero, presieduto da Carlo Ferro, intervenuto anche lui per ribadire il ruolo di Ice nel piano di internazionalizzazione e comunicazione del vino all’estero, che parte da un piano di comunicazione sul nation brand e da un progetto sull’e-commerce che ha già portato alla firma su 25 accordi in 15 diversi Paesi target. “In momenti di crisi come questo - dice José Rallo - bisogna dare spazio alla creatività ed alle soluzioni nuove. Il mondo cambia e cambierà, ma noi abbiamo cercato di proteggere il canale Horeca supportando la nostra rete vendita, perché tornerà protagonista, ne siamo certi. E poi abbiamo puntato su altri canali, sostenendo enoteche e ristoranti che fanno delivery, e lanciando il nostro e-shop. Molto abbiamo fatto sui social, non solo a livello commerciale, ma anche lavorando su innovazione e cultura del vino: il vino si può assaggiare online, e i numeri delle nostre degustazioni online lo dimostrano. Dobbiamo ripartire dai mercati principali: la Germania ci ha dato grande soddisfazione, merito della forza del brand. Ma vogliamo anche il rilancio in Usa, dove la Sicilia ha fatto squadra in maniera importante, investendo milioni di euro in promozione e comunicazione, conquistando i giovani più curiosi e gli amanti dei vini premium”.
Una lettura ottimista della crisi, condivisa, partendo da presupposti diversi, da Dominga Cotarella, responsabile commerciale e marketing dell’azienda di famiglia, Falesco. “La crisi è inedita, perché mette al centro il consumatore. Viene a mancare il sistema che premia le scelte individuali, e noi come aziende dobbiamo chiederci: come possiamo andare a stimolare un consumatore in crisi? Non solo dal punto di vista economico, ma anche di fiducia e felicità. Ma dobbiamo anche chiedere maggiore qualità delle informazioni: il decreto a sostegno della ristorazione, ad esempio, va raccontato anche da noi. L’esperienza del primo lockdown ci dimostra che al di là dei numeri, che prospettavano un calo del 20-25% - molto superiore alla realtà - le persone sono portate a fare ciò che amano, dimenticando il dolore, come accaduto, con qualche eccesso in estate. Questo deve essere un punto di partenza anche per noi, ma anche una certezza. E poi ci vuole pazienza, che non manca a chi fa il nostro mestiere, perché quando piantiamo una vigna siamo consci di dover aspettare 4-5 anni prima di raccontare il vino”.
Restando tra i filari, Marco Nannetti, presidente della cooperativa romagnola Terre Cevico, sottolinea come il settore “non si è mai fermato, seguendo i ritmi della vigna, e continuando a rifornire i supermercati e la catena distributiva. Nel dramma dell’Horeca, il consumatore italiano e mondiale non ha rinunciato al vino, attraverso cui ricercare e rivivere il piacere dell’italianità stessa. Certo, spendendo qualcosa in meno. È una consapevolezza che ci dà ottimismo in ottica futura, ma dobbiamo passare da una fase di sussidi ad una di sostegno strutturale agli investimenti, di cui c’è grande bisogno, soprattutto in tecnologia ed innovazione soprattutto”.
Dalla Toscana, Lamberto Frescobaldi, a capo delle storiche cantine toscane, si dice “estremamente ottimista, è stato un anno difficile, ma non fissiamoci solo sul Covid, perché le problematiche erano già tante, dalle sanzioni Usa alla chiusura della Cina ad alcuni mercati, come quello dell’Australia. Ci sono dinamiche che vanno al di là della pandemia, in estate il rimbalzo è stato straordinario, ad aprile non ce lo saremmo mai aspettato. Dobbiamo alzare l’asticella della qualità e del rapporto qualità/prezzo, ma ci sono enormi possibilità, da costruire insieme all’Ice e attraverso una comunicazione nuova. Gli Usa, a livello di consumi, hanno reagito in maniera esemplare. Dobbiamo ricordarci però di tagliare il cuneo fiscale per mettere i soldi in tasca a chi lavora. E poi la semplificazione e gli investimenti strutturali: la pandemia ha dato un messaggio, bisogna strutturarsi, come aziende e come Paese”, sottolinea Lamberto Frescobaldi.
Temi cari ad un altro manager di punta del panorama aziendale italiano, Ettore Nicoletto, amministratore delegato di Bertani Domains. “C’è ottimismo, ci deve essere. L’Italia sta dando una grande prova di resilienza: i consumi flettono leggermente, ma fanno meglio dei nostri competitor. È anche una grande occasione, in termini di comunicazione e branding: sprigioniamo la potenza dell’italian lifestyle, mettiamo in rete tutte le eccellenze, anche al di là dell’agroalimentare, sfruttando non solo la presenza sui mercati, ma anche puntando sull’incoming. Portiamo qui i protagonisti dei mercati. Un tema importante non è solo la comunicazione e la promozione, ma anche la necessità di intervenire sulle debolezze del sistema, come la dimensione media delle azienda. Promuoviamo una maggiore concentrazione, e appoggiamo e accompagniamo il passaggio generazionale alla guida delle aziende”.
Anche Riccardo Pasqua, amministratore delegato dell’omonima griffe dell’Amarone, è convinto che si debba ripartire dalla “consapevolezza della forza che il made in Italy ha nel mondo. In Usa abbiamo sofferto molto meno dei nostri competitor, ma dobbiamo riprendere il percorso di premiumizzazione iniziato negli ultimi anni. Ci vuole un piano marketing verticale e ben strutturato, dall’online all’on premise, di cui si dovranno occupare i talenti che abbiamo nelle nostre aziende. A livello produttivo, continuiamo sulla strada del controllo delle rese e della sostenibilità. Come sistema Italia, gli Usa sono ancora il primo mercato, ma in generale consumi non sono calati, si sono spostati”.
A ricordare l’impegno del Governo a sostegno della filiera del vino, la Ministra delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova. “Se abbiamo individuato “ripresa e resilienza” come parole chiave di questo momento complesso e difficile, dobbiamo aggiungerne una terza altrettanto fondante: alleanza e leale collaborazione. Nella filiera istituzionale, nel rapporto con il settore, in quello con i consumatori che hanno diritto a informazioni trasparenti e corrette. Su questo proprio il mondo del vino può dare lezioni importanti. Con la chiusura dell’Horeca e la ridotta diversificazione dei mercati e dei canali di vendita, sono soprattutto le imprese vinicole più piccole a pagare il conto più salato di questo scenario di crisi dominato dall’incertezza. Un conto rilevante anche per le imprese più dimensionate che comunque, potendo contare su strutture commerciali, finanziarie e patrimoniali più robuste, dimostrano una resilienza indubbiamente più elevata. Direi che qui è il tema dei temi, quello più sfidante. Le sfide che i mercati stanno ponendo alle imprese, sfide accresciute dalla pandemia, richiedono analisi e ricerche specifiche - ricorda la Bellanova - e comportano rilevanti investimenti materiali e immateriali. Per affrontare queste sfide e sostenere questi investimenti, il Ministero è disponibile ad accompagnare il settore ed è intenzionato a farlo su più fronti. Serve però un nuovo “Piano di sviluppo” dell’intera filiera vitivinicola italiana, in grado di parlare al futuro e guardare a quello che succederà nei prossimi anni. Per farlo accadere, avremo a disposizione le risorse della Politica agricola comune, che hanno il merito di aver sostenuto il grande salto di qualità degli ultimi 20 anni e continueranno a farlo anche nei prossimi 10.
La PAC però sino ad oggi ha sostenuto gli investimenti dei singoli, mentre a noi è necessaria una visione d’insieme”.
“Per questo - continua la Ministra delle Politiche Agricole - dico che occorre un Progetto organico di sviluppo, in grado di mettere a sistema le buone pratiche, e ne abbiamo tante, e a valore tutto quello che di buono siamo riusciti a fare in questi anni, soprattutto per rafforzare l’ambito internazionale, dove il made in Italy è molto apprezzato, e però non riusciamo ad essere presenti e forti come potremmo. Per definire un Progetto comune dobbiamo mettere insieme le energie e trovare un fattore di condivisione, in grado di far convergere interessi oggi non sempre allineati. Questo fattore comune di miglioramento della competitività lo abbiamo già trovato: è la sostenibilità. Il settore agroalimentare, ce lo siamo detti tante volte, oggi più che mai ha bisogno di investire in innovazione perché ogni singolo segmento e ogni singola azienda, anche la più piccola, si sentano coinvolti in questa sfida complessa e appassionante. Agricoltura di precisione, ricerca, biotecnologie sostenibili, giovani e donne. La più straordinaria leva per l’innovazione su cui può contare il nostro Paese, e che dobbiamo essere capaci di attrarre sempre di più anche in questo straordinario settore. Con un obiettivo strategico - conclude la Bellanova - ossia un’alleanza tra competitività e sostenibilità, ecologia, ricerca, tecnologia”.
Un quadro di impegni che guarda sia al mercato interno che all’estero, da dove, per il vino italiano, arrivano segnali contrastanti. A partire dalla Cina, dove i numeri sono impietosi (tra marzo e agosto crollo delle spedizioni del 38%), ma i segnali di ripartenza tangibili, a partire da “Wine to Asia, un buon viatico per il futuro”, dice Michelle Liù. “Stiamo cercando di capire come si sta muovendo il mercato, ma dopo la crisi del Covid-19, la nostra economia è tornata a crescere. Sicuramente, la crisi ha accelerato cambiamenti che erano già in atto. A partire dall’incremento delle vendite attraverso l’e-commerce, particolarmente evidente tra i più giovani. Sorprende che ci siano gli spirits in cima alle preferenze di tutte le fasce di età. E poi, si diversificano le occasioni di consumo: con i ristoranti chiusi le persone consumano vino a casa propria, insieme agli amici. E-commerce e offline coesisteranno in Cina, ma i confini saranno sempre meno definiti tra un canale e l’altro, con i cocktail bar e i wine bar sempre più popolari. E poi ci sono i social media, ancora più importanti, specie per condividere esperienze di consumo. Cresce anche il potere delle donne, e tra le cose da tenere sotto osservazione c’è il probabile tracollo delle importazioni dall’Australia, sui cui vini graverà una tassa del 200%”.
Molto meno ottimismo arriva dalla Gran Bretagna, dove il Master of Wine Nick Bielak tratteggia una “Londra ancora vetrina importante, città cosmopolita e vivace. Ma il quadro è triste, la città è ferma, fa fatica a riprendersi, l’Horeca è praticamente fermo, e per i produttori di vino italiani significa che la macchina si è un po’ fermata in Inghilterra. Non abbiamo dati aggiornati, ma c’è stato un cambiamento importante nelle modalità di consumo. Si beve a casa, ed il consumatore sceglie in base a ciò che conosce, come esperienza personale e come riconoscibilità del brand. Il consumatore inglese, però, non ha tutta questa conoscenza delle peculiarità italiane, legate più che altro al canale Horeca. In Gdo la concorrenza del Nuovo Mondo è fortissima, e delle grandi aziende anche. Questo momento rappresenta una grande opportunità per l’Italia: i produttori e gli enti di promozione devono creare una strategia di distribuzione e commercio, interpellando i protagonisti inglesi - Masters of Wine e opinion leader per essere presenti in maniera accessibile in Gdo, non averne paura”.
Dal Giappone, l’importatore Thierry Cohen fa il punto della situazione in un Paese in cui la pandemia “ha colpito meno che in Occidente: da luglio ad un mese fa le cose erano tornate ad andare bene. Poi i numeri sono tornati a salire, e si va verso una sorta di lockdown volontario. Quello del Giappone è un mercato stabile, a 20 milioni di casse importate l’anno in media dal 2012. I consumi valgono 2,5 litri l’anno pro capite, numeri bassi ma stabili. L’Italia vale tra il 18 e il 20% delle quote di mercato, qualunque cosa accada. I giapponesi adorano l’Italia, ma il 60% del vino è venduto nei ristoranti, spesso italiani, una percentuale ribaltata rispetto alla media. Il vino italiano non deve avere paura del mercato principale, fatto di prezzi relativamente bassi e Gdo. Una delle forze dell’Italia è proprio il rapporto qualità/prezzo, promuovere in Gdo il lifestyle italiano allora diventa fondamentale”.
Infine. Gli Usa, di cui tanto si è parlato, nel sunto di Jon Moramarco, managing partner di bw166. “Per capire il futuro bisogna capire il passato. Il vino ha sempre vissuto crescite e cali dei consumi, di pari passo con gli altri alcolici, con cui è in costante competizione. È un mercato frammentato, in cui 35 milioni di consumatori valgono l’85% dei consumi. La pandemia ha spostato i consumi verso l’off premise, le piccole cantine hanno fatto fatica e l’online è cresciuto. Per quello che riguarda i vini italiani, nel 2020 le importazioni continueranno a crescere, ben al di sopra delle 40 milioni di casse, specie grazie alla quota dei vermouth e delle bollicine. Durante la pandemia, la quota delle vendite di vino sul canale on premise è crollata al 6%, dal 16% del periodo pre pandemico, e difficilmente nel 2025 sarà sopra al 12%. Cambia il mercato, e le difficoltà maggiori sono per i brand meno conosciuti e le cantine più piccole”.
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Focus - Il dg Veronafiere Mantovani: ok nuovo piano per il comparto annunciato dalla Ministra Bellanova. Vinitaly farà la sua parte
“Veronafiere, con Vinitaly, è a disposizione per favorire il grande cambiamento del settore vitivinicolo annunciato oggi a Wine2Wine dalla Ministra alle Politiche Agricole, Teresa Bellanova. La strategia per attuare l’immediato rilancio del comparto a cui ha fatto riferimento la Ministra, ci trova allineati e pronti a favorire la filiera sul piano del business e della ripartenza sui mercati internazionali”. Così, dal summit internazionale, che ha aperto Wine2Wine, il dg Veronafiere, Giovanni Mantovani.
“Ci ha fatto particolarmente piacere - ha aggiunto Mantovani - il pragmatismo della ministra nell’affrontare i temi urgenti determinati dalla crisi pandemica: dall’ormai prossima convocazione del tavolo specifico sul vino nell’ambito del Patto per l’export agli obiettivi di potenziare la promozione del prodotto enologico italiano, quanto mai necessaria in questa fase congiunturale, nei Piani nazionali di sostegno e nell’Ocm. In questi mesi difficili per il sistema fieristico, Vinitaly sta investendo risorse proprie per favorire al meglio la ripartenza del settore attraverso analisi, contatti continuativi con il trade e numerosi eventi in programmati all’estero, come Wine to Asia, la nostra prima fiera in presenza dedicata al comparto che si chiude oggi in Cina. Wine2Wine in formato digitale - ha concluso il dg Veronafiere - dimostra che non abbiamo spento i motori e che saremo i primi alleati nella strategia annunciata per il vino italiano”.
La Ministra Bellanova ha annunciato oggi l’esigenza di un nuovo progetto organico di sviluppo dell'intera filiera vitivinicola italiana. Per la ministra si dovrà contare, ad esempio, sulle risorse (potenziate) destinate all'Ocm Promozione, sulla transizione alla certificazione sostenibile anche in chiave competitiva, sui piani nazionali di sostegno, sulla digitalizzazione e sull’ausilio di analisi e ricerche specifiche sui mercati target.
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