Ci sono quelli che consentono di acquistare vecchie annate introvabili sul mercato direttamente dalla cantina del produttore, quelli che più semplicemente offrono sconti, quelli che, insieme a bottiglie più o meno rare e peculiari, limited edition e non solo, offrono ai propri membri esperienze personalizzate, visite in azienda “taylor made”, e tanti altri servizi, per un rapporto tra produttore e appassionato sempre più diretto, attraverso il digitale, e basato sull’esperienza, più che sul prodotto stesso. Sono i tanti “wine club” delle cantine italiane, strumento nel complesso tutt’altro che nuovo, ma che ora, sull’onda della digitalizzazione accelerata dalla crisi della Pandemia, che spinge anche le imprese a reinventare parte del loro business con la ristorazione ancora sostanzialmente ferma (e non si capisce ancora per quanto, in Italia e in tante aree del mondo), ha trovato una nuova, importante spinta. Con i wine club gestiti direttamente dai produttori che si affiancando alle tante esperienze “terze” che, per esempio, già da tempo consentono ai wine lovers di ricevere a casa, con cadenze periodiche, selezioni di vini basata sui più diversi criteri. Secondo i dati della ricerca “Il wine business nell’era post Covid-19” dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor su un panel di 165 cantine che rappresentano 4 miliardi di euro di fatturato, se nel 2019 i wine club erano uno strumento di nicchia (11% del panel), nel 2021 saranno adottati dal 57% delle cantine italiane.
Ed esempi celebri non ne mancano. Tra i più recenti ad essere lanciato, c’è Repertorio 1694 della griffe siciliana Planeta, che consentirà ai sottoscrittori (selezionati su invito, con l’iscrizione che durerà un anno, e che prevede anche tasting guidati, eventi privati e acquisti en primeur), di ricevere 12 bottiglie di vecchie annate che la cantina guidata da Alessio, Francesca e Santi Planeta ha “archiviato” negli anni e nel suo “Viaggio in Sicilia” da Menfi a Vittoria, da Noto all’Etna e a Capo Milazzo. “Abbiamo pensato a tutti i nostri clienti passati dal mondo Planeta e che hanno investito su di noi, visitatori, clienti delle nostre strutture di ospitalità, persone che hanno già mostrato un’attenzione per il brand trasformata in acquisto - spiega, a WineNews, Alessio Planeta - a cui vogliamo dare vini e servizi diversi ed esclusivi, non sostituirsi a enoteche o altri canali, non possiamo e non vogliamo fare concorrenza a realtà come Tannico o Vino.com. L’idea non è creare lo shop virtuale di Planeta, ma proporre le vecchie bottiglie che mettiamo da parte fin dalla nostra prima vendemmia, quando non ci conosceva nessuno, oppure nate dalla sperimentazione che facciamo a Milazzo, per esempio, poche centinaia di bottiglie da “vitigni reliquia” che non mettiamo in distribuzione, o ancora consentire di comprare l’olio en primeur e così via”.
Punta sulla fidelizzazione e sulle “ricompense”, invece, l’Umberto Cesari Wine Club, realtà di riferimento dell’Emilia Romagna del Vino: acquistando bottiglie ed esperienze si accumulano punti che fanno salire di livello (da Classic a Platinum) e che danno la possibilità di riscattare premi che vanno da calici e decanter a bottiglie personalizzate per il compleanno, a grandi formati esclusivi e non solo: “il nostro Wine Club esiste da 5 anni, aveva un tasso di crescita soddisfacente, ma è inutile negare che in questo 2020, seguendo in pieno il trend di crescita di tutto quello che è digitale - sottolinea commenta Gian Maria Cesari - ha registrato un vero e proprio boom. Abbiamo visto avvicinarsi clienti nuovi, e in parte ha compensato la mancanza di visite in cantina, che per noi sono sempre state molto importanti. Tra i premi quelli legati ad esperienze esclusive, che non sono in vendita, sono quelle che piacciono di più, come succede nei veri club”.Tra quelli storici, ancora dalla Toscana, c’è il Mazzei Wine Club, fondato dalla realtà toscana nel 2006, e che consente di avere visite guidate privilegiate nelle tenute di famiglia (Castello di Fonterutoli e Belguardo in Toscana e Zisola in Sicilia), l’acquisto in anteprima dei Cru, attività e promozioni speciali nelle ricorrenze e così via: “è uno strumento che negli anni è cresciuto in maniera organica, arrivando ad avere 5.000 iscritti e tanti soci attivi - commenta Francesco Mazzei - poi è chiaro che in questo anno c’è stata una forte accelerazione, nel 2020 abbiamo fatto +50%, partendo da una base già importante. È una crescita dovuta all’esperienza acquisita, e poi alla messa a punto di una strategia più focalizzata. Abbiamo cercato di sopperire alla mancanza di traffico in cantina, che per noi ha numeri molto importanti, attraverso l’attività di Wine Club, che ha compensato non del tutto, ma in buona parte, le perdite in termini di visitatori che abbiamo registrato. È uno strumento sempre più importante, sia perchè non si capisce ancora quanto durerà questa situazione legata alla pandemia, e anche perchè ormai si sono creati dei meccanismi, anche sull’on line, che hanno conquistato tanti nuovi consumatori con modalità di acquisto e di contatto che resteranno anche dopo la pandemia”.
La storica realtà di Toscana e leader del vino italiano, Marchesi Antinori, ha il suo “26 Generazioni Wine Club”, che, tra le altre cose consente di acquistare direttamente vecchie annate, edizioni limitate e formati speciali della produzione di Antinori, dalle diverse tenute di Toscana, da Antinori nel Chianti Classico a Tignanello, da Guado al Tasso a Bolgheri a Peppoli, da Pian delle Vigne a Montalcino a Le Mortelle, tra le altre, passando per l’umbra Castello della Sala, per Montenisa in Franciacorta, Prunotto nelle Langhe e Tormaresca in Puglia, fino a Haras de Pirque in Cile e Antica in Napa Valley, per esempio.“È un progetto nato ben prima del Covid - spiega Raffaella Alia, direttore comunicazione e responsabile del progetto - come strumento per rimanere in contatto con chi è stato in visita nella nostra cantina Antinori nel Chianti Classico. Poi da aprile 2020 con il lockdown abbiamo deciso di aprire l’accesso alla piattaforma anche per chi non è membro del club, per essere più vicini ai nostri appassionati. Perchè il progetto non si pone soltanto come una piattaforma e-commerce ma come un portale di contenuti e di racconto sulle nostre tenute e i nostri vini, alimentando un canale di dialogo e relazione. La possibilità di acquisto c’è, ma con disponibilità limitate sui vini più scarsi e politiche di prezzo in linea con i canali che per noi rimangono strategici, come la ristorazione e la distribuzione tradizionale”.Si presenta come il “salotto enologico di Argentiera”, invece, l’Argentiera Wine Club di Tenuta Argentiera, una delle realtà più belle di Bolgheri, che da accesso a visite guidate con degustazioni gratuite, la partecipazioni ad eventi ad hoc per i soci, l’acquisto a condizioni privilegiati, la prenotazione di bottiglie en primeur e accesso a condizioni di favore alle strutture ricettive della tenuta.“Sicuramente è uno degli aspetti su cui investire - sottolinea il Ceo di Argentiera, Federico Zileri dal Verme - perchè il cliente va seguito sempre di più, c’è un contatto diretto attraverso il Club, è un aspetto che non si può davvero trascurare. Il valore del brand è importantissimo, il nostro brand Argentiera è sempre più conosciuto e apprezzato, il lavoro che stiamo facendo sta dando i suoi frutti e si ripercuote anche sulla clientela privata, che magari cerca vecchie annate, selezioni particolari ma non solo. E poi c’è l’aspetto della garanzia di acquistare direttamente dall’azienda, che, anche sull’on-line, garantisce l’autenticità del vino, che è un tema sempre più importante”.
Anche Dievole, il microcosmo enoico tra Chianti Classico, Montalcino e Bolgheri del petroliere argentino Alejando Bulgheroni, ha il suo D’Wine Club, “lanciato 4 anni fa, con l’obiettivo primario che non è quello della vendita, che peraltro è importante - spiega il direttore di Dievole Stefano Capurso - ma quello della fidelizzazione del cliente, del contatto diretto, anche oltre i social media, che sono ormai abbastanza inflazionati. È uno strumento di comunicazione importante che in questi tempi, in questo senso, è diventato ancora più determinante per restare in contatto con i clienti. Noi abbiamo due livelli di adesione, il “base”, aperto a tutti, che consente anche l’accesso all’e-commerce, e ad altri servizi quando i soci visitano le nostre aziende, ed il livello “master” che, invece, è su invito, destinato a clienti storici o alto spendenti, e apre a benefici più importanti, come riserve speciali, edizioni limitate, vecchie annate e così via, ma da anche la possibilità di accedere alla nostra sala Wine Club, dove il socio può mantenere i propri vini, a Dievole, e quando viene può prenotare questa sala per le degustazioni. In più, quando ci sono eventi all’estero, nelle città del socio o vicino, il socio viene invitato all’evento. È un progetto importante che richiede tanto lavoro, e noi abbiamo una persona dedicata solo a questo. Ma è un canale importante, noi contiamo quasi 3.000 soci del nostro D’Wine Club, di cui 400 master. Sembrano numeri piccoli, ma in realtà, anche attraverso il passa parola, che resta un driver fondamentale, generano un grande volano”.
Dalle Langhe, invece, consente di acquistare rare e vecchie annate, edizioni limitate, etichette speciai, cene con il produttore ed eventi speciali il Wine Club della storica Michele Chiarlo: “noi abbiamo riservato al Wine Club annate e vini speciali, più che sconti o iniziative del genere - commenta Stefano Chiarlo - il successo di questo strumento dipende molto anche dal flusso di enoturisti che uno ha avuto in passato. È uno strumento che va coltivato, quando il visitatore viene in cantina crei un rapporto speciale che va mantenuto, serve la coccola, la rarità, non è un e-commerce tout court, quanto uno strumento di fidelizzazione, grazie ad iniziative particolari. L’obiettivo non è la vendita del vino, ma la creazione ed il mantenimento di una community che poi diventa ambasciatrice del nostro mondo”. Voce che arriva dalle Langhe dove, tra i tanti, c’è anche il Poderi Luigi Einaudi Wine Club, firmato dalla cantina della famiglia dell’ex Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, che consente l’accesso a wine Tours riservati ai soci, la prenotazione di grandi annate di Barolo in esclusiva, e degustazioni gratuite ogni volta che i soci visitano il Relais dei Poderi Einaudi.
Tra le case history più peculiari, c’è quella del Firriato Wine Club della celeberrima cantina siciliana Firriato, gudata da Vinzia di Gaetano e da Federico Lombardo di Monte Iato, che, a WineNews, spiega: “noi abbiamo scelto da tempo di non vendere vino attraverso il nostro wine club, ma di puntare di più su servizi legati in particolar modo all’hospitality e all’accoglienza in cantina. Per fare un esempio, visto che i nostri eventi di Calici di Stelle sono sempre sold out, ai membri del club riserviamo una parte di biglietti prenotabili anche con la modalità early bird, per dirne una. L’obiettivo è quello di raccogliere contatti e mantenere attivi questi contatti, può essere uno strumento di comunicazione fondamentale. La scelta di non vendere vino deriva principalmente dal fatto di non voler andare in contrasto con i nostri clienti, abbiamo una rete di 3.500 partner che vendono e distribuiscono i nostri vini in Sicilia ed in tutta Italia, con in quali abbiamo un rapporto splendido e consolidato negli anni, e siamo certi che quando questo periodo passerà, le cantine come noi, con un brand forte, resteranno nelle carte dei ristoranti, a patto di garantire anche servizi come l’integrità del prodotto, sempre, l’efficienza nelle consegne e così via”.
Ma questi sono solo alcuni dei tanti esempi possibili, come per esempio il Tommasi Wine Club di Tommasi Family Estate, a quello della cantina franciacortina Il Monsnel, passando per quello della storica cantina toscana Barone Ricasoli o per quello nato di recente della griffe veneta Zeni, o ancora, tornando in Sicilia, delle Cantine Barbera.
Solo un piccolissimo spaccato, questo dei Wine Club gestiti direttamente dalle cantine del Belpaese, che sarà uno di quei fenomeni da osservare con attenzione. Non nuovo, nel complesso, ma che, come tutto quello che è “digitalizzazione” e “direct-to-consumer”, ha ricevuto una nuova spinta, intensa ed importante, da una pandemia che ancora tiene sotto scacco l’Italia e gran parte del mondo.
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