Investire nel Gattinara, vuol dire investire in un pezzo di storia del vino del Piemonte. Un vino, il Gattinara, amato da Mario Soldati, che di lui scriveva: “un sorso di Gattinara. Purché vero, si intende, non chiedo di più!”, ed i cui primi vigneti, riportano le fonti, furono piantati dai romani nel II secolo a. C, e che nel 1518, il cardinale Mercurino Arborio, marchese di Gattinara e Cancelliere di Carlo V, presentò alla Corte del Re di Spagna, facendolo conoscere alla nobiltà europea, come si legge sul sito del Consorzio di tutela dei Nebbiolo dell’Alto Piemonte (www.consnebbiolialtop.it). Un territorio sul quale, negli ultimi anni, sono tornati ad investire anche i grandi nomi delle Langhe, per esempio, come la Giacomo Conterno, culla del celeberrimo Barolo Monfortino, tra gli altri, che nel 2018 ha acquisito la cantina simbolo del territorio, la storica Nervi.
Ed ora arriva un altro investitore particolare, ovvero il californiano Matthew Fioretti, direttore e socio de La Cerbaiona, griffe del Brunello di Montalcino (che, nel 2015, Diego Molinari, ex pilota di aerei, e personaggio storico del vino a Montalcino, insieme alla moglie Nora, cedettero al magnate americano Gary Rieschel - che ha acquistato la tenuta insieme allo stesso Matthew Fioretti ed altri soci - fondatore di diverse società di venture capital, per anni nella “Midas List” di “Forbes”). Che vole recuperare un altro pezzo di storia di Gattinara, ovvero un sistema sotterraneo di volte a vela, ampie e respirate, per una superficie di 800 metri quadrati, nel centro storico del borgo piemontese. Ovvero, le cantine più antiche ed estese di Gattinara, in via Massimo D’Azeglio (dietro la chiesa di San Francesco), col tempo passate di mano in mano, soggette a frammentazione, ed ora riunite sotto un’unica proprietà proprio da Fioretti, che ha acquistato anche vigneti collocati in ottima esposizione, nella zona Osso. “L’obiettivo - spiega una nota - è quello di dare, così, un contributo alla rinascita viticola di un’area altamente vocata che però col tempo è passata da 600 a 120 ettari vitati”. Americano ma di origini italiane, con la famiglia proveniente dalla zona fra il Lago d’Orta e Angera, sul Lago Maggiore, Fioretti ha esplorato Gattinara nella metà degli anni Novanta entrando in queste cantine per selezionare ed acquistare migliaia di bottiglie degli anni Settanta: i meravigliosi Nebbioli del Conte Ravizza che - appunto - produsse in queste cantine dal secondo dopoguerra agli anni Ottanta. Ma la loro storia è molto più antica. Si suppone che le stesse volte risalgano al Settecento a conferma di un legame secolare di Gattinara con il mondo del vino; del resto, nell’Italia appena nata, proprio in queste strutture dietro la chiesa di San Francesco, debuttava la prima Regia Stazione Enologica Sperimentale, nel 1872. Il fascino della cultura enologica di Gattinara, e l’idea di farvi ritorno, sono sempre stati vivi in Fioretti, mai sopiti anche durante i venticinque anni di attività spesi prima nell’esportazione e distribuzione di vini italiani di pregio e poi come produttore a Montalcino. “La viticoltura lascia la propria impronta su luogo e paesaggio. Tuttavia cambiamenti storici ed economici possono mettere a rischio l’esistenza di tale cultura e fare scomparire i vigneti. Questo - sottolinea Fioretti - è successo a Gattinara e in grande parte dell’Alto Piemonte. Quando quella cultura viticola prospera per secoli e resiste alle minacce del tempo, allora possiamo parlare dei grandi terroir del vino. Il mondo viticolo dell’Alto Piemonte si sta muovendo di nuovo, ma ha da colmare una interruzione che è stata, francamente, una minaccia esistenziale. Le cantine storiche in via Massimo d’Azeglio a Gattinara testimoniano questo passato, e da molti decenni sono in attesa di una riqualifica. Lo stesso vale per i boschi sulle colline che chiedono di tornare a ciò che furono: vigneti. Come viticoltore desidero concentrare il mio impegno dove posso coltivare la miglior uva possibile, cosi da produrre un vino di rara eccellenza. Allo stesso tempo, se potessi contribuire a tenere viva e portare avanti quella catena culturale del terroir, andrei a cercare questa sfida ulteriore. Quanto alle cantine storiche, laddove necessario si prevedono lavori di restauro conservativo nel rispetto filologico dell’edificio, della sua storia e delle specificità del territorio. L’aspirazione è quella di far tornare in piena attività cantine che sono un monumento storico di Gattinara e Alto Piemonte”. Secondo Fioretti, “per riguadagnare il terroir, i terreni più vocati per vigna devono essere a vigna come un tempo, non boschi. Il terroir che fu Gattinara era là, sulle colline: tutte a vigneto. Oggi sono due le sfide di Gattinara in particolare, ed dell’Alto Piemonte in generale. La prima viene dalla massiccia presenza di bosco che spesso si distende dove un tempo c’erano vigneti. Oltre a sottrarre spazio ai vigneti, il bosco blocca il sole, causa umidità, e troppo spesso crea l’habitat per animali e insetti, nemici della vigna. In altre parole: se si hanno un terreno e un luogo altamente adatti per vigna, è un peccato lasciarli regredire a bosco. Sicuramente non mancano posti in pianure dove si possano piantare alberi e dare dimora alla fauna. L’altra - aggiunge ancora l’imprenditore italo-americano - sfida è costituita dall’estrema frammentazione dei terreni non lavorati. Rimangono particelle incolte e a bosco, poco più di pezzi di carta di possedimento. Ma per il viticoltore e l’agricoltore, la terra è viva e viene costantemente curata e lavorata: non è carta. Un cambio di passo è realizzabile solo a patto di accorpare le tante particelle e farle diventare di nuovo vigneti di pregio. Ci vorrebbe la volontà collettiva di rivedere Gattinara così come appare nelle cartoline del secolo scorso, con le sue colline cosparse di vigneti, sorvegliate a vista dal Monte Rosa. Le possibilità di ravvivare la gloriosa storia di Gattinara e dei suoi cru e terroir sono ampiamente realizzabili”.
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