Mentre le attenzioni della cronaca tornano ad essere fagocitate quasi per intero dalla quarta ondata del Covid-19 e dalla “variante Omicron”, il mondo della produzione e del consumo di ogni bene fa il conto con l’aumento fortissimo dei costi, che frena i consumi, riduce i margini delle imprese ed il potere di acquisto dei consumatori. E vale anche per il vino, dove “non accenna a diminuire l’impatto dell’aumento dei costi di produzione sul comparto, non solo in Italia, ma anche in Francia e Spagna, gli altri due principali Paesi produttori europei. In Italia gli incrementi nel terzo trimestre 2021 hanno raggiunto la forbice del +8/12%, con un picco del +24,4% registrato dall’impennata dei costi dell’energia”. A dirlo le Cooperative del vino di Francia, Italia e Spagna, che rappresentano oltre il 50% della produzione vinicola dell’Unione Europea, in una nota congiunta che analizza la situazione di mercato dei tre Paesi. A preoccupare sono le difficoltà di approvvigionamento registrate in molti casi dalle aziende, costrette anche a far fronte ai costi dei trasporti addirittura raddoppiati, soprattutto all’estero, con la conseguenza di gravi ritardi nella consegna dei prodotti, che spesso finiscono per trasformarsi in costi aggiuntivi.
“L’aumento del costo delle materie prime si ripercuote negativamente lungo tutta la filiera”, commenta il Coordinatore del settore Vitivinicolo di Alleanza cooperative Agroalimentari Luca Rigotti, che è anche al vertice del Gruppo di Lavoro Vino del Copa-Cogeca (oltre che presidente della cooperativa trentina Mezzacorona, ndr). “Gli incrementi vanno dal costo dell’elettricità a quello dei fertilizzanti, ma ad aumentare sono anche i prezzi del vetro, delle scatole, degli imballaggi e dei materiali da costruzione. Al momento, tuttavia, i prezzi del vino non sono aumentati al punto da riuscire ad assorbire l’aumento dei costi, che resta principalmente a carico dei produttori”. La principale conseguenza è che per far fronte ai rincari, spiegano le cooperative di Francia, Spagna e Italia, le imprese stanno fermando o posticipando i loro piani di ammodernamento e si trovano di fatto nella impossibilità di programmare e realizzare nuovi investimenti, soprattutto quelli che dovrebbero raccogliere la sfida della transizione ecologica del settore vitivinicolo europeo indicata dalla strategia “Farm to Fork”.
A completare l’attuale situazione di mercato, che è abbastanza omogenea nei tre Paesi, ci sono i segnali positivi provenienti da un aumento dei prezzi di vendita (causato da una vendemmia inferiore alla media degli ultimi anni) e dall’incremento dell’export, sostenuto anche dalla fine dei dazi statunitensi. Le principali criticità provengono, oltre che dall’aumento dei costi di produzione, anche dal timore di un possibile ripristino delle restrizioni nel canale Horeca a causa del perdurare della pandemia Covid-19, le quali finirebbero per avere un effetto destabilizzante e un pesante impatto sui consumi di vino europei. “Anche in queste situazioni di difficoltà è necessario mantenere la stabilità di mercato, garantendo ai clienti una certa continuità dell’offerta. In questa situazione - conclude Rigotti - anche i limiti imposti dalla Farm to Fork potrebbero potenzialmente contribuire, nel medio periodo, ad una riduzione delle produzioni europee, con l’inevitabile conseguenza che il calo produttivo si traduca in un aumento delle importazioni extra-Ue”.
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