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IDEE DI TERRITORIO

Pantelleria: un vigneto eroico e millenario in cerca di futuro, che prova ad investire sui giovani

In 40 anni gli ettari rivendicati si sono ridotti del 90%. E il Consorzio lancia un bando per incentivare le nuove generazioni a formarsi e a rimanere

Da 5.000 ettari vitati negli anni 80 a 407 ettari rivendicati nel 2021, ossia meno di un decimo. Questa l’impressionante flessione del “Vigneto Pantelleria”, dove oggi a produrre sono 22 cantine e 410 viticoltori di cui 327 (per 341 ettari, cioè l’80% della superficie) associati al Consorzio Volontario per la Tutela e la Valorizzazione dei Vini a Doc dell’Isola di Pantelleria. La viticoltura ha lasciato spazio e superfici al turismo, ma più grande è stato l’abbandono dei vigneti e dei terrazzamenti, il che mette a rischio l’identità stessa dell’isola, unicum geologico sito tra l’Europa e l’Africa nato da un’eruzione di 800 milioni di anni fa. Ricambio generazionale, potenziamento della produzione e promozione, di concerto con il Parco Nazionale Isola di Pantelleria, gli obiettivi da raggiungere.
Nell’Isola del vento sono passati tutti i popoli che hanno solcato il Mediterraneo e hanno lasciato tracce. Dai Sesi, nel 3000 a.C, ai Fenici in perenne lotta con i Romani, che poi hanno avuto la meglio, dai Barbari agli Arabi che hanno introdotto la vite, passando per tutte le dominazioni della Sicilia fino agli Americani che durante la seconda guerra mondiale hanno bombardato l’isola in funzione dimostrativa, siti archeologici compresi, per “fortuna” avvisando preventivamente la popolazione. D’altra parte la sua posizione geografica, quale ultimo avamposto europeo nel Mediterraneo, è strategica. Eppure i panteschi non sono gente di mare. Hanno voltato le spalle a quell’orizzonte da cui arrivavano pericoli e invasori. Hanno strappato alle rocce laviche la terra e l’hanno contenuta con le stesse pietre, costruendo oltre 7.000 chilometri di muretti a secco. Fatica e abnegazione hanno tramutato la complessa morfologia vulcanica dell’isola, per la maggior parte in pendenza, in uno dei paesaggi agricoli più armoniosi del Mediterraneo. Vite, cappero, olivo e agrumi le principali coltivazioni dell’agricoltura eroica dell’isola per le condizioni ambientali estreme, legate alla costante presenza dei venti e alla scarsa piovosità compensata da una forte umidità. All’inizio dallo Zibibbo (Moscato di Alessandria) si produceva uva passa, perché nella cultura araba non si beve alcol. Poi la vinificazione, con un metodo particolare obbligato dal clima, e la produzione di Passito da viti allevate ad alberello pantesco, pratica agricola riconosciuta dall’Unesco nel 2014 quale patrimonio immateriale dell’umanità.
Se nel 1974 la produzione di uva aveva toccato i 330.000 quintali, nel 2020 si è ridotta a poco più di 17.000, di cui circa 15.000 a denominazione. La produzione di vino della doc imbottigliato nel 2021 è stata di 8.787 ettolitri: la “perla nera”, estremo sud della viticoltura europea, ha di fronte grandi sfide, in primis quella del ricambio generazionale senza il quale sarà difficile preservare il patrimonio produttivo e paesaggistico.
“A Pantelleria la viticoltura è eroica, significa sacrificio, meccanizzazione ridotta al minimo e lavoro faticoso con la zappa, strumento ormai sconosciuto ai giovani - spiega a WineNews Benedetto Renda, presidente del Consorzio e delle Cantine Pellegrino, che sull’Isola hanno la cantina più grande (12.000 ettolitri la produzione complessiva potenziale) - l’età media dei viticoltori è molto alta e urge un ricambio generazionale. Come Consorzio stiamo lavorando per invogliare e agevolare i giovani a seguire un indirizzo agricolo istituendo alcune borse di studio (sul sito del Consorzio il bando https://consorziodipantelleria.it/ per la domanda di partecipazione entro il 31 agosto). Inoltre, con l’intento di creare un volano per il ritorno pieno alla viticoltura, abbiamo organizzato corsi di formazione sulla cultura dei vini dell’isola per avvicinare i giovani alla loro conoscenza perché possano comunicarli al meglio nei mesi estivi, quando lavorano nella ristorazione”. Per condurre un vigneto pantesco sono necessarie circa 90 giornate lavorative/uomo ad ettaro, circa tre volte quelle necessarie in una viticoltura “normale”.
“Scarso reddito, fatica e polverizzazione della proprietà - gli fa eco Salvatore Murana, primo ambasciatore del Passito di Pantelleria con le sue affabulazioni e i suoi Creato e Martingana, per citare i più noti - la viticoltura dell’isola sta soffrendo. Significativa è la mancanza sull’isola di scuole che potrebbero formare i giovani sulle due attività predominanti, l’agricoltura e il turismo, mentre abbiamo un istituto che forma ragionieri! E per assicurare continuità alla viticoltura pantesca, anche dal punto di vista del materiale viticolo, è necessario costituire una sorta di arca per conservare i 27 biotipi che compongono il “parco vigna” di Pantelleria, attualmente sparsi nei vigneti”.
A svolgere un lavoro di conservazione di portinnesti e biotipi di Zibibbo è il Centro sperimentale sullo Zibibbo del Vivaio Governativo Federico Paulsen - fondato nel 1885 per fronteggiare la fillossera e presente sull’isola dai primi decenni del 900 - che ha anche selezionato un clone avviato alla registrazione. “Conserviamo e studiamo l’enorme biodiversità dello Zibibbo dell’isola - spiega Vincenzo Pernice, dirigente della struttura siciliana - frutto dell’adattamento alle condizioni diverse di altitudine (dal livello del mare a 600 m) e delle esposizioni. E lo facciamo insieme ai produttori grazie alle loro osservazioni sulle viti. Forniamo le barbatelle per i rimpiazzi nei vigneti che hanno età ragguardevoli, anche fino a 90 anni, e di concerto con il Consorzio ne aumenteremo la produzione per i rinnovi, attingendo esclusivamente ai materiali autoctoni, con una felice sinergia pubblico-privato che ci tengo a sottolineare”.
L’attività della sede pantesca del Vivaio Paulsen, che contempla anche le microvinificazioni, si è allargata recentemente al servizio di analisi dei mosti per il monitoraggio dei parametri chimici - prima effettuabili solo in Sicilia - che ha consentito un miglioramento qualitativo in particolare delle piccole produzioni. I numeri danno la misura dell’utilità del servizio: da settembre a dicembre vengono effettuate 8.000 analisi. Recentemente è stato avviato uno studio sulla rifermentazione in bottiglia di vini base spumante ottenuti dai grappoli di seconda fioritura della Zibibbo, normalmente non utilizzati, che invece possono rappresentare una risorsa per incrementare la produzione e il reddito. Una nuova opportunità già colta da qualche produttore, come Salvatore Murana che esce con il Matué metodo classico pas dosé Igt Terre Siciliane, 100% Zibibbo e 55 mesi sui lieviti. La produzione di un metodo classico a Pantelleria è l’esempio più recente dell’allargamento a tipologie di vini differenti dal Passito. Si fanno avanti i bianchi, ma anche i rossi (e per la vendemmia 2021 anche un vino rosa) prodotti ad oggi sull’isola esclusivamente in contrada Kuddia da Abraxas, azienda oggi di proprietà di Prosit srl (Gruppo Adler) che sta recuperando vigneti e immobili abbandonati da 5 anni. Un progetto imprenditoriale che mira a coinvolgere (nuovamente) i viticoltori per il conferimento delle uve, recuperandone la fiducia e, sul fronte turistico all’albergo diffuso costituito da diversi dammusi e da un agriturismo.
Suoli, altitudini, esposizioni, vento: questi gli elementi che fanno la complessità dei vigneti, delle uve e dei vini di Pantelleria. E per tutte le aziende pantesche, la possibilità di accogliere uve da vigneti posti in diversi microclimi che si differenziano per caratteristiche aromatiche e per epoca di maturazione è molto importante. “La vendemmia a Pantelleria comincia a metà agosto e si protrae parecchio in base all’altitudine e alle diverse esposizioni”, spiega parlando del celebre Ben Ryé, Baldo Palermo di Donnafugata, 68 ettari di vigneti dislocati in 16 contrade e la cantina a Khamma, costruita secondo criteri dell’architettura sostenibile, perfettamente inserita in un anfiteatro naturale terrazzato. “Le uve che maturano prima, più zuccherine - prosegue Baldo Palermo - sono destinate all’appassimento anche per avere migliori chance di riuscita e scampare eventuali piogge o eccessi di umidità. Nelle 2-3 settimane di appassimento negli “stinnituri” o in serre-tunnel aperte sui lati, sulle uve avvengono disidratazione, concentrazione di zuccheri, di aromi e di acidi organici molto importanti per il profilo organolettico. Le uve appassite, diraspate a mano, vengono aggiunte al mosto in fermentazione ottenuto da uve raccolte successivamente nelle zone più tardive. Noi lo facciamo a più riprese, per tre volte, e ogni volta separiamo le bucce sfaldate e usciamo a due anni dalla vendemmia. Per questa sua unicità il Passito di Pantelleria merita una particolare attenzione”. Ogni produttore fa scelte diverse più o meno vicine alla tradizione - che prevede anche l’uso del legno -, tuttavia la costante è la resa molto bassa: per produrre un litro di Passito di Pantelleria servono almeno 4 chili di uva fresca. “Ogni annata è diversa a maggior ragione per il Passito - sottolinea Giuseppina De Bartoli, che con i fratelli Sebastiano e Renato si occupa dell’azienda fondata dal padre Marco, venuto dalla Sicilia tra i primi a investire sull’isola - questo il messaggio che mio padre ha voluto lanciare. La grande annata è quella in cui l’appassimento di almeno tre settimane avviene in condizioni perfette e determina l’etichetta a cui destiniamo le uve”. In questo caso viene prodotto il Bukkuram “Padre della vigna” (ndr: 42 mesi in barrique di rovere francese e 6 mesi in vasca di acciaio). Se, invece, con l’appassimento non si riesce ad andare oltre agosto le uve vengono destinate al Bukkuram “Sole di agosto” (ndr: breve passaggio in botte di almeno 6 mesi e affinamento in acciaio). Se il vino per cui Pantelleria è conosciuta è il Passito, naturale e liquoroso, esiste da parte di diversi produttori una interessante produzione di Zibibbo da uve fresche, come Isesi - dodici mesi di affinamento in acciaio e un bouquet aromatico molto importante - che Cantine Pellegrino affianca al Passito Nes (“miracolo” in ebraico) insignito per l’annata 2020 dalla Fondazione Italiana Sommelier dell’Oscar 2022 quale miglior vino dolce d’Italia. La grande azienda basata a Marsala, con vigneti nel Trapanese, è leader di mercato nella produzione di vini di Pantelleria. “Fin dal nostro arrivo a Pantelleria nel 1992, anno a cui risale la costruzione della cantina, si è scelto di non acquistare terreni e vigneti - racconta Caterina Tumbarello, erede della famiglia Pellegrino e azionista della società in cui ha ricoperto diversi ruoli, consorte di Benedetto Renda che ne è presidente - preferendo acquisire le uve dai viticoltori conferitori, che oggi sono 350, forti di un’esperienza tramandata da generazioni. Una scelta per sostenere l’economia di questo piccolo microcosmo con attenzione anche alla tutela dell’ambiente dotandoci di un impianto fotovoltaico che rende quasi autosufficiente la cantina”. “La tecnologia del freddo e la zonazione dell’isola - spiega a proposito della produzione di vini bianchi da uve fresche Benedetto Rende, nella veste di presidente del Consorzio - sta permettendo da qualche anno a questa parte di produrre vini bianchi di buon successo. Ognuna delle eruzioni che hanno dato vita all’isola ha avuto caratteristiche peculiari, originando suoli differenti che danno uve diverse da cui otteniamo bianchi molto interessanti. Una produzione che già oggi è realtà, destinata a crescere visto che molte aziende si stanno attrezzando con tecnologie di vinificazione adeguate. Un Consorzio come il nostro, tra i più piccoli d’Italia, ha poche risorse per la promozione. Tuttavia il dialogo che si è instaurato con il Parco Nazionale di Pantelleria, nato due anni fa, sta diventando una sinergia operativa: già all’ultimo Vinitaly abbiamo condiviso e gestino un unico stand. Le nostre finalità e quelle del Parco coincidono e intendiamo dare slancio al futuro di questo territorio in particolare per le nuove generazioni unendo le nostre modeste finanze con quelle importanti del Parco. Per quanto riguarda la tracciabilità dei nostri vini, il Consiglio di amministrazione ha deciso per l’apposizione della fascetta dal 1 gennaio 2023, che sarà gestita dall’Istituto regionale del Vino e dell’Olio che già si occupa del controllo e della certificazione”.

Focus - I numeri della viticoltura di Pantelleria
Le 22 cantine di Pantelleria
Abraxas di Prosit, Fabrizio Basile, D’Ancona, Donnafugata, Emanuela Bonomo, Ferrandes, Ferreri, Gabriele, Gorgone Dietro L’Isola, Il Serralh, Marco de Bartoli, Miceli, Minardi, Murana, Oro di Pantelleria, Pantelleria Eroica, Carlo Pellegrino, Sapori di Pantelleria, Serraglia, Coste di Girlanda, Solidea, Vinisola.

La ripartizione della produzione Doc imbottigliata nel 2021
Sono stati 8.787 gli ettolitri di vino Pantelleria doc imbottigliato nel 2021: 1.423 ettolitri di Passito naturale e 5.727 di Passito liquoroso; 202 ettolitri di Moscato naturale; 635 ettolitri di Bianco; 68 ettolitri di frizzante e 23 ettolitri di spumante).

L’Alberello pantesco
Il clima dell’isola impone la coltivazione dello Zibibbo (Moscato di Alessandria) ad alberello basso che a Pantelleria assume una forma tradizionale particolare. La vite (2.500 piante ad ettaro) viene coltivata in conche profonde circa 20 cm, utili per accumulare la poca acqua piovana e l’umidità notturna, oltre che per proteggere i grappoli dal vento. Introdotta dai Fenici, la tecnica di coltivazione prevede esclusivamente interventi manuali con un conseguente aumento del lavoro necessario e quindi dei costi di produzione.

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