Monasteri, abbazie, eremi e conventi: accanto al sapere religioso e culturale, nei territori del vino più importanti d’Italia, sono in molti a custodire anche un vigneto. Perché, “nei secoli” dei secoli, tra le loro possenti mura e negli antichi chiostri, per i frati-vignerons la produzione di vino è da sempre una questione di vita, spirituale, simbolo di unione tra la terra e il cielo, l’uomo e Dio, del sangue di Cristo e dell’Eucarestia, ma anche quotidiana, secondo la regola dell’ora et labora. E se sono molti quelli in cui non si è mai smesso di coltivare la vite, contribuendo alla salvaguarda di tanti vitigni autoctoni che altrimenti sarebbero andati perduti, in altri si è riscoperto la produzione di vini di qualità più recentemente, come testimoniano i numerosi riconoscimenti di premi e guide. Per raccontare il ruolo che, sin dal Medioevo, le istituzioni religiose hanno avuto nella storia del vino, nasce “Vini d’Abbazia”, il “concilio” che, dal 2 al 4 settembre, ne riunirà le etichette all’Abbazia di Fossanova a Priverno, il più antico esempio d’arte gotico-cistercense in Italia e il luogo in cui morì San Tommaso d’Aquino, fondata nel Duecento dai monaci cistercensi del Monastero di Citeaux in Francia, punto di riferimento nella produzione dei blasonati vini di Borgogna.
Protagoniste dell’evento saranno le abbazie, i monasteri e i conventi dislocati su tutto il territorio italiano (selezionati in collaborazione con Slow Wine, ndr): dall’Alto Adige, con le Abbazie di Novacella e Muri-Gries e con la Cantina Valle Isarco che cura i vigneti del Monastero di Sabiona, al Veneto, con l’Abbazia di Praglia e l’Abbazia di Busco; dal Friuli, con l’Abbazia di Rosazzo, i cui vigneti millenari sono affidati alla Cantina Livio Felluga, alla Toscana, con la Badia a Passignano, nelle cui storiche cantine si produce ancora vino grazie alla famiglia Antinori, e il Monastero dei Frati Bianchi di Fivizzano; dall’Umbria, con il legame tra vino e religione che sarà testimoniato da Arnaldo Caprai (con il produttore Marco Caprai che racconterà il Sagrantino dalle origini, legate a San Francesco, al successo internazionale di oggi), e dal Monastero di Bose, con le uve coltivate nelle terre del Monastero di San Masseo ai piedi di Assisi, al Lazio, con i vini artigianali del Monastero delle suore Trappiste di Vitorchiano, l’Abbazia di Valvisciolo di Sermoneta e le Cantine della Strada del Vino di Latina e del territorio pontino (Sant’Andrea, Marco Carpineti, Casale del Giglio, Cincinnato, Pietra Pinta, La Valle dell’Usignolo, Villa Gianna e Donato Giangirolami); fino alla Campania, dove Feudi di San Gregorio ha voluto dedicare uno dei suoi vini più importanti all’Abbazia del Goleto (che, fondata nel 1133 a Sant’Angelo dei Lombardi, ha salvato nel Medioevo i vitigni autoctoni campani Greco di Tufo, Fiano e Aglianico), e con l’Abbazia di Crapolla di Vico Equense. E ad accendere i riflettori internazionali sull’evento sarà la partecipazione del Gruppo Les Grands Chais de France, con la Maison François Martenot che racconterà la Borgogna, con i rinomati vini degli Hospices de Beaune, l’antica istituzione ospedaliera il cui prestigio risiede nel patrimonio costituito da un lato da un monumento storico, l’Hôtel-Dieu de Beaune, e, dall’altro, dalla Tenuta vinicola tra le migliori di Borgogna, che promuove l’asta benefica più famosa al mondo.
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