Giuseppe Quintarelli, detto “Bepi”, è una di quelle figure a cui il vino italiano deve molto. Figure che hanno illuminato importanti denominazioni. A volte poco capite e sole a rappresentare quelli che poi sarebbero diventati territori vitivinicoli importanti e conosciuti nel mondo proprio grazie al loro lavoro. In Piemonte, come in Toscana, per citare solo le due regioni che producono i vini più blasonati d’Italia, gli inizi sono costellati da pionieri che hanno impresso ai vini bandiera del loro territorio identità e personalità rendendoli iconici, quindi noti e apprezzati nel mondo. Nomi, solo per citare due territori, come Tancredi e Franco Biondi-Santi per il Brunello di Montalcino e Mario e Niccolò Incisa della Rocchetta per Bolgheri. In Veneto, ad illuminare la Valpolicella con la qualità de suoi vini è stato lui, il Bepi. Oggi, a dieci anni dalla sua scomparsa, al carisma di Bepi Quintarelli è stata consacrato il quartier generale del Consorzio per la tutela dei Vini della Valpolicella: a Sant’Ambrogio, in Villa Brenzoni Bassani, è stata svelata un’opera che rappresenta il territorio e i suoi vini, significativamente dedicata al “grande maestro” dell’Amarone.
“Giuseppe “Bepi” Quintarelli è stato - ha detto il presidente del Consorzio veronese, Christian Marchesini - un pioniere per il mondo del vino in generale, un riferimento per il territorio e un padre putativo per la denominazione. Nel periodo più buio per i vini Valpolicella, tra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento, l’azienda di Bepi Quintarelli era l’unica fiaccola accesa. Bepi è stato l’innovatore della Valpolicella moderna, e ha posto le basi della Valpolicella contemporanea che viviamo oggi. Il suo ricordo riesce ad incarnare al tempo stesso la storia e l’evoluzione della Valpolicella, e ancora oggi il suo nome è sinonimo di Amarone in tutto il mondo. È stato definito da molti un artigiano del vino: della sua professionalità e umanità vogliamo conservare l’attenzione devota alla qualità, lo sguardo visionario verso il futuro e l’intuito capace di leggere e intercettare il mercato, contribuendo a tracciare la strada dell’internazionalità della denominazione”.
Commosso il ricordo di Lorenzo Simeoni, cavaliere benemerito dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona e paladino del Recioto della Valpolicella, passione condivisa con Bepi Quintarelli: “ho conosciuto Bepi quando avevo 19 anni e rimpiango di non aver avuto la testa di oggi quando trascorrevamo a parlare e discutere insieme molte ore. Con la sua flemma, con il suo modo di pensare, Bepi incarnava perfettamente il vino che produceva. Non era enologo e ragionava in base alla sua esperienza e agli insegnamenti dei suoi maestri. Metteva davanti a tutti i vini il Recioto, e per tutti i vini dava il giusto peso al tempo, aspettandoli senza fretta. Non guardava l’aspetto commerciale, ma la giusta ricompensa gli è stata riconosciuta dal vino stesso”.
“Bepi” Quintarelli, produttore, artigiano, artista e visionario devoto al territorio, è subentrato negli Anni Cinquanta del Novecento nella conduzione dell’azienda familiare a Negrar (Località Cerè) continuando la tradizione paterna in vigna e in cantina e producendo vini di elevata qualità, anche grazie a scelte drastiche, che vengono apprezzati in tutto il mondo. Sempre legato ad affinamenti molto lunghi in legni grandi, non ha mai usato barrique, neppure negli anni Novanta, quando sembrava inevitabile, perché riteneva che standardizzassero il vino. Ecco che aspettava per sei anni il Valpolicella Classico Superiore, per otto l’Amarone della Valpolicella Classico, prodotto non tutti gli anni, ma solo nelle vendemmie meritevoli, e per dieci l’Amarone della Valpolicella Classico Riserva, prodotto solo nelle annate eccellenti, mediamente in tre su dieci. Nelle altre “subentra” il “Rosso del Bepi”, stessa tecnica ma “soltanto” otto anni in legno. L’azienda guidata da sua figlia Fiorenza, a cui aveva lasciato le redini nel 2010, continua nel solco da lui tracciato: “oggi provo - ha detto Fiorenza Quintarelli - al contempo un misto di gioia e di riconoscenza per questo riconoscimento dedicato a mio padre da parte del Consorzio e delle persone che rappresenta. A dieci anni dalla sua morte voglio ricordare anche l’importanza che in azienda ha avuto mia madre”.
L’opera svelata in una delle sale della Villa Brenzoni Bassani è stata realizzata dal “sarto del ferro” e fabbro d’arte, Simone Scapini e dal suo maestro Claudio Bottero. “La scultura dedicata a Bepi Quintarelli - ha spiegato il direttore del Consorzio, Matteo Tedeschi, a WineNews - vuole rappresentare tutti gli “ingredienti” dei vini e del territorio della Valpolicella. E per questo non poteva che essere un’opera concettuale”. Concetti che si “leggono” sulle superfici di tre strati di metallo in sequenza. Strati attraverso i quali lo sguardo passa oltre la materia nel perimetro del simbolo della denominazione Vini Valpolicella. “La prima lastra rappresenta la texture del suolo, ma anche del marmo che caratterizza questo territorio - ha spiegato Simone Scapini -. La seconda richiama le rotondità degli acini, anche quelli in appassimento, e del movimento sinuoso del mosto in fermentazione. Il terzo, invece, è scavato da solchi diversi che rappresentano i percorsi e le impronte dei produttori, tra cui quelli importanti di Bepi Quintarelli”.
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