Ad aver ispirato la cantina più bella al mondo è una committenza le cui origini risalgono al Rinascimento, “una grande opera “silenziosa” perché ipogea e sostenibile, ma potente nella sua traccia collinare che ricorda i tagli di Lucio Fontana, su un paesaggio importante come quello toscano, fortemente antropizzato e plasmato dall’agricoltura, ideata coniugando le necessità produttive al rispetto del territorio e per proteggerne la bellezza, e nata dal desiderio del committente di un ritorno alla terra, riunificando la parte finanziaria e commerciale, gestita fin dal Trecento a Palazzo Antinori, costruito da Giuliano da Maiano a Firenze, con la produzione, con il trasferimento della “mente” dell’azienda dal “cuore della rinascenza” al suo punto di partenza, epoca in cui l’attività si era iscritta all’Arte dei Vinattieri”. Lo ha spiegato l’architetto Laura Andreini raccontando la Cantina Antinori nel Chianti Classico, “World’s Best Vineyards 2022”, progettata da Archea Associati, di cui è cofondatrice con Marco Casamonti e Giovanni Polazzi, per Marchesi Antinori, storica famiglia del vino legata all’arte italiana, nel convegno “L’architettura delle cantine e l’enoturismo”, di scena ieri a Palazzo Medici Riccardi a Firenze, in apertura della “Settimana delle Anteprime di Toscana 2023” con “Casabellaformazione” e gli studi di architettura che hanno firmato alcuni dei progetti più avveniristici e famosi tra i vigneti toscani.
Dalla ricerca della perfezione rinascimentale “all’asimmetria della bellezza, perché ognuno vi proietta il suo vissuto, alla base di alcune arti orientali, e descritta dall’architetto Bruno Zevi a proposito di Villa Madama a Roma, tra i progetti più belli di architettura e natura, in cui la visione prospettica rinascimentale è negata, lo spazio temporizzato, e vi è integrazione nel contesto urbano e naturale”-, sono tra i concetti che ispirano Massimo Alvisi e Junko Kirimoto, fondatori dello studio Alvisi+Kirimoto, che ha firmato il progetto della Cantina Podernuovo, la “Bulgari Winery” a Palazzone a San Casciano dei Bagni, “andando a cercare il luogo perfetto nelle proprietà della famiglia Bulgari per un concept che guardasse all’organizzazione degli spazi secondo i proprietari e l’enologo dell’epoca, Riccardo Cotarella, alla possibilità di ammirare i vigneti e il loro paesaggio straordinario da ogni livello e al fatto che ogni fase del lavoro di produzione fosse in vista per far capire come funziona. Abbiamo così pensato a setti in cemento armato che andassero a confrontarsi anche brutalmente con la natura, per poi cercare un dialogo sostenibile e l’integrazione, grazie anche a materiali, anche locali e di artigianato locale, capaci di trasformarsi in base ai colori del paesaggio ed alle stagioni, e all’evolversi nel tempo”.
Tra le condizioni che, in base alla filosofia produttiva, hanno ispirato la Cantina Masseto, ha spiegato Hikaru Mori, fondatrice con Maurizio Zito, dello studio Zitomori, artefice del “tempio” del Masseto per Frescobaldi, tra le colline e il mare di Bolgheri (vincitrice del premio “In/Architettura Toscana 2020” come migliore intervento di nuova costruzione superiore ai 5 milioni di euro), “c’era quella di dare un’immagine individuale e forte alla cantina prima integrata all’interno della Tenuta Ornellaia e che rispecchiasse quella che il brand top di gamma Masseto ha a livello mondiale. Un luogo che, allo stesso tempo, rappresentasse un brand consolidato per altissima qualità e target, mirato per pochi conoscitori-intenditori, e fosse una perfetta macchina di produzione con il processo produttivo per gravità. Per questo abbiamo pensato ad una cantina completamente interrata nella collina, e che rappresenta una miniera da cui si estraggono materiali preziosi, e al concept di un’architettura che, come sempre nei nostri progetti, si sposa con la bellezza del territorio e dei suoi vigneti, realizzata non costruendo ma estraendo la massa monolitica e in materiali poveri che esaltano la preziosità del brand, con una parete mobile in pietra che nasconde il caveau dove si custodiscono le bottiglie di ogni annata, che trasformano la scaffalatura trasparente in una parete in vetro, con un effetto unico. Simbolico anche l’uso dell’argilla blu, nello spazio emerso della cantina, che è così sia rivelazione che mistero, e dal quale si ammira il mare, che rappresenta l’unicità del Masseto”.
Per la Cantina de Il Bruciato di Marchesi Antinori un aspetto fondamentale è che “la famiglia Antinori considera Bolgheri come una “seconda Firenze” - ha raccontato Fiorenzo Valbonesi dello studio Fiorenzo Valbonesi - asv3 - officina di architettura, che l’ha progettata - e se Antinori nel Chianti Classico rappresenta il ritorno alla terra, la Cantina de Il Bruciato è quella di un vino-fenomeno, una tipologia prodotta anche da altri e conosciutissima, ma ad accomunarle è la volontà di comunicare chi sono gli Antinori”, attraverso l’architettura, come nel Rinascimento. Un’architettura la cui scomposizione ritmica ricorda la successione di Fibonacci, “nelle facce diverse l’una dall’altra che si corrono dietro. Un edificio per il quale era richiesta qualità nel costruire e un buon impatto ambientale, con dune che nascondendo la cantina riducono al minimo l’imporsi nel paesaggio circostante di eccezionale bellezza. E stiamo per ultimare anche i lavori della nuova cantina ipogea di Guado al Tasso e Matarocchio proprio nel 2023. Lavorare a Bolgheri vuol dire lavorare in una condizione particolare: la Toscana è magica, e la luce di Bolgheri, riflessa nella Cantina de Il Bruciato, è unica, forse può ricordare quella dell’Etna, e non a caso sono tra gli ultimi grandi territori che si sono imposti nella scena internazionale, mentre per tutti gli altri il destino era già tracciato”.
L’ineguagliabile mix di arte, cultura, natura e artigianato è il driver di viaggio che fa della Toscana una terra pioniera dell’enoturismo, “un fenomeno che continua ad essere in grande crescita, genera indotto, incoraggia molti agricoltori a svolgere questa attività, non crea sudditanza tra cantine conosciute e altre che lo sono meno, perché giova a tutti e alla tenuta dei nostri territori”, ha detto Gennaro Giliberti, dirigente Agricoltura della Regione Toscana, nell’incontro (prosieguo ideale del “simposio” internazionale che nel 2020 vide protagoniste le cantine della rete “Toscana Wine Architecture”). Questo grazie ai suoi numeri, ma, ha sottolineato Roberta Garibaldi, autrice del “Rapporto sul Turismo Enogastronomico in Italia” e vice presidente della Commissione Turismo Ocse, anche a tendenze, dettate dalle esigenze degli enoturisti, come il fatto che l’enoturismo può e deve diventare un viaggio capace sempre più di abbinare alla passione per il vino, la volontà di conoscere luoghi e persone, approfondendone storia e tradizioni, e la ricerca di un benessere olistico, fisico e mentale, in contesti ambientali di pregio. La scoperta e la degustazione delle produzioni vinicole locali, sebbene sia centrale, non è più l’unica ragione del viaggio. Il valore culturale che il vino possiede, rappresentato da un mix unico tra prodotto, terroir e persone, pionieristicamente promosso da cantine come Ceretto, nelle Langhe del Barolo, attraverso l’arte, affascina ed attrae sempre più, di pari passo con la sostenibilità ambientale, economica e sociale delle aziende. I turisti, generalisti, “culturali”, attivissimi, trasversali per età, ritengono la visita alle cantine un’opportunità di arricchimento culturale, di entrare in contatto con l’identità, le tradizioni e la cultura, anche enologica, del luogo che stanno visitando, che può partire anche dalle città, con le “urban vineyards” o le produzioni che rinascono come il vino del Colosseo o di Pompei e che creano una nuova connessione tra urbano e rurale, o “hub” per conoscere il territorio ed i suoi prodotti prima di visitarlo come il “Tempio del Brunello” a Montalcino, progettato da Opera Laboratori. Questa ricerca del benessere, grazie all’amenità dei luoghi e alla dimensione salutare che stanno assumendo sempre di più il vino, ed il cibo, con sempre più aziende con ristoranti, rappresenta anche un momento di stacco dalla vita quotidiana. E tra le “mete dei sogni” non possono che esserci le cantine d’autore, dove nascono i più famosi vini italiani.
Avviso per i cultori del genere: da oggi al 19 febbraio è possibile ammirare le più belle e scenografiche cantine d’autore della Toscana e d’Italia, che raccontano il legame con i loro territori e tra architettura e vino, proprio a Palazzo Medici Riccardi a Firenze, nella mostra fotografica “Nuove Cantine Italiane. Territori e Architetture”, a cura della storica rivista Casabella (con il patrocinio di Regione Toscana, Città Metropolitana di Firenze, Federazione Architetti Ppc Toscani, Ordine degli Architetti Ppc di Firenze e Inarch/Toscana).
Focus - La mostra “Nuove Cantine italiane. Territori e Architetture”, da Verona alle Langhe, da Merano a Firenze
La mostra “Nuove Cantine Italiane. Architetture e Territori” è un progetto della rivista “Casabella”, realizzato in collaborazione con ProViaggiArchitettura. Una mostra fotografica dedicata alle cantine vinicole d’autore in Italia, che raccontano il territorio e il legame tra architettura e vino. Partita da Verona, in occasione e con il patrocinio di “Vinitaly”, la mostra si è spostata nelle Langhe, all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con il patrocinio di Slow Food, per poi trovare spazio a Merano nella Kunst Meran, in collaborazione con “Merano Arte” ed in occasione del “Merano Wine Festival”. La mostra giunge ora a Firenze, nella cornice di Palazzo Medici Riccardi, perché, delle 11 cantine in mostra (10 cantine e 1 distilleria), 4 si trovano in Toscana. A cura di Roberto Bosi e Francesca Chiorino ed allestita dallo studio Bricolo Falsarella nella Galleria delle Carrozze, è visitabile, con ingresso gratuito, dal 12 al 19 febbraio. Ad accompagnare la mostra è un catalogo edito da Electaarchitettura. La prossima tappa, sarà invece, come ha annunciato Roberto Bosi, il 10 giugno nella terra natale del poeta Giovanni Pascoli a San Mauro Pascoli, in Emilia Romagna, e in particolare a Villa Torlonia, un tempo cuore dei possedimenti rurali di proprietà dei Torlonia, amministrati dal padre Ruggero del piccolo Giovanni, che qui vide tornare la fedele “cavallina storna” senza di lui.
Le “Nuove Cantine italiane”
Alvisi Kirimoto, Cantina Poderenuovo (Siena)
Archea Associati, Cantina Antinori nel Chianti Classico (Firenze)
Bergmeisterwolf, Cantina Pacherhof (Bolzano)
Bricolo Falsarella, Cantina Gorgo (Verona)
Fiorenzo Valbonesi - asv3 - officina di architettura, Cantina de Il Bruciato (Livorno)
Made associati, Cantina Pizzolato (Treviso)
Markus Scherer, Nals Margreid (Bolzano)
Matteo Clerici, Fondamenta, hus, Cantina dei 5 Sogni (Cuneo)
Santi Albanese e Gaetano Gulino, Cantina Planeta, Feudo di Mezzo (Catania)
Werner Tscholl, Distilleria Puni (Bolzano)
Zitomori, Cantina Masseto (Livorno)
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