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“VINITALY”

Il valore del vino italiano cresce. E Unicredit e Nomisma eleggono i “Best Ambassador”

Da Masi a Umani Ronchi, da Planeta a Ricci Curbastro, da G.D. Vajra a Spinelli, da Feudi di San Gregorio a Cavit: un’analisi con oltre 90 indicatori

Da Masi Agricola, prestigiosa griffe dell’Amarone, a Umani Ronchi, simbolo della rinascita dell’enologia marchigiana, da Planeta, che ha portato il vino made in Sicily nel mondo, a Ricci Curbastro, che rappresenta da generazioni un pilastro della Franciacorta, da G.D. Vajra, riferimento storico delle Langhe, a Spinelli, ambasciatore dei vini abruzzesi, da Feudi di San Gregorio, firma campana tra le più note dell’enologia nazionale, a Cavit, colosso che con le sue consociate rappresenta il 60% dell’area vitata del Trentino: ecco le 8 cantine nominate “Best Ambassador” da Unicredit e Nomisma, attraverso un’analisi che ha preso in considerazione oltre 90 indicatori collegati, tra le altre cose, ad investimenti in sostenibilità ambientale e sociale, digitalizzazione, internazionalizzazione, premiumisation, brand reputation e valorizzazione territoriale.
I Premi “Unicredit Wine Award 2023” sono stati consegnati oggi a “Vinitaly”, dove è stato anche presentato lo studio Nomisma “Gli asset che creano valore per la filiera vitivinicola italiana”, a cura di Denis Pantini, che ha evidenziato come il record “sfiorato” degli 8 miliardi di euro di export del 2022 sia il risultato di un riposizionamento qualitativo, con i volumi di vino sfuso diminuiti dal 31% del 2012 al 19% del 2022, e quelli di spumanti cresciuti dal 9% al 24%. Nel frattempo l’export del vino italiano è cresciuto di quasi l’80% (a valore) verso i mercati del Nord America e dell’Asia. Nel convegno sono poi seguiti due interventi sullo scenario evolutivo del quadro di regolamentazione e di mercato da parte di Paolo De Castro, europarlamentare e presidente Comitato Scientifico di Nomisma, e Sandro Boscaini, presidente di Masi Agricola.
È arrivato alla tappa finale il percorso di analisi sul posizionamento competitivo delle filiere agroalimentari avviato da Unicredit e Nomisma, che dopo aver presentato a “Vinitaly” 2021 e 2022 rispettivamente il super-indice Agri4Index dedicato al rating della filiera vitivinicola italiana rispetto ai competitor europei e lo scoring delle regioni del vino, in questa occasione ha identificato le 8 imprese “Best Ambassador” del vino italiano. Attraverso la declinazione a livello aziendale dell’approccio metodologico utilizzato per le fasi precedenti (rating di filiera e scoring delle regioni del vino) e mediante un originale processo di assessment che ha preso in considerazione oltre 90 indicatori, si è giunti all’identificazione di 8 “Best Ambassador” tra le imprese che hanno partecipato a tale valutazione e che hanno ricevuto l’“Unicredit Wine Award”. Per Remo Taricani, Deputy Head di Unicredit Italia, che ha consegnato i Premi, “l’analisi pluriennale Unicredit-Nomisma ci ha permesso di individuare punti di forza e aree di miglioramento del mondo vitivinicolo italiano, un’eccellenza del made in Italy che già oggi sosteniamo con impieghi per 900 milioni di euro. Nel concreto, se da un lato siamo intervenuti con misure straordinarie per fare fronte alla complessa contingenza dei mesi scorsi, come il plafond da 1 miliardo di euro per la liquidità delle aziende agricole, dall’altro non abbiamo smesso di lavorare a fianco delle imprese per individuare nuove soluzioni per competere con successo sui mercati globali. Penso per esempio al Basket Bond di filiera, l’iniziativa congiunta con CDP che ci ha portato a strutturare ed emesso 12 minibond per un controvalore di Eur 67 mln, di cui 8 nello specifico settore del Vino, o all’acceleratore FoodSeed da noi recentemente costituito, insieme a CDP e Fondazione Cariverona, per sostenere le startup operanti nel Food e AgriTech”.
Nell’occasione è stato presentato lo studio Nomisma “Gli asset che creano valore per la filiera vitivinicola italiana”, a cura di Denis Pantini responsabile agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma), che spiega come “in uno scenario di consumi di vino in continuo movimento tra le diverse aree del mondo, il tema di come dare più valore alla filiera vitivinicola italiana e attraverso quali asset diventa sempre più fondamentale per garantire una continuità futura alle imprese del settore. Una premiumisation dei propri vini che le aziende italiane hanno indubbiamente messo in atto nel corso degli anni ma che ancora evidenziano dei gap di posizionamento rispetto ad alcuni competitor, primo fra tutti la Francia”.
E parlando di scenari evolutivi, in particolare sul fronte del quadro normativo, Paolo De Castro, europarlamentare e Presidente del Comitato Scientifico di Nomisma ha ricordato come “dopo la nuova Pac e il Green Deal che chiedono al settore agricolo e vitivinicolo un maggior impegno verso la sostenibilità ambientale, il vino si trova oggi al centro dell’attenzione delle politiche di salute pubblica. Anche per questo motivo, la riforma del sistema delle indicazioni geografiche assume una rilevanza strategica perché più il settore vitivinicolo sarà in grado di stare all’interno di coalizioni con altri comparti dell’agroalimentare europeo, più avremo strumenti di difesa dalle crescenti iniziative che vogliono relegarlo a un ruolo sempre più marginale delle politiche europee, quando non addirittura escluderlo”.

Focus - Indagine Unicredit-Nomisma: “Gli asset che creano valore per la filiera vitivinicola italiana: mercati, territori ed imprese”
Dall’indagine UniCredit-Nomisma presentata a “Vinitaly” è emerso che le imprese rappresentano un asset strategico per il valore della filiera vitivinicola italiana. Negli anni si sono evolute per rispondere alle continue sfide del mercato, generando valore non solo per sé stesse ma anche per i territori in cui sono inserite. Il record “sfiorato” degli 8 miliardi di euro di export del 2022 è il risultato di un riposizionamento qualitativo del portfolio vini venduti oltre i confini nazionali che in dieci anni ha visto scendere i volumi di vino sfuso dal 31% del 2012 al 19% del 2022 e contestualmente crescere quelli di spumanti dal 9% al 24%. Nello stesso tempo, l’export del vino italiano è cresciuto - a valore - di quasi l’80% verso i mercati del Nord America e dell’Asia, riducendo così il peso di quelli europei, più “facili” da raggiungere ma spesso meno profittevoli. Oltre a questo e ad indubbi investimenti sulla qualità finale del prodotto, ad un maggior presidio diretto dei mercati, ad una miglior segmentazione/differenziazione e a strategie multicanale, il prezzo medio all’export del vino italiano è aumentato di oltre il 60%, con punte superiori nel caso dei rossi fermi toscani e piemontesi.
Tali sforzi portati avanti dai produttori hanno permesso un posizionamento più alto per il vino italiano che oggi ci pone, rispetto ai competitor, a +60% nel prezzo medio all’export rispetto al vino spagnolo e +39% nei confronti di quello cileno. Ma è il -40% rispetto a quello francese (purtroppo la stessa differenza di dieci anni fa) che ci ricorda come non ci si debba cullare sugli allori. I gap da chiudere sono diversi. Per alcune regioni vinicole il peso dei vini generici (la tipologia che nelle vendite in gdo ha perso più del 15% a volumi in appena 5 anni) è ancora elevato: rispetto ad una media nazionale del 28% calcolata sulla produzione totale in quantità, arriva oltre il 40% in Emilia Romagna e Abruzzo e supera il 60% in Puglia.
E se le imprese del Sud Italia sono quelle che hanno mostrato una maggior dinamicità nell’export dell’ultimo decennio (quelle di Abruzzo, Puglia e Campania in particolare con crescite tra l’80% e il 100% rispetto ad una media nazionale del 65%), sono invece quelle del Centro-Nord ad evidenziare un maggior attivismo sui social per accrescere awarness e brand reputation tra i consumatori: il 64% delle imprese (tra le top 500 per fatturato) che utilizzano almeno 4 social (Facebook, Instagram, Twitter e Linkedin) sono situate al Nord, con quelle del Piemonte, Veneto e Trentino Alto Adige a vantare tra i 10 e i 16.000 followers medi per azienda, anche se il record spetta alle imprese vinicole toscane con quasi 37.000 followers.

Focus - I “Best Ambassador” del vino italiano per Unicredit e Nomisma
Il percorso di assessment che ha individuato i “Best Ambassador” del vino italiano ha preso in considerazione oltre 90 indicatori ottenuti attraverso l’analisi dei bilanci aziendali, dei siti web e delle principali guide di settore nonché dalla somministrazione di un questionario rivolto alle aziende che hanno partecipato alla valutazione (circa 150). Tali indicatori hanno riguardato diversi ambiti collegati al posizionamento di mercato, all’internazionalizzazione, agli investimenti in sostenibilità e digitalizzazione, alla premiumisation dei propri vini, ad interventi per la valorizzazione sociale e territoriale, allo sviluppo della brand reputation.
G.D. Vajra (Piemonte): cantina da sempre legata alle tradizioni e al territorio di appartenenza, capace nel tempo di affermarsi con prodotti che hanno raggiunto livelli qualitativi sempre più elevati. E proprio quest’ultimo punto ha portato Vajra in cima alla classifica piemontese dell’UniCredit Wine Award: investimenti in vigna e in cantina, assieme al rafforzamento della presenza sui mercati internazionali, hanno reso evidente un percorso di premiumization distintivo. Menzione di merito anche all’attenzione nei confronti della sostenibilità ambientale e sociale, che permette di mantenere e migliorare negli anni il posizionamento dei propri prodotti.
Ricci Curbastro e Figli (Lombardia): innovazione e sostenibilità le parole d’ordine che hanno portato l’azienda a vincere il premio UniCredit Wine award. Dal 2017 è tra le prime nove aziende in Italia, prima in Lombardia, certificata come “Azienda Sostenibile” secondo lo standard Equalitas per il proprio impegno sotto il profilo ambientale, economico e sociale. Significativo l’incremento degli investimenti negli ultimi 3 anni e rosee le previsioni di crescita per il futuro.
Masi Agricola (Veneto): il premio UniCredit Wine Award vuole valorizzare Masi perché il suo livello di awareness e reputation presso il consumatore italiano e internazionale hanno contribuito a rafforzare il posizionamento dell’Amarone e in generale dei vini made in Italy nel mondo. Distintività sui mercati e posizionamento di prezzo sono dunque i fattori che maggiormente hanno contribuito a portare in alto il nome di Masi nella classifica dell’Unicredit Wine Award.
Umani Ronchi (Marche): i risultati dell’UniCredit Wine Award fanno emergere come l’azienda sia tra le più alte nella classifica dei best ambassador per il vino italiano, punteggio totale trainato soprattutto dal dominio che misura il contributo dell’azienda alla valorizzazione del territorio. L’azienda si è distinta inoltre per una elevata propensione all’export oltre ad una buona reputation/awareness presso il consumatore.
Spinelli (Abruzzo): l’azienda vince l’UniCredit Wine Award perché si è distinta per un elevato valore degli indicatori relativi a digitalizzazione e innovazione ma anche per una significativa presenza nei mercati emergenti.
Feudi di San Gregorio (Campania): dai risultati dell’analisi di Nomisma Wine Monitor è risultata una delle aziende che più si sono distinte per un percorso di premiumization e internazionalizzazione. Ottimo punteggio anche nell’ambito della sostenibilità, ambientale ma anche economica e sociale.
Planeta (Sicilia): l’impegno nel sociale ma anche tutte le iniziative nel campo della sostenibilità, in primis quella ambientale, con un impegno profuso nella tutela del paesaggio, la bioarchitettura, l’utilizzo di energie rinnovabili, fanno di Planeta una delle aziende best ambassador del vino italiano.
Cavit (Trentino-Alto Adige): Unicredit e Nomisma Wine Monitor hanno voluto premiare Cavit per un particolare progetto intrapreso dall’azienda, espressione della propensione all’innovazione e della tecnologia in vigna: il progetto Pica. Pica è acronimo di Piattaforma Integrata Cartografica Agriviticola ed è una delle più avanzate piattaforme tecnologiche in Italia per l’implementazione di una viticoltura di precisione, intelligente ed eco-sostenibile.

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