I “cru”, territoriali o aziendali, sono sempre più importanti nel mercato di vino di alto livello. E la loro valorizzazione, oltre che dal calice e dallo “storytelling”, passa anche dalla ricerca. E ha dato sostanza scientifica alle differenze sensoriali avvertite in vini provenienti da diversi cru lo studio, commissionato dalla famiglia Tedeschi, alla guida di una delle più celebri realtà della Valpolicella e dell’Amarone, suo vino principe, al professor Maurizio Ugliano in collaborazione con il Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona a cui appartiene, che ha identificato su base chimica la “firma aromatica” del terroir.
Esprimere “il senso del luogo di un vino” è una costante della filosofia dell’azienda Tedeschi fin dal 1964 quando Renzo Tedeschi - 90 anni appena compiuti - decise di vinificare separatamente le uve del vigneto Monte Olmi. “Una lungimiranza che si è conservata anche nel passaggio generazionale”, come ha sottolineato Sabrina Tedeschi, che, con i fratelli Antonietta e Riccardo, ha voluto avviare nel 2017 questo studio, per dare concretezza alla pionieristica all’intuizione del padre circa l’esistenza di un codice chimico che esprime il luogo di provenienza del vino.
I primi risultati dello studio, presentati nel 2021, avevano individuato i caratteri aromatici delle uve e dei vini da singoli vigneti e identificato i principali fattori coinvolti nella loro espressione. A distanza di due anni è stato fatto un passo in avanti molto importante che peraltro ha ricadute generali sulla conoscenza delle sostanze olfattive del vino.
“Dopo essere arrivati a identificare l’impronta aromatica delle singole particelle di vigneto e aver verificato che rimane invariata dal punto di vista qualitativo indipendentemente dall’andamento dell’annata - ha illustrato Riccardo Tedeschi, che è dei tre fratelli l’enologo - con questa nuova fase della ricerca abbiamo voluto capire la sua evoluzione nel tempo”.
Tuttavia se nei vini provenienti dallo stesso vigneto, anche in annate differenti, all’analisi sensoriale è abbastanza facile avvertire marcatori caratterizzanti, la loro individuazione analitica è al contrario molto difficile. “Abbiamo identificato scientificamente l’identità aromatica dei vini provenienti dai vigneti di La Fabriseria e Monte Olmi che già avevano individuato sensorialmente - ha sottolineato Maurizio Ugliano nella presentazione dei risultati nell’azienda della Valpolicella - dando nome e cognome ai composti volatili che li determinano. Conoscerli può indirizzare la gestione del vigneto e le pratiche di cantina”. E non è stata cosa semplice, tant’è che ad oggi nel mondo sono pochissimi gli studi a riguardo. Le difficoltà sono tante ed enormi, dalle tecniche di analisi alla numerosità delle sostanze volatili, alla loro natura e concentrazione. “Per analizzare l’aroma - ha spiegato Ugliano - non si può utilizzare il vino tal quale perché i composti aromatici sono presenti in tracce e quindi bisogna prima estrarli. Abbiamo utilizzato 4-5 differenti metodi di analisi della frazione aromatica, costituita da diverse centinaia di sostanze di cui però solo un numero contenuto è odoroso. Infatti, alcuni dei composti che contribuiscono alle firme aromatiche non sono presenti nelle uve o nei vini giovani, ma si formano con l’invecchiamento. Non solo. Il 50% non ha odore, alcune di esse ne hanno uno decisamente sgradevole e solo combinandosi, come in un coro, producono ciò che avvertiamo all’olfatto. Inoltre la loro concentrazione varia con l’annata e con la presenza o meno di appassimento delle uve”. E proprio la comprensione dell’origine di alcuni dei composti che definiscono l’aroma e con essa il loro ruolo nell’invecchiamento degli Amarone rappresenta un aspetto particolarmente qualificante e affascinante dello studio.
“Nel caso dei campioni di Amarone ottenuti dal vigneto Monte Olmi, attraverso la collaborazione che da anni il Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona ha con le università di Bordeaux e Federico II di Napoli - ha proseguito Ugliano - si è potuto mettere in evidenza l’elevato contenuto di alcuni terpeni finora poco noti, in grado di supportare nel tempo la freschezza aromatica e quindi la longevità del vino. “In particolare, le analisi hanno mostrato che alcuni Amarone, tra cui quelli dell’azienda Tedeschi, si distinguono per la presenza di alcune sostanze odorose dalle caratteristiche olfattive complesse. Tra queste, i cineoli sono di particolare interesse in quanto supportano l’espressione di note aromatiche balsamiche che ricordano a tratti l’odore delle foglie di eucalipto. Affinché i vini possano sviluppare nel tempo questi caratteri, è importante che nelle uve siano presenti alcuni composti, aromaticamente poco odorosi e quindi spesso trascurati dai ricercatori, che poi nell’ambiente debolmente acido del vino formano lentamente i cineoli stessi. Si tratta quindi a tutti gli effetti di una riserva di precursori d’aroma che nel tempo contribuisce ad arricchire il profilo aromatico del vino con nuovi caratteri. L’aspetto interessante è che l’appassimento, in particolare nel caso della varietà Corvina, aiuta la formazione di precursori d’aroma specifici a supportare poi lo sviluppo di questi sentori balsamici, attraverso meccanismi che ancora non comprendiamo del tutto”.
Grazie all’impiego di un nuovo metodo di analisi messo a punto dal Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, inoltre, è stato evidenziato il contributo, alle firme aromatiche dei vini, di un altro composto finora poco studiato nei vini rossi italiani, ossia il dimetil solfuro. Si tratta di un composto aromatico che a concentrazioni elevate impartisce al vino odori che ricordano il tartufo e il sottobosco, mentre se presente a livelli più bassi supporta l’espressione di note odorose di frutti neri e cassis. Nei vini giovani esso è pressoché assente, mentre con l’invecchiamento aumenta in maniera significativa ed è considerato un aroma chiave nel bouquet di invecchiamento dei rossi di Bordeaux e di quelli della valle del Rodano a base Syrah.
“Nel nostro studio - ha concluso Maurizio Ugliano - abbiamo riscontrato livelli elevati di dimetil solfuro in vini ottenuti da uve con un particolare profilo circa i composti azotati, riflesso delle interazioni suolo-pianta. Appare legittimo quindi considerare questo composto come uno dei fattori chiave nell’espressione aromatica del terroir di un vino. Nel caso dei terroir studiati, il vigneto Fabriseria e una specifica parcella all’interno della tenuta di Maternigo sono risultati maggiormente associati allo sviluppo di dimetil solfuro nel corso dell’invecchiamento del vino”. “Lo studio conferma, una volta di più - ha sottolineato Riccardo Tedeschi - che l’Amarone è un vino di terroir, dal quale dipende la produzione di vini con caratteristiche di complessità, corpo ed eleganza diverse da qualsiasi altro. A noi il compito di scegliere i vigneti più idonei e di lavorare le uve in modo da farne sprigionare il massimo potenziale”.
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