Incassato il via libera al divieto di qualcosa che ancora non c’è in commercio, come la “carne sintetica”, per la Coldiretti ora, “dopo l’approvazione definitiva della legge per fermare i cibi costruiti in laboratorio nei bioreattori, la battaglia si sposta in Europa dove l’Italia, che è leader mondiale nella qualità e sicurezza alimentare, ha il dovere di fare da apripista nelle politiche di tutela della salute dei cittadini”. Intanto, però, la “battaglia”, o meglio la rissa, si è sfiorata a Roma, dove il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, ed il deputato di +Europa, Benedetto della Vedova, sono quasi venuti alle mani. “La mia reazione non è stata esagerata, penso che lui meritasse che gli dicessi ciò che pensavo. Subito siamo stati divisi, ma non ce n’era motivo”, avrebbe commentato a caldo Prandini (fonte: La Presse), rispondendo ai cronisti che hanno chiesto se intendesse scusarsi dopo la spinta a Della Vedova. “No, perché lui non ha chiesto scusa al lavoro che fanno i nostri agricoltori e soprattutto, ha aggiunto Prandini, chi insulta l’intelligenza degli agricoltori italiani poi deve anche accettare che in un confronto anche gli animi si possono animare. È venuto lui a cercare la provocazione”.
“Esporre dei cartelli con la scritta “coltivate ignoranza” è una inaccettabile provocazione che offende 2 milioni di agricoltori italiani che tutti i giorni assicurano cibo al Paese con il loro lavoro”, si legge inoltre in una nota ufficiale di Coldiretti, secondo cui quella andata in scena a Roma è stata “una manifestazione regolarmente autorizzata che si è svolta in maniera assolutamente pacifica - sottolinea Prandini - e, grazie agli uomini, alle donne e ai giovani della Coldiretti, i quali hanno lasciato le proprie aziende con l’obiettivo di festeggiare l’approvazione di una legge che va nell’interesse non solo dell’agricoltura italiana ma di tutti i cittadini di questo Paese. Chi chiede rispetto per le istituzioni deve essere il primo a rispettare i cittadini che manifestano liberamente.
Dinanzi ad un comportamento che non fa certo onore al ruolo di parlamentare - continua Prandini - Coldiretti si riserva di tutelarsi in tutte le sedi. Affidiamo la rappresentanza dei nostri diritti e dei nostri interessi alle persone che eleggiamo in Parlamento e ci aspettiamo che esse ricoprano con onore l’incarico affidato e che non strumentalizzino mai le immunità di cui godono. L’atteggiamento di Della Vedova e Magi tradisce le prerogative parlamentari trascendendo nell’insulto gratuito e provocatorio nei confronti di coloro che - conclude Prandini -, non godono di tali prerogative”.
Intanto, il decreto fortemente voluto dal Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida, è passato in via definitiva alla Camera ed al Senato, Coldiretti e Prandini esultano: “non è la prima volta che facciamo da pionieri in Europa” precisa Prandini nel ricordare che “l’Italia proprio grazie al pressing di una raccolta di firme della Coldiretti è stata il primo Paese ad adottare norme nazionali per l’obbligo di etichettatura di origine degli alimenti verso il quale si sta progressivamente allineando l’Unione Europa con il superamento di dubbi e contestazioni, a livello nazionale e comunitario, che fanno ormai parte del passato”.
La legge, sempre secondo la Coldiretti, “è, dunque, un impegno a difesa della dieta mediterranea ma anche un segnale importante per l’Unione Europea che, nel rispetto del principio di precauzione, ha già portato da oltre 40 anni a mettere al bando negli alimenti l’uso di ormoni che sono invece utilizzati nei processi produttivi della carne a base cellulare. Peraltro - precisa la Coldiretti - la Commissione Agricoltura dell’Europarlamento si è già espressa sulla carne artificiale coltivata nella risoluzione sulle proteine, respingendo a larga maggioranza un emendamento che individuava nelle proteine coltivate in laboratorio una delle possibili soluzioni al problema della dipendenza degli allevamenti europei dagli approvvigionamenti dall’estero. Il provvedimento, varato dal Parlamento, pone, dunque, il nostro Paese all’avanguardia e trova terreno favorevole anche in buona parte dell’opinione pubblica europea dove si sta diffondendo una nuova consapevolezza circa i pericoli legati a una tecnologia dai contorni oscuri, con molte incognite che rischia di cambiare per sempre la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda”.
Una eventuale richiesta di autorizzazione alla commercializzazione che dovesse pervenire all’Unione Europea - secondo la Coldiretti - non potrebbe essere valutata con le procedure ordinarie dei novel food ma per gli ingredienti utilizzati vanno applicate nell’Unione Europea le stesse procedure previste per i medicinali, che necessitano di approfondite prove sperimentali. Una esigenza alla luce del fatto che, dalle allergie ai tumori, sono 53 i pericoli potenziali per la salute legati ai cibi prodotti in laboratorio individuati nel Rapporto Fao e Oms che parla di “Cibo a base cellulare”, definizione considerata più chiara rispetto al termine “coltivato” (ad esempio “carne coltivata”), preferito dalle industrie produttrici perché più accattivante ma ritenuto essere fuorviante dalle due Autorità mondiali, che rilevano peraltro come la parola “sintetico” sia usata anche dal mondo accademico oltre che dai media.
“Non è un caso che in Paesi dove è stata consentita la vendita come Israele, prima del consumo, venga chiesta - precisa Coldiretti - la firma su una liberatoria dalle responsabilità e conseguenze sulla salute. Ma pesano le preoccupazioni anche sul piano ambientale. I risultati della ricerca, realizzata da Derrick Risner ed i suoi colleghi dell’Università della California a Davis, hanno evidenziato che il potenziale di riscaldamento globale della carne sintetica definito in equivalenti di anidride carbonica emessi per ogni chilogrammo prodotto è da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale”.
Ovviamente, lo scontro ideologico, però, si allarga, si fa politico, ed insorgono anche le associazioni ambientaliste ed animaliste. Secondo “Essere Animali”, “il divieto del Governo italiano è un freno all’innovazione e allo sviluppo sostenibile. Dopo un acceso dibattito in aula l’Italia ha ufficialmente approvato il disegno di legge che prevede il divieto di produzione e vendita di carne coltivata e l’uso di termini che ricordano i prodotti animali, come “salame” o “bistecca”, per i prodotti vegetali. Essere Animali esprime ancora una volta profonda preoccupazione per una decisione che frena ingiustamente un settore - quello delle proteine alternative - che ha un doppio vantaggio: da un lato, non contribuisce all’allevamento intensivo di animali, e dall’altro, gioca un ruolo importante nel ridurre le emissioni di gas climalteranti generate dal settore alimentare”.
Nel caso della carne coltivata nello specifico, sostengono gli animalisti, questa misura avrà il grave effetto negativo di rendere impossibile lo sviluppo di aziende italiane in un settore potenzialmente in grande crescita, capace di creare posti di lavoro e indotto economico. Inoltre spingerà alla fuga ricercatori e ricercatrici italiani interessati a lavorare in questo settore. Infine, limiterà la libera competizione nel mercato e la libera scelta di cittadine e cittadini di mangiare ciò che desiderano. Un sondaggio, condotto tra i consumatori italiani, rivela che il 55% è interessato all’acquisto di carne coltivata, mentre il 75% crede che sia necessario ridurre il consumo di carne convenzionale. Per quanto riguarda invece l’impatto sull’ambiente, studi peer-reviewed - a differenza di quello non ancora soggetto a revisione paritaria che è spesso citato per osteggiare la carne coltivata - dimostrano che la carne a base cellulare potrebbe ridurre, in confronto alla carne bovina convenzionale, le emissioni fino al 92%. Potrebbe, inoltre, tagliare fino al 94% l’inquinamento atmosferico associato alla produzione di carne e fino al 90% l’utilizzo di terreni”.
“Questa legge dice agli italiani cosa possono o non possono mangiare, soffoca l’innovazione e quasi sicuramente viola il diritto comunitario. È davvero scoraggiante che l’Italia venga esclusa da una nuova industria che crea posti di lavoro e che venga impedito di vendere alimenti più rispettosi del clima. Un tempo pioniera per innovazioni che hanno cambiato il mondo, come la radio, i microchip, le batterie, le automobili e la moda, i politici italiani scelgono ora di far tornare indietro l’Italia mentre il resto del mondo va avanti” ha commentato l’Alleanza Italiana per le Proteine Complementari, che riunisce imprese di settore, ricercatori e associazioni no profit.
“Con questa decisione l’Italia punta esclusivamente a tutelare un settore produttivo, la zootecnia, che contribuisce alla crisi climatica e causa gravi sofferenze negli animali. Non sono solo le organizzazioni come Essere Animali a esprimere sgomento per questa decisione antiscientifica e ideologica, anche voci eminenti come quelle della scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo hanno preso posizione contro il disegno di legge, definendola “una legge-manifesto” inutile e “cara a Coldiretti”, a riprova della palese relazione privilegiata tra la maggioranza di governo e i portatori di interesse nell’industria zootecnica”, dichiara Claudio Pomo, responsabile sviluppo di Essere Animali.
Intanto, però, le cose vanno avanti: “notificheremo la legge all’Europa subito dopo la sua approvazione come avvenuto in tante altre circostanze. Auspichiamo che l’esempio italiano - aveva detto, nei giorni scorsi, il Ministro Lollobrigida - venga seguito a livello europeo, con lo stesso modello con il quale si scelse di evitare gli Ogm nel continente. Un buon governo quando c’è una richiesta così forte si chiede se è una cosa giusta, e se la condivide, l’approva il più rapidamente possibile. Sono orgoglioso che l’Italia sarà tra qualche giorno la prima Nazione a proibire un prodotto che c’entra poco con quello che è il nostro sistema alimentare e produttivo, e mette in discussione la stessa cura dell’ambiente, che passa dai nostri agricoltori e dai nostri allevatori. Il rapporto tra alimenti, terra e uomo è un rapporto millenario che non può essere riproposto in laboratorio. Se si arrivasse a una standardizzazione del cibo, l’elemento della qualità passerebbe in secondo piano e non avrebbe più ragion d’essere. Sostenere che la sicurezza alimentare si possa garantire attraverso questo meccanismo, significa dire che non si vogliono dare alimenti di qualità a tutti. Non ci arrendiamo all’idea che ci sia un mondo nel quale una élite possa continuare a mangiar bene e miliardi di persone siano costrette a nutrirsi con prodotti alla stregua di un carburante per sopravvivere. Una società divisa in due non appartiene alla nostra cultura e la respingiamo fermamente”.
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