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VINO E TERRITORIO

Slow Wine Fair 2024, le storie dei produttori al centro. Storie “di resilienza, cura, rinascita”

A BolognaFiere, dal 25 al 27 febbraio. Mentre, dal 23 al 25 novembre, torna il Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti (Fivi)
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Cinzia Merli, con i figli Elia e Mattia Campolmi, alla guida de “Le Macchiole” a Bolgheri

Storie che raccontano il mai banale tema del passaggio generazionale alla guida di una cantina, dove si cerca di non tradire la storia ma guardando al presente e al futuro; storie di coraggio, come quelle di chi, oggi, in un settore iper competitivo come quello del vino, decide di partire da zero; storie di progetti che legano vigna e famiglia, e quindi storie di vita, che a volte il destino stravolge, ma che riescono ad andare avanti con grande forza e convinzione. Storie di “resilienza, cura, rinascita”, che sono quelle dei viticoltori e dei produttori della “Slow Wine Coalition”, che, insieme a masterclass, degustazioni e business, saranno al centro della “Slow Wine Fair” https://slowinefair.slowfood.it/, la kermesse targata BolognaFiere e Sana, con la regia Slow Wine, all’insegna del vino “buono, pulito e giusto”, di scena dal 25 al 27 febbraio a Bologna, dove il tema centrale sarà “la salute del suolo per la salute del vino”. E con alcune storie emblematiche, peculiari, ma che toccano temi di ampio respiro, nel mondo del vino.
Come quella di Isabella Pelizzatti Perego, che con i fratelli Emanuele e Guido conduce la cantina ArPePe, uno dei simboli della Valtellina, nata nel 1860 dal trisnonno Giovanni, rinata nel 1984 grazie al padre Arturo e cresciuta sotto la loro guida dal 2004. In Valtellina, sui terrazzamenti di Sassella, Grumello e Inferno, l’azienda ha attuato cambiamenti importanti in vigna e in cantina: “senza tradire la visione di nostro padre Arturo, abbiamo ampliato il catalogo con vini più giovani e di pronta beva, lavorando su nuovi ettari di vigneto, e oggi sono quindici quelli dai quali otteniamo i vini ArPePe”, spiega Isabella. Vini che raccontano la rinascita di un territorio difficile, ricco di pendenze, lavorato interamente a mano in regime di agricoltura integrata. Qui il Nebbiolo valtellinese, spiega una nota di Slow Wine, sta alle Alpi Retiche come in Campania il Greco sta a Tufo. Angelo Muto, alla guida di Cantine dell’Angelo insieme alla moglie Franca Troisi, è un testimone d’eccellenza del vitigno che ha contribuito a cambiare l’identità del comune dell’avellinese. “I miei nonni lavoravano presso la miniera di zolfo, ma queste entrate non bastavano al sostentamento della famiglia, mentre l’agricoltura costituiva un’importante integrazione del reddito”. Deviando dalla tradizione di famiglia, che le uve le produceva per conferirle a terzi, Angelo ha deciso di vinificare in proprio a partire dal 2006, memore degli insegnamenti appresi dal nonno. “A Tufo siamo gli unici a coltivare ancora la coda di volpe, un’antica varietà a bacca bianca caratteristica della regione, più leggera e meno strutturata rispetto al greco. Come sosteneva mio nonno, diversificare permette di essere più resilienti e più pronti ad affrontare i problemi”.
Ma non ci sono solo eredità familiari e passioni tramandate: a Slow Wine Fair 2024 troviamo anche chi, nel mondo della viticoltura, ha piantato radici nuove in territori vocati, come Edoardi Dottori, della cantina omonima a Maiolati Spontini (Ancona). Trentatré anni, Premio miglior giovane Vignaiolo nella guida Slow Wine 2024, Edoardo Dottori si è nutrito di cultura contadina nell’areale dei Castelli di Jesi, conseguendo gli studi universitari in viticoltura ed enologia, e un dottorato sull’inerbimento in vigna, che è per lui “il tassello fondamentale nella gestione del vigneto, a maggior ragione nel contesto di eventi climatici sempre più estremi”. In pochissimo tempo Edoardo si è imposto come protagonista indiscusso nel mondo dei grandi Verdicchi, dando vita a una viticoltura sostenibile, sartoriale e avanguardista. Ma il suo percorso non si esaurisce qui: “oggi insegno in una scuola di agraria per trasmettere le mie competenze e la mia passione, e permettere ai miei studenti di apprezzare la bellezza di questo lavoro”. Quello del vignaiolo non è, infatti, solo un mestiere che si apprende, ma una vocazione innata nei confronti del territorio. Ne è la prova la storia di un giovane viticoltore che è “tornato alla terra” nel senso più letterale del termine. Ermanno Maniero, che ha lavorato a lungo come ingegnere sottomarino, oggi coltiva diciassette varietà di uva su quattordici ettari di terreno in un angolo delle colline di Gorizia. Nella sua azienda, Le Due Torri, non c’è un enologo, né un maestro di cantina. Ermanno fa tutto da solo, dalla vigna alla bottiglia. Da un lato, onora la grande tradizione vitivinicola del Friuli e i suoi vitigni autoctoni, come il picolit e il tazzelenghe, dall’altro sperimenta per trovare nuove interpretazioni e ridare vita a questo terroir. “Sto diminuendo la pressione che il lavoro in vigna esercita sul suolo utilizzando nuovi mezzi. Questo riduce al minimo i livelli di compattazione del terreno e ne consente una maggiore aerazione, preservando la sua fertilità”.
Ma ci sono storie che vanno oltre il progetto agricolo, con vite e vita che si fondono. “È la follia ad averci fatto iniziare”, afferma Marianna Annio, a capo delle Agricole Pietraventosa, a Gioia del Colle, sull’Altopiano delle Murge. Una risposta analoga a quella che danno altri viticoltori di prima generazione come Marianna e suo marito, che alla follia hanno affiancato l’amore e il desiderio di regalare a loro figlio Vincenzo, oggi 23 anni, un futuro diverso: sette ettari di terreno nei quali portare avanti una viticoltura gentile e un’enologia non invasiva, capace di preservare l’identità e la personalità dei vini. “Tutti gli investimenti importanti che abbiamo fatto sono determinati da questo sguardo al futuro. Abbiamo voluto dare a Vincenzo un domani più autentico. Che avesse qualcosa a che spartire con la terra pugliese e con la Terra in senso lato. E che fosse eticamente corretto”. A Pietraventosa, spiega ancora Slow Wine, tutti i lavori sono ispirati al massimo rispetto per l’ambiente e le risorse del territorio, anche in annate difficili, che hanno visto alternarsi attacchi fungini e fenomeni estremi, oggi sempre più frequenti. La fertilità del suolo, il suo benessere, è infatti uno tra i principali alleati contro la crisi climatica, di cui si avvertono gli effetti anche tra le colline toscane. Come racconta Cinzia Merli, che, negli anni Ottanta, ha avviato con il marito Eugenio Campolmi un progetto pionieristico, Le Macchiole, condotto oggi insieme ai figli Elia e Mattia, e tra i punti di riferimenti del vino di Bolgheri. “Siamo nati nel 1983, con l’idea di sperimentare e fare ricerca e tanta voglia di battere strade alternative, ad esempio la scelta del monovitigno come tratto stilistico distintivo della nostra produzione”. E dopo il vitigno, la sperimentazione è proseguita nel campo della sostenibilità: “già nel 2002 avevamo scelto di avere un approccio sostenibile. L’applicazione di metodi biologici, e biodinamici in alcune vigne, coadiuvata da un’attenta gestione agronomica a 360 gradi della vite, fornisce infatti un maggiore grado di resistenza della pianta», spiega Cinzia. Un percorso ancora in divenire, praticato con la volontà di ottenere un vino che possa definirsi buono, pulito e giusto: “Per noi, è un vino prodotto in maniera naturale e onesta, che racconta se stesso e le persone che lo hanno creato”. Sono solo alcune storie emblematiche, tra le tante possibili, da incontrare e da farsi raccontare, con un calice in mano, alla Slow Wine Fair 2024.

Focus - Dal 23 al 25 novembre 2024, a BolognaFiere, anche il Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti Fivi n. 13 (a Bologna, dopo il debutto del 2023)

L’edizione n. 1 a Bologna del Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti della Fivi è stata un successo conclamato. E così, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti e BolognaFiere, dopo il “buona la prima”, annunciano le date della prossima edizione: da sabato 23 a lunedì 25 novembre 2024. 985 Vignaioli e più di 26.000 ingressi distribuiti nei tre giorni, due associazioni di Vignaioli stranieri e 29 olivicoltori della Federazione Italiana Olivicoltori Indipendenti - che ha già confermato la partecipazione all’edizione 2024, rinnovando un’alleanza strategica tra produttori agricoli - i numeri del successo dell’edizione n. 13 del Mercato, la prima a Bologna dopo i tanti anni di Piacenza.
“Il nostro impegno a Bologna è dedicato - dichiara Lorenzo Cesconi, presidente Fivi - a realizzare un Mercato dei Vini 2024 che sia all’altezza delle aspettative di tutti: vignaiole e vignaioli, appassionati, operatori. Abbiamo imparato molto e sappiamo perfettamente cosa va messo a punto e migliorato. Per Fivi, il Mercato dei Vini è una sorta di manifesto concreto dei nostri valori e dei nostri obiettivi associativi: per questo lo curiamo con tanta attenzione e con la stessa passione con la quale lavoriamo i nostri vigneti e produciamo i nostri vini. Ed è questo che lo rende unico, tra i tanti eventi del vino italiano”.
“L’esordio a Bologna del Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti è stato molto positivo: pur avendo potuto comunicare solo in primavera, quindi con un preavviso di pochi mesi, che l’evento si sarebbe trasferito a Bologna, abbiamo incontrato un’adesione entusiasta al nuovo progetto da parte degli espositori - commenta il direttore delle Manifestazioni Dirette di BolognaFiere, Domenico Lunghi - che ci hanno anche aiutato ad invitare in fiera tanti loro clienti qualificati. I visitatori, oltre ad apprezzare l’offerta delle numerose cantine e dei produttori di olio presenti, hanno espresso dei feedback molto favorevoli sul contesto in cui è stata organizzata la manifestazione. Il buon esito dell’edizione n. 1 a Bologna è stato, inoltre, sancito dalla partecipazione del pubblico alle iniziative “off” che abbiamo promosso nella città di Bologna, insieme a Confcommercio Ascom e Amo: possiamo affermare che il Mercato Fivi, le sue cantine e i suoi valori siano stati accolti con slancio dall’intera comunità. La collaborazione, avviata con Fivi, è solo all’inizio, ma il Mercato dei Vini si è già ritagliato un ruolo centrale nell’articolato calendario di appuntamenti che BolognaFiere - caso unico in Italia - mette a disposizione del comparto agroalimentare, rappresentando così sempre più nettamente il polo espositivo leader per la ristorazione food e beverage”.

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