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VISIONI DI FUTURO

“Le zone vocate possono reggere meglio il cambiamento climatico”. Parola di Angiolino Maule

Il domani del vino italiano secondo l’esperto viticoltore e presidente VinNatur (Associazione Viticoltori Naturali)
ANGIOLINO MAULE, BIODIVERSITÀ, CAMBIAMENTO CLIMATICO, VINI NATURALI, VINNATUR, VITICOLTURA NATURALE, VOCAZIONE, Italia
Angiolino Maule, presidente VinNatur - Associazione Viticoltori Naturali

Che si produca troppo vino rispetto a quello che si consuma, negli ultimi anni, è un dato di fatto, come lo è il cambiamento climatico, con i suoi effetti sempre più impattanti, anche sulla vite. E se cresce tra gli addetti ai lavori la convinzione che negli anni della crescita del business enoico, forse, si è piantato vigna anche in territori poco vocati, tutti gli studi legati al climate change, ma anche alle proiezioni del mercato enoico, lasciano intuire che la dimensione del vigneto Italia, prima o poi inizierà a contrarsi. E “sono le zone vocate quelle che possono reggere meglio il cambiamento climatico. I fenomeni meteorologici sempre più estremi non aiutano i vignaioli a lavorare in serenità e proprio per questo bisognerà abituarsi ad affrontare queste situazioni con intelligenza e con la consapevolezza che tali estremizzazioni hanno un impatto negativo minore nelle zone storiche per la viticoltura, dove l’adattamento dei vitigni autoctoni è più radicato. Al contrario, la coltivazione della vite “importata” in zone meno vocate sta soffrendo maggiormente”. Pensiero di Angiolino Maule, viticoltore di lungo corso, produttore e vignaiolo con la cantina La Biancara, a Montebello Vicentino, e presidente VinNatur (Associazione Viticoltori Naturali).
“I vignaioli e le diverse denominazioni dovrebbero cominciare ad adeguarsi a questa nuova normalità - spiega Maule - questa situazione implica sfide significative, ma anche opportunità, che richiedono un ragionamento profondo e un rinnovato approccio da parte dei produttori. Bisogna comunque distinguere realtà come la Sicilia, dove assistiamo a una siccità mai vista, o l’Alsazia, dove oggi è consentito piantare Chenin Blanc e Vermentino nella denominazione, e regioni come il Veneto dove ormai ci sono troppi vigneti in pianura e sempre meno in collina”.
Adattabilità, intelligenza e continua formazione le chiavi per affrontare al meglio le sempre più frequenti situazioni di emergenza. La riflessione di Maule, nasce dal fatto che, tracciando una panoramica delle differenti situazioni lungo la Penisola, esse appaiono molto diverse. “A Nord-Ovest la piovosità dei mesi primaverili - pari a 1,500 millimetri, un valore doppio rispetto alla media - ha messo alla prova i vignaioli associati, con consistenti perdite dovute alla peronospora, mentre al Centro-Sud le temperature elevate e la siccità stanno influenzando in modo pesante la raccolta delle uve già iniziata. A livello qualitativo bisognerà attendere la fine delle fermentazioni, mentre le produzioni medie sono generalmente nella norma”.
L’Associazione VinNatur, da diversi anni, affianca i viticoltori soci con un supporto continuo tramite convegni, corsi di formazione dedicati a tecniche produttive e di gestione del vigneto, collaborazioni con agronomi ed entomologi che operano per risvegliare il vigneto e riportare un equilibrio ottimale. Tra queste è attivo il monitoraggio della biodiversità dell’ecosistema vigneto, che comprende anche l’osservazione della salute dei suoli, insieme a Vitenova Vine Wellness, società di consulenza agronomica friulana. “Fare viticoltura naturale non significa affidarsi alla stregoneria - prosegue Maule - ma, al contrario, utilizzare la scienza e tutte le conoscenze che abbiamo per lavorare al meglio le nostre vigne, innalzandone la salubrità e di conseguenza la resistenza alle situazioni di stress, evitando così di fare ricorso alla chimica”. Il monitoraggio dei vigneti, in effetti, spiega VinNatur, ha messo in evidenza le importanti ripercussioni dell’annata precedente, la 2023, proprio sulla biodiversità dei suoli. “Il maggior compattamento dovuto alle frequenti piogge e ai numerosi passaggi dei trattori ha contribuito a un’asfissia generale e a un conseguente calo della vita microbica. Il controllo e la corretta gestione del terreno da parte dei vignaioli associati, rispettandone gli equilibri e l’ecosistema senza forzature tecnologiche, hanno potuto anche in questo caso fare la differenza garantendo un suolo vivo e sano”.

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