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ATTUALITÀ

Saper ascoltare il mercato mantenendo la propria identità: il futuro del vino secondo i produttori

A “Wine2Wine”, la vision di cantine come Masciarelli, Angelini Wines & Estates, G.D. Vajra, Nino Franco, Arnaldo Caprai, Donnafugata ed Elena Fucci

La conclusione è che bisogna saper ascoltare il mercato mantenendo la propria identità. In uno scenario di partenza che vede un export, per il vino italiano, in crescita nel 2023, e quindi pari a 7,8 miliardi di euro, ma con volumi in rialzo soltanto per gli spumanti (5 milioni di ettolitri), i rossi in calo deciso (5,3 milioni di ettolitri) ed i bianchi in leggera flessione (4,5 milioni di ettolitri); le importazioni che, a livello mondiale sono scese sul 2022 in valore (ma in netto rialzo sul 2010) e pressoché stabili in volumi, con prospettive di forte crescita per gli spumanti guardando all’orizzonte del 2027, con lievi miglioramenti per rosati e bianchi, ma con un declino costante per i rossi. Tutto questo, senza dimenticare il dato dell’Osservatorio del Vino Unione Italiana Vini-Vinitaly, che prevede i consumi scendere a 20 milioni di ettolitri nel decennio 2030/2039, con la fascia dai 25 ai 64 anni che si “assottiglia” e un consumo pro capite di vino che nel 2023 è già sceso a 40 litri: il gap che aveva la birra, un tempo profondo, ormai intravede il pareggio (36 litri). Con le curve dei consumi del vino che delineano una transizione sempre più orientata verso una contrazione in volume e una contestuale maggior attenzione verso i segmenti premium dell’offerta globale, e in particolare italiana. Una spesa della domanda mondiale di vino, rileva Vinitaly, che è cresciuta molto di più rispetto al trend quantitativo. Discorso a parte, invece, per il fenomeno spumanti, che, in particolare con la “locomotiva” Prosecco, ha visto lievitare di oltre il 200% anche i volumi esportati negli ultimi 13 anni; un fenomeno a cui stanno contribuendo, non poco, il trend globale dell’aperitivo e della mixology, che hanno generato un sostanziale quanto inedito equilibrio tra le tipologie tricolori destinate all’export. Per il futuro, secondo l’Osservatorio, la sfida sarà sempre più legata all’attualizzazione delle occasioni di consumo di vino in un contesto di forte competitività, con un mondo delle bevande che si sta dimostrando più pronto ad accogliere i mutamenti di una domanda meno conservativa di un tempo. Dati non tutti entusiasmanti con il mondo del vino che si interroga su un domani dove non c’è certezza, ma comunque forte di un background da cui ripartire, al netto di fenomeni ormai ben noti e dove le ricette per la “guarigione” lasciano degli interrogativi, dal cambiamento climatico fino alla nuova ondata “salutista”. Il settore manda un messaggio chiaro che apre le porte al mondo esterno, alle richieste e all’evoluzione di mercato e consumatori, ma con una flessibilità, per certi aspetti doverosa, che non deve intaccare lo stile e la storia del vino italiano e delle proprie denominazioni, di quel backgound che ha portato in alto il comparto enoico del Belpaese nel mondo, rivelandosi un asset vitale per l’intera economia nazionale. Tanti i temi messi sul tavolo nella “session” istituzionale “Quale futuro per il vino - Quale vino per il futuro”, a “Wine2Wine”, il business forum by Veronafiere e Vinitaly, di scena oggi e domani a Verona, che ha come fulcro il tema dell’Intelligenza Artificiale.
A scattare una fotografia del settore ci sono alcuni produttori “premium” e di spicco del panorama enoico italiano, come Marina Cvetic, alla guida di Masciarelli Tenute Agricole, azienda simbolo dell’Abruzzo del vino e tra le più importanti in Italia; Aldo Vajra, al timone di una delle realtà più significative del Barolo, G.D. Vajra (di cui è anche enologo); Alberto Lusini, ceo Angelini Wines & Estates, tra i più grandi gruppi del vino italiano; e Silvia Franco, figlia di Primo Franco, alla guida della Nino Franco, la griffe di famiglia di Valdobbiadene che ha scritto pagine di storia della spumantistica italiana.
E se per tutti il mercato Usa rimane quello principale, il vino è sempre più globale e quindi deve guardare a zone non ancora esplorate, oppure che lo sono state in minima parte, questo è il caso dell’Africa, come hanno sottolineato Franco e Lusini. Espandere i confini, in un momento come questo, può dare prospettive interessanti.
Uno dei “nodi” cruciali, per i produttori, resta comunque quello delle decisioni da prendere, e quindi se seguire nuove strade nella produzione e sul mercato, dettate magari dal climate change e dai nuovi consumatori, oppure se restare rigorosamente fedeli alla tradizione e agli standard che nel tempo si sono consolidati. Un “mix” delle due filosofie è forse la soluzione a cui in tanti guardano con maggiore interesse. Per Marina Cvetic la convinzione resta quella di “continuare ad essere innamorati del vigneto e di costruire quello del futuro coinvolgendo le nuove generazioni cercando di fare in modo che le vigne possano durare cent’anni”. Anche Alberto Lusini si è soffermato sui mutamenti del clima, sottolineando come ci sia da fare i conti “con un cambiamento repentino delle condizioni”, ma nota una contraddizione da un punto di vista della questione “salutista” dei consumi perché “quelli dei superalcolici aumentano e quelli del vino no. C’è quindi da fare una riflessione, dobbiamo ascoltare meglio il consumatore e comunicare in modo migliore prima di abbandonare il prodotto. E questo guardando anche ad altri aspetti che sono stati un po’ trascurati, come la vendita diretta e l’hospitality che in Napa Valley e in Francia funzionano meglio che in Italia. Sulle tendenze legate al vino, siamo in un periodo di ritorno verso uno stile tradizionale, e su questo aspetto ci sentiamo fortunati”.
Silvia Franco ha spiegato che l’Italia è un mercato sfidante (per la Nino Franco vale il 30%), perché “c’è molta richiesta anche di spumanti che non sono il Prosecco”, e per il futuro, in un’ottica generale, quello che è importante “è mantenere la nostra identità perché è stata uno dei nostri successi aziendali. Certo, il consumatore va ascoltato, sentire cosa chiede, ma dobbiamo mantenere l’autenticità”. Il vento del cambiamento ha influito anche sulle denominazioni più importanti, Aldo Vajra dice che “la tendenza è quella di privilegiare un Barolo più delicato, più pronto da bere. Abbiamo fatto delle ricerche, ritrovando una ricetta del 1606 da cui abbiamo prodotto un Nebbiolo che guarda alla freschezza. Ma riguardo anche il cambiamento climatico, noi siamo dei vignaioli, il nostro mestiere è quello di adeguarsi, seguendo la natura”.
Tra i contributi emersi, anche quelli via video di imprenditori come Marco Caprai, l’artefice della rinascita del Sagrantino di Montefalco, e del suo territorio, con l’azienda di famiglia Arnaldo Caprai, e che apre alle novità del mercato che vedono in ascesa anche i vini dealcolati, ma ad un’unica e fondamentale condizione: quella di “realizzare prodotti di eccellenza”. E poi Antonio Rallo, alla guida di Donnafugata, una delle realtà più importanti della Sicilia enoica, nonché presidente della Doc Sicilia, che ha parlato di una situazione di mercato che “è cambiata”, ma con la domanda e l’offerta che possono trovare equilibrio nel 2025. Elena Fucci, giovane imprenditrice vitivinicola tra le più importanti della Basilicata, con l’azienda che porta il suo nome, spiega che il vino deve rilanciare sulla “concretezza” piuttosto che guardare ai social network e ad un certo tipo di comunicazione che è stata fatta negli ultimi anni. Perché, alla fine, progettare il futuro significa stare al passo con i tempi e saper ascoltare, senza dimenticare quelle fondamenta che hanno dato vita ad una storia di successo mondiale come quella del vino italiano.
“Abbiamo voluto dare voce alle aziende perché Vinitaly è parte integrante della promozione di questo settore fondamentale della nostra bilancia commerciale - ha detto il dg Veronafiere, Adolfo Rebughini - in quest’ottica, il piano industriale “One Veronafiere” ha recepito molte indicazioni strategiche provenienti proprio dalle nostre aziende espositrici a partire dal recente esordio di Vinitaly Usa a Chicago. Con le due prossime tappe, ad Almaty in Kazakistan - new entry di quest’anno - e Vinitaly Wine Vision by Open Balcan a Belgrado iniziamo il percorso di avvicinamento al Vinitaly 2025 (Verona, 6-9 aprile, con il prologo di “OperaWine” con le 131 cantine selezionate da “Wine Spectator” in partnership con Veronafiere-Vinitaly, il 5 aprile, ndr), che avrà delle novità anche in termini di segmentazione del prodotto. Stiamo infatti chiudendo un accordo per quanto riguarda i raw wine, quindi vini naturali, organici e biodinamici. Seguendo i dati di mercato, è confermata la mixology, una tendenza che inizia ad avere effetto sia sulle curve di consumo che di fatturato, mentre stiamo facendo delle valutazioni sui dealcolati. Inoltre, il 2025 segnerà il debutto autonomo del salone dell’Olio che esordirà come Sol2Expo, dal 2 al 4 marzo”.

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