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POLITICA INTERNAZIONALE

I dazi sul vino Ue minacciati da Trump al 200% spaventano anche gli Usa

Sarebbe un danno enorme per la ristorazione, il trade e anche per i piccoli produttori americani, scrive Eric Asimov sul “New York Times”
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I dazi sul vino Ue minacciati da Trump al 200% spaventano anche il trade Usa

Sperando che restino solo una minaccia i dazi al 200% promessi da Trump su Champagne e vini di Francia e d’Europa, nel caso in cui l’Unione Europea non faccia marcia indietro su quelli al 50% sul whisky americano come risposta ai dazi al 25% degli Usa su acciao e alluminio, a tremare per i danni in un mercato fondamentale come quello americano non ci sono solo i Paesi produttori europei, Italia e Francia in testa, che temono danni miliardari (come già riportato qui). Ma anche l’industria del business del vino e della ristorazione in America, che, grazie ai vini di importazione (che valgono oltre un terzo di tutto il vino venduto in Usa, e provengono per ben oltre la metà proprio da Italia e Francia), teme perdite miliardarie. Come racconta sulle pagine di uno dei più autorevoli e letti quotidiani d’America, il “New York Times”, Eric Asimov.
Come abbiamo riportato ieri, “l’Unione Europea - ha detto Trump, sul suo social media “Truth” - una delle autorità fiscali e tariffarie più ostili e abusive al mondo, creata con il solo scopo di trarre vantaggio dagli Stati Uniti, ha appena imposto una tariffa sgradevole del 50% sul whisky. Se questa tariffa non verrà rimossa immediatamente, gli Stati Uniti imporranno a breve una tariffa del 200% su tutti i vini, Champagne e prodotti alcolici provenienti dalla Francia e da altri Paesi rappresentati dall’Unione Europea. Sarà fantastico per le attività di vino e Champagne negli Stati Uniti”. Tra le quali, c’è anche quella della famiglia dello stesso Presidente Trump, che produce vino con la Trump Winery, in Virginia, gestita dal figlio Eric.
E se è tutto da interpretare, guardando solo al tema del vino e degli alcolici, il motivo per cui Trump nomina esplicitamente solo la Francia e poi genericamente “altri Paesi” Ue (vale la pena ricordare ancora una volta che nel precedente giro di dazi imposti nella prima presidenza Trump, introdotti all’epoca per la disputa Airbus-Boeing, ad essere colpiti furono sostanzialmente i vini francesi e tedeschi, e non quelli italiani, ndr), la parte in cui Trump vede l’eventuale provvedimento come un vantaggio per le cantine americane non è stata accolta negli States con troppa convinzione. “Non è chiaro chi ne trarrà vantaggio se il Presidente Trump darà seguito alla sua minaccia di imporre dazi del 200% su tutti i vini e le bevande alcoliche provenienti dall’Unione Europea, ma di certo non saranno i consumatori americani”, scrive Asimov, che riporta anche come la stessa industria americana non veda la misura di buon grado, come spiegano alcune cantine e wine merchant, che sottolineano anche come “per la maggior parte dei produttori di vino, le vendite dipendono da una rete interconnessa di piccole imprese, tra cui distributori, dettaglianti e ristoratori, che dipendono anche dalle vendite di vini europei”, aggiunge Asimov.
Anche se non tutti sono concordi con questa analisi, o quanto meno esprimono minori preoccupazioni, come il gruppo Louis Roederer, top brand di Champagne, che, da 40 anni, ha investito anche in California, con Roederer Estate dapprima, e poi con altre aziende in California. “Se ci fossero davvero delle tariffe molto elevate, ciò danneggerebbe le nostre attività vinicole europee, ma le nostre attività in California ne trarrebbero vantaggio”, ha affermato Guillaume Fouilleron, presidente e ad Roederer Usa. Ma, sottolinea ancora Asimov, è il caso di un grande gruppo, mentre per tante piccole aziende l’impatto sarebbe molto più duro da smaltire. Senza considerare poi i problemi che potrebbero arrivare per il vino Ue già in viaggio verso gli Usa: se lo sdoganamento avverrà prima di eventuali dazi (che, a quanto dichiarato da Trump fino ad oggi, dovrebbero arrivare, in caso, dal 2 aprile), non ci sarebbero problemi, ma se le merci arrivassero in porto dopo l’introduzione minacciata dei dazi, gli importatori si troverebbero davanti ad un problema economico non da poco, che si rifletterebbe a cascata su tutta la catena della ristorazione e del retail, fino ai consumatori. “Queste tariffe, se venissero promulgate, distruggerebbero completamente le amate attività commerciali in ogni città d’America”, ha affermato Ben Aneff, che, tra le altre cose, scrive Asimov, è presidente della Us Wine Trade Alliance , che lavora per garantire un ambiente di libero scambio per il vino.
“Non si può sopravvalutare quanto i ristoranti dipendano dai ricavi generati da questi prodotti”. Mentre altri importatori, riposta Asimov, starebbero già pensando di sospendere gli acquisti dei vini Ue, finché non ci sarà chiarezza. Ma senza questi vini in arrivo dall’Europa, oltre alle conseguenze dirette nel Vecchio Continente, ci sarebbero ripercussioni anche sulla stessa forza lavoro della logistica e del business americano.

Sperando che, nel frattempo, il Presidente Usa Donald Trump cambi idea, e che la politica e la diplomazia di Usa e Ue trovino una soluzione ad una situazione che può solo fare danni.

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