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CURIOSITÀ

Lo spaghetto nostrano conquista il Paese del Sol Levante, ma il condimento è tutto giapponese

La pasta italiana condita con uova di merluzzo marinate e alga nori: gli spaghetti al mentaiko sono una case-history di fusion italo-giapponese
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Gli spaghetti italiani conquistano il Sol Levante, ma il condimento è giapponese

Pasta lunga e Giappone, un binomio ben conosciuto e ben rappresentato anche nella cultura di massa, dove, ad esempio, il ramen viene spesso utilizzato come simbolo dell’alimentazione nipponica tradizionale (spesso gustato da personaggi d’animazione celebri, dal commissario Zenigata, in Lupin, che lo consuma molto spesso, a Naruto, ma compare anche in Jeeg Robot e in molti altri titoli). Quindi non è sorprendente imbattersi, durante un viaggio in Giappone, in formati di pasta lunga locali, tra cui anche gli udon o i soba. Ma ultimamente in Giappone spopola una ricetta che non si basa sui formati lunghi tradizionali, ma sullo spaghetto italiano. La cosa interessante degli spaghetti con il mentaiko (uova di merluzzo, o tarako in giapponese, marinate a lungo in una miscela di diversi condimenti e spezie) è che questi rappresentano un vero e proprio esempio di cucina fusion italo-giapponese, capace di prendere per la gola l’intero Giappone. Non stiamo parlando, quindi, solo di un piatto cult della cucina italiana riproposto all’estero, ma di una vera e propria ricetta giapponese, “cucita” specificatamente sul profilo dello spaghetto italiano. La preparazione della sua versione più diffusa inizia con la mantecatura della pasta con il tarako (od il mentaiko, a seconda della marinatura) ed il burro, che poi viene impiattata guarnendola con un cucchiaio di uova di merluzzo e alga nori croccante, tagliata a strisce. Questa ricetta, interamente nipponica, nasce intorno alla fine della Seconda Guerra Mondiale, come racconta il direttore della facoltà di Gastronomia dell’Università Ritsumeikan di Tokyo a Luca Cesari, storico della gastronomia e firma de “Il Sole 24 Ore”: “Blum, capo della Divisione Estremo Oriente della Cia, arrivò a Tokyo e tra i suoi camerieri venne reclutato anche Takayasu Narimatsu che, anche grazie al suo aiuto, nel 1953 aprì un piccolo ristorante nel centro di Tokyo che chiamò Hole in the Wall”. Conosciuti i gusti dei soldati americani, che ritenevano gli spaghetti una vera e propria prelibatezza, Narimatsu decise di proporre tre versioni nel suo ristorante: spaghetti A (con polpette di carne), spaghetti B (senza le polpette ma con una dose di pasta più generosa) e spaghetti C (senza polpette e con la dose normale di spaghetti).
Complici i prezzi che andavano dai 200 yen della versione A ai 100 della versione C, la concorrenza che, al tempo, vedeva gli spaghetti proposti in soli altri 3 locali in tutta Tokyo a prezzi fino a quasi 10 volte maggiori, ed al buon posizionamento del suo locale (che era vicino alla sede dell’emittente pubblica giapponese, la Nhk, ed a vari ministeri), Narimatsu riscosse un ottimo successo e cominciò a riadattare i suoi spaghetti verso uno stile più nipponico, che meglio si adattasse ai gusti locali, preparando spaghetti alle vongole, al curry ed ai funghi shitake, per fare degli esempi. La svolta che portò alla nascita degli spaghetti al mentaiko arrivò nel 1967, quando “un suonatore di corno della Nhk Simphony Orchestra, di ritorno da un viaggio in Oriente, portò una lattina di caviale da provare nel condimento degli spaghetti”. Il piatto riscosse un buon successo ma, dato il suo costo elevato, si decise di sostituire al caviale il più accessibile tarako. Così nacque la ricetta degli spaghetti con il mentaiko, che rappresentano un celebre esempio di cucina fusion italo-giapponese che, nel frattempo, ha cominciato anche a condire i formati di pasta lunga locale, al contrario, con sughi tipici italiani, come nel caso degli udon alla carbonara, riscuotendo, anche in questo caso, ottimi risultati.

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