C’è un filo rosso che collega le meravigliose colline venete patrimonio Unesco di Conegliano Valdobbiadene, terra natìa del Prosecco Superiore Docg, alla Valle dell’Ararat, tra Armenia e Turchia. Questo legame è proprio il vino, le cui radici, secondo reperti archeologici rinvenuti negli ultimi anni nella grotta di Areni (nell’omonimo villaggio armeno, nella provincia di Vayots Dzor), affondano proprio qui, con questa grotta che (al momento) è la prima cantina al mondo dedita alla produzione di vino, in attività da circa 6.100 anni fa. Così parte il viaggio di Enrico Dal Bianco, blogger e founder di Winealogue.com, nativo proprio delle colline coneglianesi, che ha deciso di tuffarsi nella storia del vino armeno, ma non solo: il suo libro “Vini Armeni. La cultura del vino ha radici antichissime” (144 pp, 18,00 euro, Kellermann Editore), scritto a quattro mani con Manuela Da Cortà, è infatti un vero e proprio “atto d’amore verso una terra che mi ha donato più di quanto potessi immaginare: era giunto il momento di ricambiare, ed ecco la nascita della pubblicazione”. Un invito a scoprire un Paese intriso di storia, mistero e fascino “dove Occidente e Oriente si incontrano”.
Dagli albori della domesticazione del vino (nonché le prime forme di vinificazione di massa), fino alla più recente ripresa della vitivinicoltura nazionale, a seguito della dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, la storia del vino spesso si intreccia con quella dell’uomo: possiamo dire, quindi, che la vite domestica (o Vitis vinifera) è legata all’antropizzazione umana già dall’antichità. Oltre ad accompagnare il lettore lungo un “percorso eno-storico”, come lo definisce il blogger, dal Neolitico fino ai giorni nostri ed alla scoperta dei nettari di Bacco locali, però, l’opera ha una sezione dedicata interamente alla storia dell’architettura armena, curata da Manuela Da Cortà, con un particolare focus sugli atipici monasteri del Paese che, già dal 301 dopo Cristo, è stata la prima realtà a riconoscere il Cristianesimo come religione di stato. Quindi vino ed architettura, certo, ma anche peculiarità artistiche, storiche, religiose ed enogastronomiche dell’Armenia, anche grazie a contributi di livello, come quello della scrittrice e saggista Antonia Arslan (la cui opera “La masseria delle allodole” sul genocidio armeno è stata adattata nell’omonimo film dei fratelli Taviani) o quella dello storico e politologo di fama internazionale Aldo Ferrari, professore all’Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore del Programma di Ricerca su Russia, Caucaso e Asia Centrale per Ispi. “Qui, in Armenia - racconta Dal Bianco - mi sono innamorato dell’antica cultura, dell’arte locale, dell’enogastronomia e la gente ti accoglie a braccia aperte come se ti conoscesse da sempre, come uno di famiglia. Il richiamo alla terra armena è stato sin da subito magnetico, mistico, misterioso”.
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