Ad agosto 2025 le vendite di bottiglie di vino in Gdo hanno raggiunto un fatturato di 3,1 miliardi di euro, in leggera crescita in valore (+0,6%) e in calo nei volumi (-1,8%) rispetto ad un anno fa, con il Sud-Italia a rappresentare l’area più dinamica del Paese con un +5,3% a valore ed una tenuta dei volumi quasi stabile. Riguardo all’Horeca il 19% degli italiani intervistati ammette che nel 2026 ridurrà la frequenza di uscite per far fronte al caro vita: uscirà meno, ma meglio dal momento che il 66% del campione ha detto che, a parità di qualità, in quel caso opterà per l’esperienza di più valore. In un mercato mondiale che vede l’Italia primo operatore straniero in Usa e leader negli spumanti (con vendite stabili nonostante i dazi) e che guarda a mercati emergenti come Brasile, Messico e Cina. A raccontarlo è un’indagine redatta da NielsenIq che ha analizzato trend e previsioni globali e nazionali sul comparto vitivinicolo (tra Gdo, interna ed esterna, e Horeca) e diffusa nella “Milano Wine Week” (4-12 ottobre) nel “Carrefour Day”.
Per la distribuzione moderna, “primo capitolo” della ricerca Niq, in totale sono 21,8 milioni le famiglie italiane (rappresentanti l’84,6% dei cittadini) che comprano vino e spumante in Gdo: in media, l’equivalente di quasi due bottiglie al mese per una spesa annua stimata a 137 euro. “Il vino di oggi - ha commentato Lorenzo Cafissi, Head of Beverage e Home & Personal Care Carrefour Italia - non parla solo di consumo, ma di cultura e responsabilità. Il nostro ruolo è accompagnare le persone in un percorso di scoperta che unisca qualità, sostenibilità e trasparenza. Portare il vino di eccellenza sugli scaffali significa raccontarne le storie e renderle accessibili a tutti”. “Tra gli acquirenti, le famiglie con responsabile d’acquisto dai 55 anni in su, senza figli a carico e con un reddito al di sopra della media sono i più numerosi (29,7% del totale, ndr) - spiega Eleonora Formisano, Sales Lead in NielsenIq - al contrario, le famiglie più giovani con figli e reddito “sotto media”, pur avendo un’incidenza minore sul totale dei consumatori (21,8%), registrano la crescita maggiore in termini numerici e di consumo e mostrano una propensione più significativa all’acquisto di prodotti premium”. Tra le categorie di vino che più frequentemente vengono prelevate dagli scaffali di super e ipermercati ci sono le bollicine: il fatturato di 784 milioni di euro di vendite conferma la crescita del segmento in Gdo che registra un incremento sia a valore (+1%) che a volume (+2,2%). Cala, invece, racconta lo studio di Niq, l’indotto dei vini fermi: dei 2,3 miliardi di euro generati nell’ultimo anno, la metà proviene dalla Dop (che segna -3,4% a volume, mentre è stabile a valore) con anche i vini Igp che, seppur in dimensione minore rispetto alla Dop, registrano una flessione a volume (-1,7%), mentre crescono in valore (+1,2%).
Ma un driver fondamentale per il vino è anche il consumo fuori casa, forte di un ecosistema di 438.000 esercizi attivi, di cui 176.000 ristoranti e 150.000 bar, oltre 100.000 tra hotel e altre strutture ricettive. Secondo l’analisi negli ultimi tre mesi nove italiani su 10 hanno visitato almeno una volta bar, ristoranti o locali, più di quanto non venga fatto in altri grandi mercati europei come Germania e Spagna. Tuttavia, da un campione intervistato si nota una tendenza al rallentamento rispetto al 2024: sei consumatori su dieci si sentono vulnerabili rispetto all’aumento dei prezzi e la spesa per mangiare e bere fuori casa è tra le prime voci a essere ridimensionata (una tendenza osservata anche agli “Stati Generali del Mercato Food & Beverage”). A tal proposito gli intervistati hanno dichiarato che nel 2026 prevedono di ridurre i consumi fuori casa per far fronte all’aumento dei costi legati all’abitazione e al caro vita (ma se un 19% degli italiani ascoltati prevede di diminuire la frequenza di uscite, c’è anche un 13% che pensa di aumentarla). Nonostante ciò il vino mantiene il suo status di categoria chiave e resta la bevanda preferita da 2 italiani su 5 quando escono. E se si esce di meno, quella volta allora si punta sulla qualità, come conferma il 66% del campione che, a parità di spesa, opta per un’esperienza di valore. Secondo NielsenIq il vino piace a tutte le fasce di età, ma c’è un’incidenza maggiore nelle donne tra i 35 e i 54 anni. E se la GenX (44-55 anni) rappresenta oggi la categoria con il maggiore potere d’acquisto - oltre ad avere una forte affinità con il vino - la GenZ (18-27 anni) mostra comportamenti differenti in quanto molto attiva nel fuori casa, ma con il vino meno rilevante rispetto a cocktail e birra. Inoltre, sembra emergere sempre più la scelta salutare tanto che le categorie No e Low Alcol, pur restando una nicchia, mostrano segnali di espansione (come raccontato anche qui da un’analisi di Circana). “Il vino mantiene un ruolo centrale nell’esperienza fuori casa italiana, ma deve saper parlare a pubblici diversi - aggiunge Formisano - serve offrire esperienze premium per fidelizzare i consumatori maturi e proporre formule nuove e più immediate per coinvolgere le generazioni più giovani”. “In un momento di grande trasformazione, si cambia anche l’approccio al vino: le famiglie giovani rappresentano oggi il segmento in maggiore crescita sia in termini numerici sia di consumo, mostrando anche una più marcata propensione all’acquisto di prodotti premium”, commenta Federico Gordini, presidente Milano Wine Week. Si tratta di un segnale evidente di come i millennials abbiano cambiato l’approccio al vino. In particolare, il target delle famiglie giovani guidate dai millennials, che dopo i trent’anni diventano frequent drinker, si distingue per una forte attenzione alla qualità e alla differenziazione. Questo pubblico ha polarizzato i propri consumi verso una wine experience più qualitativa e meno quantitativa, ed è lo stesso che traina fenomeni come l’enoturismo, le esperienze in cantina e, più in generale, la partecipazione a manifestazioni legate al vino”.
Dallo scenario italiano a quello internazionale: NielsenIq ha analizzato anche l’andamento del mercato globale delle bevande che ha raggiunto un valore complessivo di 940 miliardi di dollari nell’anno terminante a marzo 2025, con una crescita del 4% sull’anno precedente. L’Italia è il primo operatore straniero nel mercato del vino negli Stati Uniti, nonché leader assoluto nel segmento degli spumanti con oltre il 40% della quota di mercato e secondo operatore più grande dopo gli Usa stessi, con una quota significativa (10,1%) per i vini. Nonostante il clima di incertezza legato ai dazi, le vendite di vino italiano in Gdo negli States restano stabili nei prezzi e nei volumi. “A livello globale, il settore del vino nel 2025 si trova in una fase di evoluzione strutturale - racconta Formisano - la crescita non è più sostenuta dall’aumento dei volumi, ma da un processo di valorizzazione e diversificazione dei canali di vendita. Per l’Italia si apriranno importanti opportunità se sarà capace di coniugare la forza del proprio patrimonio con strategie mirate di posizionamento, sviluppo digitale e presidio dei mercati emergenti, come America Latina e Cina”. Il Sud America può infatti rappresentare uno dei mercati con più possibilità di penetrazione per lo Stivale (anche in virtù dei vantaggi derivanti dall’accordo Ue-Mercosur): il valore complessivo del mercato del vino nella grande distribuzione è di 2,3 miliardi di dollari e il Brasile si conferma il Paese leader, con il 44% della quota a volume e a valore in tutta la regione con una tendenza al consumo in crescita. Mercati rilevanti, spiega l’indagine, sono anche il Messico e l’Argentina: nel primo, il prezzo medio del vino supera i 10 euro al litro (il più alto dell’area), mentre la seconda si distingue per una crescita molto elevata a valore, trainata da un incremento dei prezzi. Ma anche la Cina rappresenta oggi uno dei mercati più dinamici, con una crescita particolarmente forte nei canali social e nel commercio digitale: il grande potenziale è caratterizzato da oltre 7 milioni di punti di consumo, dove l’87% dei cinesi frequenta settimanalmente locali e punti della ristorazione (+27 punti percentuali rispetto alla media globale). Analizzando le categorie di vino, a livello globale, i vini fermi rappresentano quasi tre quarti del valore totale (74,8%) ma mostrano un calo del 1,4%, con gli spumanti che costituiscono il 14,4% e rimangono sostanzialmente stabili, mentre Champagne e Specialty Wine registrano lievi flessioni. Al contrario, si osserva una crescita molto significativa, di nuovo, delle categorie No e Low Alcol: i vini spumanti così prodotti crescono del 17,1%, mentre i vini fermi salgono del 5,9%
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