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AGRICOLTURA & ECONOMIA

I vigneti di Barolo sono le terre agricole più preziose d’Italia: fino a 2,3 milioni ad ettaro

A seguire, intorno al milione, in ordine, i vigneti di Alto Adige (Lago di Caldaro), Bolgheri e Montalcino. I dati del Crea sui valori fondiari
ALTO ADIGE, BAROLO, BOLGHERI, CREA, LAGO DI CALDARO, MONTALCINO, QUOTAZIONI, VALORI FONDIARI, VIGNETI, Italia
I vigneti più preziosi: Barolo su tutti, poi Caldaro (Alto Adige), Bolgheri e Montalcino

Da 12.000 euro ad ettaro minimi per acquistare un vigneto nella zona del Cannonau dell’Ogliastra in Sardegna (dove si arriva a massimo 18.000 euro ad ettaro) a 2,3 milioni di euro per un ettaro nella zona del Barolo Docg (dove si parte da minimo 300.000 euro ad ettaro), passando, guardando ai vigneti più quotati, per quelli Doc della zona del Lago di Caldaro, in Alto Adige (da 600.000 euro a 1,1 milioni di euro ad ettaro), della Doc Bolgheri (da 250.000 a 1 milione di euro ad ettaro), che ormai ha raggiunto le stesse quotazioni, sempre in Toscana, di Montalcino e dei suoi vigneti a Brunello di Montalcino (per i quali, anche in questo caso, si va da 250.000 a 1 milione di euro ad ettaro); e, ancora, passando per quelli Docg di Valdobbiadene, culla storica del Prosecco Superiore Docg (dove la forbice va da 300.000 a 500.000 euro ad ettaro), per quelli a Nord di Trento (particolarmente vocati alla spumantistica del Trentodoc, e che quotano da 220.000 a 500.000 euro ad ettaro), e, dunque, con lo stesso massimale. Ma tra i terreni agricoli più preziosi d’Italia, di cui alcuni vigneti sono in assoluto i più preziosi, figurano anche i meleti della Val Venosta (da 450.000 a 750.000 euro ad ettaro) e della Val d’Adige tra Merano e Bolzano (400-600.000 euro ad ettaro), ed ancora quelli dedicati all’ortofloricoltura irrigua nella Piana di Albenga, in Liguria (con quotazioni tra 280.000 e 500.000 euro), mentre il suolo agricolo che vale di meno in assoluto a livello economico è quello dei pascoli nella Provincia di Catanzaro (tra 1.000 e 2.000 euro ad ettaro). Ecco le evidenze dell’indagine su “L’andamento del mercato fondiario in Italia nel 2024” del Crea, presentata oggi a Roma (qui l’approfondimento dei dati regionali).
Guardando ai soli vigneti presenti nelle tabelle dell’indagine, tra i più preziosi ci sono ancora quelli altoatesini Doc nella bassa Val Venosta e nella Valle Isarco di Bressano (dai 300.000 ai 500.000 euro ad ettaro), quelli Doc di Saint-Christophe in Val d’Aosta (150-300.000 euro ad ettaro), quelli a denominazione della Collina Bresciana, in odor di Franciacorta (150-300.000 euro ad ettaro), quelli del Chianti Classico (che, però, nella zona fiorentina della denominazione vanno da 90.000 a 210.000 euro, mentre in quella senese, in media, da 90.000 a 150.000 euro ad ettaro), e, ancora, i vigneti Doc delle Colline bergamasche (120-200.000 euro ad ettaro), quelli di Pianura del Basso Piave (65-150.000 euro ad ettaro), quelli eroici della Doc Valtellina Superiore (88-142.000 euro ad ettaro) e quelli Doc della zona del Collio, in Friuli Venezia Giulia (55-140.000 euro ad ettaro).
In generale, spiega il rapporto Crea, è stata “sostanzialmente stabile la compravendita di terreni agricoli nel 2024, con una lieve prevalenza della domanda sull’offerta. Sull’anno precedente, infatti, l’aumento del prezzo medio dei terreni agricoli è stato dell’1%, per un valore attestatosi intorno ai 22.400 euro ad ettaro. Nonostante l’incertezza della situazione internazionale, che ha avuto ripercussioni sui prezzi dei prodotti e dei mezzi tecnici agricoli, il mercato fondiario italiano mostra una leggera ripresa. Cresce ulteriormente l’interesse per i terreni facilmente accessibili e vocati a produzioni di qualità, così come quello per i terreni irrigabili. Ancora deboli sono gli effetti per gli interventi della nuova Pac 2023-2027, mentre risulta evidente l’influenza sui prezzi di alcuni fenomeni connessi al cambiamento climatico e alla diffusione degli impianti per la produzione di energia rinnovabile”. Ancora, spiega il Rapporto Crea, nel 2024 il prezzo medio dei terreni agricoli per ettaro continua a presentare significative differenze, con il picco di 47.100 euro nel Nord-Est, seguito dal Nord Ovest con 35.200 euro (+2,3%), e valori decisamente inferiori al Centro e al Sud, mediamente al di sotto dei 16.000 euro, fino ad arrivare ai 9.000 delle Isole.
“La differenza è data non solo dalla maggiore incidenza al Nord dei terreni in aree pianeggianti e irrigue, ma anche dal più elevato tasso di urbanizzazione e dal relativo consumo di suolo agricolo, che riduce l’offerta dei terreni, in molti casi non sufficiente a soddisfare la domanda. Al contrario nelle aree interne e montane prevale l’offerta di terreni, da parte di agricoltori anziani e di aziende in difficoltà economiche, che spesso non trova riscontro sul mercato”.
Si conferma stabile, sempre secondo il Crea, anche la situazione del mercato degli affitti, con differenze significative tra le varie aree del Paese legate a molteplici fattori climatici ed economici. “La domanda, sostenuta in prevalenza da giovani imprenditori e da aziende strutturate, ha visto la crescente presenza di operatori del settore delle energie rinnovabili (biogas e agrivoltaico). La fuoriuscita dal settore di agricoltori anziani ha reso disponibili, inoltre, superfici prima condotte direttamente, contribuendo così ad alimentare il mercato degli affitti. Nelle aree più produttive hanno prevalso i contratti in deroga, mentre nelle zone marginali continuano a diffondersi forme contrattuali brevi o informali. Anche gli affitti registrano un crescente interesse per le superfici irrigabili, considerate strategiche in un contesto di crescente vulnerabilità agli eventi climatici estremi”.
Guardando al prossimo futuro, gli operatori si attendono una sostanziale stabilità del mercato degli affitti, i cui canoni tenderanno a consolidarsi, seppur con variazioni legate alla vocazione produttiva dei terreni, mentre per le compravendite si prevede una crescita dell’offerta legata alla cessazione delle attività agricole nelle aree più marginali. Nel complesso, dunque, in attesa degli effetti che potranno essere generati dall’entrata a regime degli interventi Pac 2023-2027, spiega il rapporto Crea, lo scenario del mercato fondiario appare moderatamente positivo, seppure nell’incertezza che nasce da eventi climatici sempre più estremi e dannosi, e, di conseguenza, dalla tendenziale riduzione della redditività delle produzioni. “I risultati della Indagine Crea n. 75 - conclude il presidente Andrea Rocchi - confermano la stabilità del mercato fondiario, la sua solidità e la sua capacità di adattamento dell’agricoltura italiana, anche in un contesto complesso, segnato dalle tensioni internazionali e dai cambiamenti climatici. Il Crea, con il suo lavoro di ricerca e analisi, continua ancora oggi, dopo 75 anni, a offrire un punto di riferimento scientifico per comprendere le dinamiche del settore e orientare le politiche agricole. È ora fondamentale valorizzare il suolo agricolo come risorsa strategica, sostenendo la redditività delle imprese e promuovendo un uso sostenibile e innovativo del territorio, perché valorizzare la terra e sostenere chi la coltiva significa investire nel futuro del Paese”.

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