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A 300 anni dal Bando di Cosimo III, il Chianti Classico guarda al futuro con rinnovato ottimismo, puntando sull’unione, come raccontano le sue diverse anime, protagoniste alla Chianti Classico Collection, di scena oggi e domani a Firenze

Italia
Il Chianti Classico celebra 300 anni di storia e guarda con ottimismo al futuro

Con la Chianti Classico Collection, di scena oggi e domani a Firenze, nella cornice della Stazione Leopolda, le nuove annate della più antica denominazione d’Italia si svelano al mondo della stampa e dei buyer, con un rumor che si fa sempre più insistente, e che vorrebbe il territorio del vino simbolo di Toscana pronto a candidarsi come Patrimonio dell’Unesco, sulla scia di Langhe, Roero e Monferrato (www.chianticlassico.com). 300 anni, tanto è passato da quando il Granduca Cosimo III de’ Medici decise di delimitare con un bando, per la prima volta nella storia, alcuni territori particolarmente vocati per la produzione di vini di alta qualità, fra cui quello del Chianti, corrispondente oggi al Chianti Classico. Un’idea lungimirante che, a distanza di secoli, si è rivelata vincente, come dimostrano i risultati, che raccontano una denominazione in grande crescita sui mercati di tutto il mondo, sulla scia di un trend iniziato già negli anni della crisi, e proseguito in quest’ultimo quadriennio, quando alla presidenza del Chianti Classico è arrivato Sergio Zingarelli. “In questi 4 anni - racconta Zingarelli, nella tavola rotonda che ha simbolicamente dato il via ai festeggiamenti per i 300 anni del Chianti Classico - abbiamo presentato sempre cose importanti, dal riassetto della denominazione alla presentazione della Gran Selezione. Oggi festeggiamo i 300 anni dal documento che ha sancito la nascita del Chianti Classico. Tante famiglie storiche, ed oggi nuovi imprenditori, hanno coniugato con coraggio sviluppo economico e tutela delle bellezze paesaggistiche e culturali. Il momento è favorevole, negli ultimi anni abbiamo visto un’espansione distributiva notevole, in un territorio unico, fatto di 70.000 ettari di paesaggi tutelati proprio dal mondo vinicolo ed amministrativo. Il successo sui mercati, però, è merito in primis dei produttori, anche su quello interno, dove abbiamo chiuso il 2015 in attivo dell’8%, con quote uguali all’ultimo anno, ossia l’80% venduto all’estero ed il restante 20% in Italia, con i consumi - continua Zingarelli - nel 2015 tornati a crescere anche nel Belpaese”.
Sul tavolo, ancora una volta la Gran Selezione, che i mercati devono ancora”digerire”, e che per qualcuno, come spiega il vice direttore di Radio 24, Sebastiano Barisoni, moderatore della tavola rotonda, “crea una difficoltà in più, una complicazione, difficile da comunicare sui mercati, non solo su quelli lontani”. “La decisione - spiega il presidente del Consorzio Chianti Classico - nacque dopo tante riflessioni, e risponde ad una crescita qualitativa importante, mancava un po’ di ordine all’interno della denominazione: lo scopo era proprio quello di ordinare e creare uno spazio per promuovere in un’unica categoria le eccellenze del Chianti Classico di ogni singola azienda, che oggi vale il 4% della produzione totale. Avevamo paura potesse avere riflessi negativi sulle vendite, ma il 2015 ha dimostrato che non è così, e oggi sono più di 100 le aziende che hanno deciso di puntarci, generando interesse su tutti i mercati. È stata una decisone coraggiosa, che oggi inizia a portare dei segni positivi, specie sulla valorizzazione delle perle del nostro territorio”.
Tante sfide, quasi tutte vinte, ma anche qualche limite e qualche sbaglio, “uno in particolare - conclude Zingarelli - ossia sottovalutare l’importanza del Chianti Classico, oggi invece siamo in una fase molto positiva, anche grazie alle aziende. Un’altra cosa che vedo, è che la contrapposizione diventa pluralità all’interno del Consorzio: è importante quando uno dei nostri vini ha successo sulla stampa internazionale esserne felici tutti, e mettere da parte le invidie di qualche anno fa”.
Merito anche delle attività di promozione e tutela del Consorzio del Chianti Classico, diretto dal 1992 da Giuseppe Liberatore, che sottolinea come si tratti del “Consorzio più antico, nato nel 1924, ed oggi è anche il più strutturato, con una rapprsentatività quasi totale (97% delle aziende dentro al Consorzio), dobbiamo sempre ricordarci che è un organismo privato con funzioni pubbliche. Le decisioni hanno bisogno di essere “decantate” e condivise, specie le più importanti, dalla fusione con il Gallo Nero alla nuova piramide produttiva, ed a volte ci vogliono anni. Ci saranno almeno 300 denominazioni senza consorzi di tutela in Italia, ma chi ce l’ha riesce a valorizzare il prodotto ed a tutelarlo. Noi, infatti, siamo tra i marchi più abusati e copiati, e tutela e vigilanza pesano sempre di più nell’attività del Consorzio”.
Facendo un passo indietro, cosa resta, oggi, di Cosimo III? Intanto, qualche imprecisione, perché siamo abituati “a guardare sempre al passato anacronisticamente - racconta lo storico Niccolò Capponi, produttore nel Chianti Classico con Villa Calcinaia - per trovarci quello ci interessa, ma il decreto del 1716 è un decreto reattivo. La Toscana, nonostante la storiografia illuminista, all’epoca stava piuttosto bene: nel 1702 scoppia la guerra di secessione spagnola, che mette a soqquadro l’intera Europa, eccetto la Toscana, che pagando i contributi all’Impero rimane neutrale, e diventa un centro commerciale importantissimo. Ma nel 1712, quando il nostro mercato di riferimento era l’Inghilterra, ci fu una grossa richiesta di vino dopo la gelata del 1709. Inizia così il brutto fenomeno dell’adulterazione, ma dopo la pace coi francesi gli inglesi tornano a comprare da loro, e con la morte della regina Anna, l’interesse per il vino italiano e toscano crollò. Serviva una reazione, e si decise di puntare sulla qualità e la garanzia di essa: si prendono le vecchie leghe amministrative e si creano i distretti del vino, come il Chianti e Carmignano. Ecco perché il decreto, che nasce prima del Granducato, che ha visto la luce solo nel 1736, prende in considerazione solo il territorio dello Stato di Firenze”.
Come accennato dal presidente Zingarelli, al di là dell’attività consortile, fondamentale, il Chianti Classico è fatto di produttori, alcuni con secoli di storia alle spalle, come Piero Antinori, che sul territorio e le radici non ha mai smesso di credere. “Abbiamo fatto un grande investimento nel Chianti Classico, a Bargino, un segno non di ritorno alle origini, perché non abbiamo mai abbandonato il Chianti, ma la conferma di una fiducia mai persa. Il Chianti Classico - racconta Antinori - ha un enorme potenziale, il consumatore ne conosce ed apprezza anche le diverse sfaccettature, e tutto ciò che ci sta dietro ed intorno. Gli agricoltori toscani hanno sempre avuto un grande rispetto per il proprio paesaggio, onorando storia e tradizione, attraverso l’architettura, che attrae i wine lover di tutto il mondo, e diventa la prima forma di comunicazione e marketing. Il Consorzio serve a tutti, perché nel vino veri e propri “grandi” non esistono, e comunque da soli non si va molto lontani, ed unire le forze è determinante, specie quando si parla di promozione: difficile ottenere qualcosa lontani da casa da soli, soprattutto nei mercati emergenti come la Cina. La prima azione da fare, però, è un’altra, far capire al consumatore che Chianti Classico non è Chianti - conclude Piero Antinori - sono due denominazioni diverse, e girando il mondo mi accorgo che non è chiaro a tutti”.
Tra i padri del Chianti Classico, ma anche dell’Italia Unita, la famiglia Ricasoli, con il Barone Bettino che è stato il primo Presidente del Consiglio d’Italia dopo Cavour, prima di dedicarsi alla ricerca del vino perfetto, “avendo come modello quello francese - spiega Francesco Ricasoli, ultimo discendente della famiglia - allora in competizione, come oggi, nell’export: Sangiovese, Canaiolo e Malvasia era la sua formula. Oggi ci siamo affrancati dal fiasco impagliato, e le nostre eccellenze sono nelle carte dei vini dei più importanti ristoranti del mondo, grazie alla ricerca ed alla voglia di migliorarsi, senza mai perdere la fondamentale importanza dell’imprinting territoriale. In quest’ottica, la Gran Selezione vuole sottolineare che ci sono dei vini a cui la classificazione Riserva sta stretta, e non ci fermeremo. All’interno del Consorzio - continua Ricasoli - ci sono tante categorie, dall’industriale all’imbottigliatore al piccolo, dal coltivatore, bisogna comunicare meglio l’eccellenza, è questo l’obiettivo del Consorzio, mettendo insieme i diversi punti di vista, e facendo tesoro delle esperienze delle aziende”.
Tra i soci fondatori del Consorzio, nel lontano 1924, la famiglia Beccari, di Fattoria Vignavecchia. “Siamo 600 produttori, ed all’inizio solo 33: stiamo crescendo, si può migliorare - aggiunge Orsola Beccari - ma è fondamentale farne parte, nel bene e nel male, come in tutti grandi amori. Bisogna stare insieme ed avere un obiettivo comune, emerso anche oggi, la ricerca della qualità. Il mercato italiano è importante, sta vivendo un risveglio, eppure resta difficile, bisogna creare interesse, ma la strada intrapresa sembra quella giusta”.

Focus - 100 mercati per il Chianti Classico
Il Chianti Classico celebra i suoi 300 anni, e lo fa con numeri importanti: nel 2015 le vendite complessive del Gallo Nero sono salite dell’8%, merito del forte trend delle esportazioni a quota 80%, ma anche di una ripresa del mercato italiano, che dopo vari anni di stasi torna a dare segnali di crescita (+2%). Così prosegue l’andamento positivo delle vendite di Chianti Classico che, dal 2009, l’anno più buio della crisi mondiale, possono vantare ad oggi una crescita complessiva del 48%. La performance del Chianti Classico nel 2015 si staglia ancor più in un panorama di sostanziale stabilità delle maggiori denominazioni toscane che segnano un incremento medio delle vendite dell’1%.
“Siamo molto soddisfatti dell’andamento del mercato - dice Sergio Zingarelli, presidente del Consorzio Chianti Classico - un risultato che premia il lungo lavoro di rilancio della denominazione svolto negli ultimi anni e culminato con l’introduzione della Gran Selezione, la nuova tipologia di Chianti Classico sul mercato da due anni. La Gran Selezione è nata dall’esigenza di valorizzare le punte qualitative del Chianti Classico e oggi rappresenta circa il 4% delle vendite dei vini del Gallo Nero. Un grande vino che ha qualificato ulteriormente la nostra denominazione e che ha già riscosso successi di critica e l’apprezzamento del pubblico internazionale e che in breve tempo si è posizionato nella sfera delle eccellenze enologiche mondiali”.
Un altro dato interessante che emerge dal nuovo sistema informatico, messo recentemente a punto dal Consorzio Vino Chianti Classico per monitorare la presenza dei suoi prodotti sui mercati internazionali, è l’estrema diffusione del Chianti Classico nel mondo. Dai primi dati risulta una penetrazione commerciale davvero capillare: sono oltre 100 i mercati di tutto il mondo che hanno visto arrivare, nel 2015, almeno una fornitura di Chianti Classico! Pur rimanendo spiccata la concentrazione delle vendite nei suoi mercati storici, il Chianti Classico raggiunge infatti mete insolite, al di fuori dalle normali rotte commerciali e in tutti i continenti. Tanto per citarne alcune, in ordine alfabetico dalla A alla Z … Antille Olandesi, Bahrein, Belize, Bermuda, e così via fino ad arrivare all’Uganda e allo Zimbabwe. Per quel che riguarda i suoi mercati tradizionali, anche per il 2015 gli Stati Uniti si confermano al primo posto, assorbendo circa il 31% delle vendite totali, seguiti dall’Italia al 20%, dalla Germania con il 12%, dal Canada con il 10%, da Regno Unito con il 5%, dai Paesi Scandinavi, Svizzera e Giappone al 4%, da Benelux, Cina e Hong Kong al 3%, e infine dalla Russia con l’1%.
Per quel che riguarda la produzione, la vendemmia 2015, a detta di molti di eccezionale qualità, ha toccato i 292.000 ettolitri, un valore leggermente superiore alla media degli ultimi 20 anni. A novantadue anni dalla sua costituzione, i soci del Consorzio Vino Chianti Classico, il primo consorzio di produttori vitivinicoli nato in Italia, sono diventati 580, di cui 376 sono le aziende che presentano le proprie etichette sul mercato. In Italia il territorio del Chianti Classico può essere a ragione definito come un vero e proprio “distretto produttivo” e contare su numeri da “grande impresa”, con un fatturato globale stimabile in oltre 700 milioni di euro, un valore della produzione vinicola imbottigliata di circa 400 milioni di euro e infine un valore della produzione olivicola pari a 10 milioni di euro.

Focus - Chianti Classico, una storia che inizia 300 anni fa
Il Chianti Classico festeggia i suoi primi 300 anni, una lunga storia che inizia il 24 settembre 1716. In questa data infatti, per la prima volta nella storia, nasce un territorio di vino: quando il Granduca Cosimo III de’ Medici decise di delimitare alcuni territori individuati come aree di produzione di vini di alta qualità con un Bando che ne sanciva i confini. Il bando s’intitolava “Sopra la Dichiarazione de’ Confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Vald’Arno di Sopra” e l’area più estesa era rappresentata proprio da quel territorio compreso tra le città di Firenze e Siena in cui nasceva l’omonimo vino Chianti (oggi Chianti Classico). Un territorio che già all’inizio del diciottesimo secolo dimostrava la sua ricchezza e la sua fama in termini di vino, tanto da far nascere nella mente del Granduca l’idea di proteggerlo e tutelarlo.
Per la Toscana di Cosimo III il vino era già un prodotto strategico, basti pensare che la regina Anna di Inghilterra lo apprezzava a tal punto da farne dono ad amici e alleati, contribuendo a far conoscere il vino toscano nel mondo. I documenti di archivio testimoniano gli sforzi del sesto granduca di casa Medici per allargare la rete commerciale in campo enoico durante la Guerra di Successione spagnola (1702-1714). Durante gli anni della guerra, infatti, la Toscana riuscì a rimanere neutrale, evitando i contraccolpi produttivi e commerciali degli altri paesi europei a vocazione vitivinicola finiti nel conflitto. Fu un decennio privilegiato per il Granducato. Una volta conclusa la guerra, però, la situazione cambiò drasticamente. A seguito degli accordi di pace firmati tra il 1712 e il 1714, i prodotti spagnoli, tedeschi e francesi furono riportati sul mercato e iniziarono i primi tentativi di contraffazione delle etichette. Questo aumentò il danno, implicando per i vini toscani la perdita di una posizione di preminenza. Il Bando del settembre del 1716 va inquadrato in questa cornice: la necessità per la politica granducale di rilanciare i vini toscani di maggior smercio e commercialmente più a rischio. Collegato al bando di settembre, un altro decreto mette chiaramente in evidenza anche regole di commercializzazione e pene per chi trasgredisce.
Recita il bando: “Motu proprio, s’è l’Altezza Sua Reale risoluta ad ordinare una nuova Congregazione quale invigili che i vini che sono commessi per navigare, siano muniti alla Spedizione con la maggior sicurezza per le qualità loro, e tutto per ovviare alle Fraudi, che ne potrebbe nascere […] La Pena ai Trasgressori sarà generalmente la perdita della Mercanzia, o il Valore di essa, non trovandosi in essere, per aumentarla ad arbitrio della medesima Congregazione”. 300 anni fa venne quindi anche costituita una congregazione, con compiti di vigilanza, che ricorda da vicino gli odierni Consorzi di tutela.
“A distanza di 300 anni da quel bando - spiega Giuseppe Liberatore, direttore del Consorzio - il territorio del Chianti Classico può essere a ragione definito come un vero e proprio distretto produttivo, tra i pochi in Italia, a vantare una storia centenaria. Oggi più che mai, sulla scia della lungimiranza del Granduca Cosimo III, è nostro compito tutelare e proteggere e valorizzare in tutto il mondo un prodotto unico, sinonimo di qualità assoluta”.

Focus - Chianti Classico 1716, il primo territorio di vino
Nel 2016 il Chianti Classico celebra i suoi trecento anni di storia da quel 24 settembre 1716, quando il Granduca Cosimo III de’ Medici decise di delimitare con un bando, per la prima volta nella storia, alcuni territori particolarmente vocati per la produzione di vini di alta qualità.
Il Bando s’intitolava “Sopra la Dichiarazione de’ Confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Vald’Arno di Sopra”, in cui l’area più estesa era rappresentata proprio da quel territorio compreso tra le città di Firenze e Siena in cui nasceva l’omonimo vino Chianti (oggi Chianti Classico). Un territorio che già allora riscuoteva un grande successo, tanto da far nascere, nella mente del lungimirante Granduca, l’idea di proteggerlo e tutelarlo.
Considerando che l’attuale concetto di “denominazione” nasce solo nel ‘900, pensare che qualcuno, 300 anni fa, ebbe l’idea di ufficializzare il successo di questo particolare connubio fra uomo - natura - prodotto - territorio, fa un certo effetto. Non esistono difatti altre zone che possono vantare una storia simile, non esistono altri vini che possono legarsi a questa storia, se non i “cugini” del Carmignano, Pomino e Val d’Arno di Sopra, i cui territori sono compresi anch’essi nel bando di Cosimo III. Consapevole dell’importanza di questo traguardo, il Chianti Classico, per celebrare quello che potremmo definire il suo trecentesimo compleanno, ha in programma un cartellone di iniziative ed eventi che si svolgeranno nel corso di tutto il 2016. Tutte le iniziative del “Trecentesimo” saranno contraddistinte da un logo creato per l’occasione: una sorta d’identificazione visuale in grado di sintetizzare i 300 anni del Chianti Classico in un’immagine pulita, immediata e al tempo stesso di forte impatto, che gioca con le due date che segnano il punto di partenza e il punto di arrivo della nostra denominazione. Anche il claim che le accompagna esprime con semplicità un concetto di grande portata, che racconta al mondo come il Chianti Classico sia “Il primo territorio di Vino”.

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