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A “MARIO”, ALIAS IL CONSUMATORE MEDIO, PIACCIONO LE STORIE CHE STANNO DIETRO AL VINO, NON LE DESCRIZIONI DEL PRODOTTO. E GLI VANNO RACCONTATE ATTRAVERSO I LEADER DEI TERRITORI E NEI LUOGHI DI CONSUMO. ALLA RICERCA DI UNA NUOVA ENO-COMUNICAZIONE ...

Italia
Comunicare con Mario il consumatore medio

Raccontare cosa c’è dietro il bicchiere, piuttosto che descrivere cosa c’è dentro. E ancora, in un territorio, trovare storie da raccontare e leader in grado di farlo. Ecco come si potrebbe riconquistare “Mario”, alias il consumatore medio, il non appassionato, che ha visto il vino uscire dalla quotidianità. Ecco alcuni spunti della tavola rotonda del Consorzio dei Vini dei Colli Berici di Vicenza (www.bevidoc.it) “Comunicare con Mario: dal sentore di cavallo sudato al vino da gustare” (www.cercasimario.it). E per farlo, servono di certo più investimenti in comunicazione. Ma anche figure nuove, che vadano oltre il sommelier. Come “l’animatore” del vino nei wine bar o nei negozi per raccontare le storie del vino nei luoghi di consumo. A dirlo alcuni dei più navigati comunicatori del mondo del wine & food.
“Il vino ha perso contatto con i giovani, nelle cui famiglie si è persa l’abitudine a consumare vino in casa - ha detto Davide Paolini, il “Gastronauta” di Radio24 e il vino diventa così qualcosa di lontano e vecchio. Ma per avere successo un territorio ha bisogno di due elementi: una storia da raccontare e dei leader in grado di farlo”. E, almeno a livello di narrazione, il produttore-protagonista diventa quasi più importante del prodotto anche per Fabio Giavedoni, curatore della guida Slow Wine: “puoi sbagliare a dare un punteggio su un vino - spiega - ma il lettore non ti perdona una valutazione errata sulla serietà di un’azienda. Segno che è più importante”.
Ma allora, dove raccontare queste storie? Tra i tanti strumenti non può mancare internet, come ha ricordato il blogger Jacopo Cossater: “esiste una grandissima curiosità, e lo dimostrano le migliaia di ricerche online relative ai vini”. Ma certo il rapporto non può essere solo “virtuale”: sempre più importante l’esperienza diretta, e per questo è “fondamentale che le cantine aprano le loro porte all’enoturismo, imparando a strutturare le visite con professionalità”, ha sottolineato la blogger Maria Grazia Melegari.
Non di meno, la comunicazione è imprescindibile, ma le “imprese italian del vino investono pochissimo nella costruzione di valore intorno al loro marchio”, dice Beppe Giuliano di “Euposia”. Problema di cui è convinto anche Fabio Piccoli, da anni nella comunicazione e nel marketing del vino: “il 90% degli investimenti è destinato ai beni strumentali, la voce di spesa nella comunicazione per molte aziende si esaurisce con la partecipazione a qualche fiera di settore. Le aziende devono uscire per incontrare i loro consumatori direttamente nei luoghi di aggregazione: il vero nemico del vino non è l’etilometro, ma lo spritz”.

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