
In un’epoca di appelli, ma anche di fake news e di allarmi che possono apparire a volte ingiustificati o comunque privi di una solida base scientifica, gli italiani rivendicano la loro libertà nella scelta di cosa portare a tavola e dicono “no” alle imposizioni dall’alto. “Cibo e Libertà. Binomio inscindibile nello stile di vita italiano” è il Rapporto Federalimentare-Censis n. 2, presentato, oggi a Roma alla Camera dei Deputati, nella “Giornata Nazionale del Made in Italy”, in occasione del convegno promosso da Federalimentare “Il valore dello stile italiano tra cultura del buon vivere e alimentazione”, che, nel nome, racchiude alla perfezione il sentiment di un popolo per cui la corretta alimentazione significa scelta, ma anche tradizione, condivisione e cultura. Di una soggettività, sinonimo in questo caso di consapevolezza e razionalità, che si applica nell’attenzione nei riti quotidiani, come la scelta di un prodotto, e che è il valore aggiunto a cui gli italiani non vogliono rinunciare.
L’insistenza sul cibo come minaccia, spiega il Rapporto Federalimentare-Censis, dovrebbe spianare la strada a presunte soluzioni come, ad esempio, i nuovi criteri di etichettatura o la dieta unica per tutti a livello globale, che oltre a generare più costi che benefici, sono connotati da una sfiducia esplicita nell’esercizio consapevole della libertà individuale da parte dei consumatori. E, invece, per gli italiani il cibo è piacere, tradizione, identità territoriale, competenza diffusa, convivialità e molte altre cose ancora e, in particolare il Rapporto certifica come essi concepiscano operativamente cibo e libertà individuale come un binomio inscindibile, tanto che la buona alimentazione conforme a desideri, valori e aspettative delle persone non può che derivare dall’esercizio pieno e informato della libertà di scelta da parte di ciascun consumatore ogni volta che fa la spesa. Ma ogni libertà di massa ha bisogno di strumenti di consapevolezza, ovvero di flussi certificati di conoscenza e informazione per essere esercitata con cognizione di causa.
Gli italiani si dimostrano attivi quando si parla di alimentazione. Leggono le etichette e cercano, in modo maggiore che in passato, informazioni sui prodotti, hanno voglia di un’informazione di qualità. Eppure, secondo il Rapporto, sono comunque visibili gli effetti negativi della retorica fuorviante, poiché emerge una colpevolizzazione dello stare a tavola, con quote significative di cittadini che confessano di sentirsi in colpa dopo aver mangiato un po’ più del solito o di pensare immediatamente a come “rimediare” a eventuali strappi alla dieta.
La libertà nello scegliere cosa mangiare resta fondamentale: all’89,1% degli intervistati, spiega il Rapporto, non piace che qualcun altro gli dica cosa e quanto mangiare. Il cibo ha significati sociali diversi e rispecchia la soggettività: per il 72,8% degli italiani è un mezzo per esprimere la propria identità, per il 93,2% è cultura e per il 73,3% svolge un ruolo importante nelle sue relazioni sociali. Il 95,8% degli italiani ritiene importante poter scegliere gli alimenti in base ai propri gusti e valori, opinione condivisa dal 93,8% dei giovani, dal 97% degli adulti e dal 95,1% degli anziani.
Il no alle imposizioni delle diete è forte. Per l’82,1% dei cittadini lo Stato non deve vietare certi alimenti, ma informare sui loro effetti sulla salute e per il 90,7% la libertà di scegliere cosa mangiare è presupposto di una più alta consapevolezza alimentare. Non a caso il 78,1% degli italiani, rispetto a qualche anno fa, si informa di più su ciò che mangia e il 79,8% legge l’etichetta sui prodotti alimentari. E poi c’è un 83,5% che vorrebbe essere più informato sull’alimentazione a supporto di scelte più consapevoli e l’81,9% che sostiene l’utilità di conoscere i cibi la cui produzione inquina meno e/o consuma meno risorse.
L’esposizione alle fake news è un pericolo. Al 44,1% degli italiani, riporta sempre il Rapporto, è capitato di ricevere informazioni sui rischi di alcuni alimenti che poi si sono rilevate false. Viene spiegato che le tante fake news che ingannano il consumatore ne sollecitano l’emotività contro la ragione, amplificando ansie e paure: al 31% le informazioni sui rischi legati al cibo generano ansia e il 45,5% degli italiani ha evitato alimenti ritenuti dannosi pur in assenza di prove scientifiche. Ma il segreto della dieta è nel buonsenso sulle dosi: il 77,9% ritiene che un alimento faccia male solo se consumato troppo spesso o in quantità eccessive, il 93% pensa che togliersi qualche sfizio ogni tanto non faccia male, ovvero concedersi qualche dolce o alimento più grasso, anche se al 54,7% degli italiani è capitato di sentirsi in colpa dopo aver mangiato un alimento un po’ grasso o per aver mangiato più del dovuto. A frenare una buona dieta, è la cosiddetta “frenesia del quotidiano”. Al 36,7% degli italiani capita, anche per periodi lunghi, di mangiare sregolato, e quindi, ad esempio, di saltare uno o più pasti, mangiare molto tardi la sera, fare pasti a orari sempre diversi. Cattive abitudini che preoccupano considerato che il 37,2% teme che il proprio stile alimentare abbia ripercussioni negative sulla propria salute. Sovente viene chiesto un “supporto”, non a caso il 29,3% segue o ha seguito una dieta prescritta da un nutrizionista, ma è gettonato anche il “fai da te”: il 27,4%, infatti, segue o ha seguito una dieta trovata online, su libri o riviste, social media o media tradizionali. L’equilibrio è un fattore che conta: per il 93,5% degli intervistati è importante fare una dieta sana ed equilibrata senza escludere a priori nessun alimento anche perché diete equilibrate danno benessere fisico e anche mentale. Per il 78,3% degli italiani il cibo ha un forte impatto sul proprio umore e benessere emotivo e, per il 91,4%, è importante poter scegliere tra tanti prodotti con rapporto qualità-prezzo diverso. Una libertà di scelta resa concreta dall’industria alimentare: al 53% degli italiani capita di acquistare alimenti o prodotti esteri per provare sapori nuovi e originali, al 74% di spendere qualche soldo in più per alimenti di pregio e al 69,5% di acquistare alimenti per preparare pasti pratici e veloci. Per quanto riguarda i criteri di scelta del punto vendita, gli italiani vogliono una spesa a basso stress con l’80,6% che è attratto da ampiezza e articolazione della disponibilità di prodotti, così da poter realizzare in un unico punto la spesa; il 79,8% predilige la comodità scegliendo i punti vendita prossimi alla propria abitazione. La convenienza resta un criterio importante con il 76,8% che sceglie il punto vendita comparando i prezzi dei vari prodotti, a caccia della convenienza, ma c’è anche un 76% che valuta l’eventuale presenza di offerte. Oltre alla quantità dei prodotti è importante anche la tipologia: il 56,4% guarda alla presenza di prodotti delle marche di cui si fida.
Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto con un messaggio, ha commentato che “l’Italia è diventata il quarto esportatore al mondo, subito dopo Stati Uniti, Cina e Germania, un risultato straordinario. Le imprese italiane sono capaci più di altre di scongiurare rischi e cogliere le nuove opportunità. Quest’anno l’attenzione è sull’innovazione, ben consapevoli che identità e innovazione sono i due binari su cui da sempre ha fatto leva il made in Italy per affermarsi nel mondo”.
Luigi D’Eramo, sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura, è tornato anche sul tema dazi: “l’Italia ha una posizione di confronto tra Europa e Usa nella consapevolezza che va evitata una guerra commerciale dei dazi a livello mondiale. Gli Stati Uniti non sono il nemico, ma con loro bisogna competere, dialogare, non fare guerre commerciali. Inoltre, anche se puntiamo a consolidare la presenza nostra su altri mercati, non si può non tenere conto della grande importanza del mercato americano su cui da anni le nostre imprese hanno fatto significativi investimenti e dove abbiamo conquistato spazi importanti che non vanno persi. Aggiungo anche che le nostre aziende, i nostri prodotti sono tuttavia più penalizzati dall’eccesso di regolamentazione e da norme come il Green Deal che dai dazi. Un altro tema è la concorrenza sleale di Paesi che non seguono le nostre stesse regole in fatto di tutela ambientale e diritto del lavoro”. Riguardo al Rapporto presentato oggi, D’Eramo spiega che le “parole chiave sono equilibrio, libertà, cultura, informazione e qualità. Nel loro rapporto con il cibo la stragrande maggioranza degli italiani vuole essere informata e non condizionata. Si confermano un approccio pragmatico e una sempre maggiore attenzione alla lettura delle etichette, una ulteriore conferma della posizione che ha tenuto l’Italia di netta contrarietà a un sistema di etichettatura come il Nutriscore. Come sappiamo, di recente è il settore vitivinicolo sotto attacco. L’Italia ha una posizione chiara contro i tentativi di criminalizzare un prodotto che è uno dei nostri principali ambasciatori del mondo e che ha una storia millenaria. Per questo ci siamo subito opposti ad etichette allarmistiche, proponendo, invece, etichette che mettono i consumatori in grado di scegliere in modo consapevole”.
Il presidente Federalimentare, Paolo Mascarino, ha ricordato lo “straordinario valore del made in Italy alimentare. Un valore riconosciuto da tutto il mondo. Siamo la prima manifattura del Paese con quasi 200 miliardi fatturato e abbiamo raggiunto un nuovo record dell’export, 57 miliardi di euro, a +9% sull’anno precedente. Il principale merito è degli imprenditori che si concentrano sulla loro passione, sul creare prodotti unici, inimitabili, dal gusto eccezionale con elevatissimi standard di qualità e sicurezza. Ma una parte del merito va anche attribuita alle nostre istituzioni che sostengono il settore per renderlo più competitivo e che lo promuovono sui mercati internazionali. Desidero personalmente ringraziare il Governo per l’impegno con cui sta tutelando il nostro settore agroalimentare da norme e regolamenti molto pericolosi, sia in ambito europeo che internazionale. Alcune di queste proposte malgrado l’assenza di evidenze scientifiche a sostegno, sarebbero state approvate senza la tenace determinazione del nostro Governo e della nostra diplomazia. Nel primo rapporto Federalimentare-Censis 2023, il Censis ci ha detto che 9 italiani su 10 hanno fiducia nell’industria alimentare, un dato straordinario. Il secondo Rapporto ci dice, invece, che gli italiani sono un popolo dalla forte identità culturale dal punto di vista alimentare: ci piace mangiare bene, ma ci piace anche farlo insieme. Allo stesso tempo la ricerca dimostra chiaramente che gli italiani detestano che si interferisca con le loro decisioni riguardo cosa mangiare. C’è una forte determinazione nell’essere protagonisti della propria tavola, di poter soddisfare liberamente il proprio palato. La nostra identità dipende anche da questa varietà che include prodotti tradizionali e locali che sarebbero destinati a sparire qualora si andasse verso una standardizzazione delle diete, guidando le scelte dei consumatori attraverso algoritmi, tasse, etichette a semaforo, come il Nutriscore, o con allarmi per la salute che, ripeto, non hanno alcun fondamento scientifico”.
Per Giorgio De Rita, segretario generale Censis, “l’industria alimentare è tante cose: è fiducia, tecnologia, innovazione, cultura, identità, libertà. La chiave di lettura che apre il dibattito per i prossimi mesi e i prossimi anni è il binomio tradizione-informazione, tradizione-cultura, tradizione-conoscenza. L’alimentazione italiana è diventata, prima ancora che un fatto economico, una struttura sociale: l’attenzione allo stare insieme, alla giusta informazione, ad una dieta equilibrata, al benessere inteso anche come forma di welfare. Paradossalmente potremmo dire che l’investimento nell’industria alimentare è forse il principale investimento sociale che il nostro Paese può fare. Il binomio tra tradizione e cultura è entrato nei gangli vitali della società italiana, generando un valore economico determinante”.
Enrico Del Prato, professore di Diritto Civile alla Sapienza Università di Roma, ha affermato che “l’esercizio della libertà è assicurato solo laddove ci sia una scelta informata. Non si può vietare o imporre qualcosa senza che vi siano evidenze scientifiche adeguate. È fondamentale salvaguardare il diritto dell’impresa a stare sul mercato e il diritto del consumatore ad alimentarsi”. Ma quanto è sottile il confine tra una corretta informazione e un condizionamento delle scelte dei consumatori? “La corretta informazione - ha spiegato Del Prato a WineNews - è neutra, quindi non vuole indurre nessuna suggestione, questo è il dato importante. Ti deve far sapere la notizia”. E sul made in Italy come modello da seguire la risposta di Del Prato è positiva: “non lo dico solo in quanto italiano, ma perché anche tanti studiosi hanno qualificato la Dieta Mediterranea come una dieta ideale. Al di là dell’aspetto meramente nutritivo c’è l’aspetto culturale che merita di essere preservato perché non è solo l’identità di un popolo, ma anche l’identità di una storia che è europea e non soltanto italiana”.
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025