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LAVORO NEI CAMPI

Agricoltura, il lavoro stagionale è essenziale. Ma è necessario stabilizzare i rapporti di lavoro

Il monito di Confagricoltura. Le possibilità? Contratti pluriennali, sgravi per i contratti a tempo indeterminato, assunzioni congiunte e non solo
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Raccolta dei pomodori, tra le attività stagionali agricole (ph: ArthurHidden su Freepik)

Il ciclo del lavoro agricolo, inevitabilmente, vive le fasi della campagna. E se qualche operazione da fare c’è sempre, è fisiologico che la massima richiesta di manodopera ricada nei momenti dei diversi raccolti, concentrati in periodi più o meno lunghi: dalla vendemmia, al via in Italia in questi giorni, alla raccolta delle mele, dalla raccolta dei pomodori a quella delle varie varietà di frutta, e così via. Ad oggi, dunque, una buona parte dei contratti di lavoro nel mondo agricolo sono stagionali, a tempo determinato o a “chiamata”, con gli strumenti attuali, senza dimenticare il “contoterzismo”, servizio al quale, secondo Uncai (Unione Nazionale Contoterzisti Agromeccanici e Industriali) su dati dell’Annuario dell’Agricoltura Italiana 2021 del Crea, si affida il 28% delle aziende agricole, ed a cui sono dati in affidamento completo 1,2 milioni di ettari di terreno, pari al 10% della Superficie Agricola Utilizzabile nazionale. Mentre la quota del lavoro, a tempo indeterminato, si ferma ad un minoritario 10%. Eppure, avere dei rapporti di lavoro più stabili anche in agricoltura, con gli strumenti adeguati, darebbe maggiori garanzie tanto ai lavoratori, in termini di sicurezze economiche, quanto alle imprese, che avrebbero così la possibilità di avere professionalità più formate efficienti, soprattutto per attività che, per quanto ontologicamente saltuarie e temporanee, richiedono una sempre maggiore specializzazione, e peserebbero anche meno sulle casse dello Stato, riducendo la spesa per le indennità di disoccupazione agricola, che riguardano quasi esclusivamente i contratti a tempo indeterminato. Torna a sottolinearlo Confagricoltura, la più importante organizzazione datoriale dell’agricoltura italiana, a commento della nota “Il mercato del lavoro: dati e analisi” in questo luglio, redatta congiuntamente dal Ministero del Lavoro, dalla Banca d’Italia e da Anpal, sulla base delle comunicazioni obbligatorie e delle dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro (Did), che sottolinea come a fronte di un “lieve rallentamento delle assunzioni nette nel bimestre maggio-giugno - 37.000 assunzioni nette per ogni mese, saldo tra nuove assunzioni e rapporti cessati - l’incremento dei posti di lavoro nel bimestre ha riguardato per l’86,5% contratti a tempo indeterminato. L’analisi, che non tiene conto nello specifico dei contratti in agricoltura, ha, però, fatto un focus interessante sulle zone colpite dall’alluvione dei primi di maggio, che ha colpito soprattutte le province di Ravenna, Forlì-Cesena, Bologna e Rimini, in Emilia-Romagna, ed alcuni comuni delle Marche, nella provincia di Pesaro-Urbino, e della Toscana, nel tratto appenninico della provincia di Firenze. Ebbene, “per analizzare gli effetti dell’alluvione sulla creazione di occupazione nel settore agricolo, si confronta l’andamento delle attivazioni nette nell’insieme dei comuni maggiormente colpiti con quello nei comuni delle province emiliane e romagnole non colpite”, spiega la nota.
“Nei Comuni maggiormente interessati dall’alluvione, le attivazioni nette nel settore agricolo hanno marcatamente rallentato a partire dal mese di maggio: nel complesso dell’ultimo bimestre il saldo cumulato, non corretto per i fattori stagionali, è stato pari a 1.500 unità, a fronte di 4.000 e 3.700 rispettivamente negli stessi mesi del 2019 e del 2022. Ciò è stato determinato dal calo delle assunzioni, mentre le cessazioni sono rimaste su livelli prossimi a quelli degli anni precedenti. Per confronto, nei comuni delle province non colpite dell’Emilia-Romagna il saldo è stato solo lievemente inferiore rispetto al 2019 e al 2022. La differenza nella creazione di posizioni lavorative tra Comuni colpiti e non colpiti si è gradualmente ampliata in maggio e si è stabilizzata in giugno. Nel complesso del settore privato non agricolo non emergono, invece, segnali di indebolimento delle attivazioni nette: nonostante i danni ingenti subiti dalle imprese più interessate, nel bimestre maggio-giugno il saldo cumulato si è mantenuto su livelli prossimi ai valori del 2019 e del 2022. L’alluvione non sembra avere avuto nel breve periodo ripercussioni negative sulla domanda di lavoro, né nell’industria alimentare - che si trova a valle della produzione agricola nella filiera agro-alimentare - né nel comparto turistico. Quest’ultimo settore non ha mostrato segni di rallentamento e, come negli anni precedenti, ha fornito il contributo principale alla crescita dell’occupazione dipendente nel settore privato non agricolo dell’area”. In questo caso, ovviamente, si parla di una situazione contingente, dovuta ad un evento climatico estremo. Che, però, come dicono i dati, non ha inciso più di tanto in molti settori, mentre ha pesato e molto sull’agricoltura, ponendo un ulteriore elemento di riflessione sul tema.
“Occorre favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro anche nel settore agricolo attraverso appositi strumenti contrattuali e incentivi economici, ha detto il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, sottolineando come, dalla nota di Ministero del Lavoro, Banca d’Italia e Anpal emerge come nei settori privati extra agricoli è aumentata l’incidenza dei contratti a tempo indeterminato sul totale delle attivazioni nette. E pur essendo la gran parte della attività agricole di tipo stagionale, è indubbio, per Confagricoltura che la percentuale di forza lavoro a tempo indeterminato - che oggi si attesta intorno al 10% - potrebbe essere migliorata. “La stabilizzazione comporterebbe vantaggi per il datore di lavoro, che potrebbe contare su personale formato e fidelizzato, e per l’addetto, che migliorerebbe la propria condizione lavorativa, acquisendo maggiore sicurezza. Al contempo - ha sottolineato il presidente Confagricoltura - la stabilizzazione potrebbe favorire la contrazione della spesa da parte dell’Inps per la disoccupazione agricola che, come noto, riguarda quasi esclusivamente gli operai agricoli a tempo determinato, e potrebbe contribuire a contenere il deplorevole fenomeno dello sfruttamento e del caporalato, che si verificano quasi esclusivamente nell’ambito dei lavori stagionali”. Come farlo, però, è tutt’altro che semplice, nella pratica. Tutto, per Confagricoltura, parte dalla riduzione del il costo del lavoro (cosa necessaria in tanti altri settori, ndr) per le aziende agricole e, in particolare, per quelle che assumono a tempo indeterminato o che trasformano in rapporti stabili quelli in essere a tempo determinato.
“È chiaro che la quota dei lavoratori stagionali è importante - ha spiegato, a WineNews, Roberto Caponi, direttore Area Politiche del Lavoro e Welfare Confagricoltura - ma pensiamo che la quota del 10% di lavoratori a tempo indeterminato possa essere migliorata. Dal punto di vista contrattuale, per esempio, perché già oggi accade che lo stesso lavoratore venga assunto per più anni, ripetutamente, dalla stessa azienda, ma solo attraverso il fatto che il lavoratore, ogni anno, deve essere licenziato e poi riassunto. Mentre, invece, immaginare uno strumento contrattuale per cui il lavoratore, che pur rimanendo a lavoro solo per una parte dell’anno, possa, però, avere una garanzia occupazionale pluriennale sarebbe un vantaggio. Per l’impresa, perchè fidelizza il lavoratore, e per il lavoratore, che ha delle certezze in più, e magari anche meno complicazioni o difficoltà ad ottenere un mutuo, per esempio. Ed ancora - aggiunge Caponi - si potrebbe prevedere la possibilità di trasformazione a tempo indeterminato vero e proprio, e quindi lavorare tutti i giorni dell’anno, ma servono degli incentivi fiscali importanti, perchè questa tasformazione sia vantaggiosa per azienda e lavoratore, quindi si deve spingere in questa direzione. Sarebbe un costo ridotto per lo Stato, questo incentivo, perchè si risparmierebbe moltissimo sulla disoccupazione agricola, che, invece, costa moltissimo alle casse dell’Inps”.
Un’altra opzione che già in parte esiste, ma andrebbe migliorata, è quella dell’assunzione del lavoratore da parte di più aziende in contemporanea. “Per ottimizzare l’occupazione dei lavoratori nel corso dell’anno, si possono stipulare contratti con più datori di lavoro, e coprire più cicli produttivi in tempi diversi. Oggi, in parte, questo già succede con le assunzioni congiunte - spiega Caponi - ma si possono fare solo a determinate condizioni, come quando le imprese sono legate da un vincolo familiare, o magari da un contratto di rete. Ma si potrebbe ragionare sul semplificare questa possibilità, con l’assunzione presso più aziende, in modo che l’occupazione sia complementare lungo tutto l’anno”. Se l’aspetto normativo, ovviamente, ha un suo peso, va anche detto che la questione della stagionalità del lavoro che un’azienda agricola necessità, è legata, però, alla predominanza, che preso piede soprattutto nell’ultimo mezzo secolo, dell’agricoltura specializzata, con le aziende che si sono concentrate, spesso, su un solo tipo di coltura.
Ma ora il processo pare invertirsi, ed in alcuni territori del vino, per esempio, come già raccontato da WineNews, qui e qui, le aziende vinicole più virtuose, a volte anche nel quadro di progetti di “distretto”, tornano a produrre non solo anche olio, coltura spesso affiancata alla vite, ma anche cereali, grani antichi, frutta e non solo, ovvero prodotti che hanno cicli temporali diversi tra loro, e anche questo può aiutare, ma nel lungo periodo. “Quello di integrare le diverse colture, è sicuramente un processo virtuoso, rispetto ad una monocoltura che, comunque, in alcuni casi, può essere utile. Ed è positivo per tutta una serie di ragioni. È un fenomeno che si sta verificando, riduce anche i rischi legati alle diverse produzioni agricole, e può aiutare anche la stabilità del lavoro, perchè così le attività produttive dell’azienda non sono concentrate solo in alcuni periodo dell’anno, ma anche in un arco temporale più ampio. Ma sullo sfondo - sottolinea ancora Caponi - rimane anche il problema che non si riesce a reperire manodopera, mentre è fondamentale per noi arginare anche il fenomeno per cui che lavoratori agricoli “emigrino” in altri settori produttivi”.
Ma se questi sono ragionamenti sul prossimo futuro, intanto, come detto, la nota del Ministero del Lavoro, ha evidenziato che, in maggio ed in giugno, l’occupazione agricola ha avuto una contrazione nei territori colpiti da eventi meteorologici estremi, come le alluvioni in Emilia-Romagna, Toscana e Marche. “Poiché sussiste la preoccupazione che analoga riduzione possa verificarsi a causa delle forti ondate di caldo - ha concluso Giansanti - è indispensabile attivare appositi strumenti di tutela per le aziende e per i lavoratori costretti a sospendere le attività”. A questo fine Confagricoltura ha formulato alcune proposte, in sede di conversione in legge del cosiddetto “decreto caldo”, chiedendo la Cassa Integrazione Agricola (Cisoa) anche per gli operai a tempo determinato, e per tutti gli eventi verificatisi a partire dal 1 luglio 2023.

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