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ALLARME COVID-19

Agricoltura in ansia: in Europa rischiano di mancare 1 milione di lavoratori

Non solo Italia, forti preoccupazioni anche in Spagna, Germania e Francia a causa del blocco delle frontiere che mette in crisi la raccolta stagionale
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I braccianti, ultimo anello di una filiera malata

Mancano 1 milione di lavoratori nel settore agricolo e il rischio è che il comparto si blocchi ed i prodotti restino abbandonati nei campi. Una situazione che si complica con le operazioni di raccolta stagionale prossime ad iniziare. Coldiretti lancia l’allarme stimando una carenza di forza lavoro a sette cifre che abbraccia Italia, Spagna, Germania e Francia. “L’Unione Europea rischia di perdere quest’anno l’autosufficienza alimentare e il suo ruolo di principale esportatore mondiale di alimenti per un valore di 138 miliardi di euro con un surplus commerciale nell’agroalimentare di 22 miliardi”. Uno scenario che, se si realizzasse, rappresenterebbe un disastro economico per il mondo agricolo.
Il Coronavirus è riuscito a spopolare anche le campagne francesi con 200.000 lavoratori stagionali provenienti da Est Europa e Africa del Nord che non potranno raggiungere il Paese dello champagne. La Fnsea (Fédération Nationale des Syndacats d’Exploitants Agricoles) è in allarme e si studiano soluzioni diverse. Non a caso il Ministro dell’Agricoltura Didier Guillaume ha invitato quanti si siano ritrovati senza lavoro per via delle restrizioni imposte dal Covid-19, a dare una mano all’agricoltura e agli agricoltori transalpini. Anche in Germania la situazione non è rosea. Il Ministro dell’Agricoltura tedesco Julia Kloeckner ha proposto di impiegare come lavoratori stagionali in agricoltura gli impiegati del settore alberghiero e della ristorazione per colmare il vuoto di 300.000 posti lasciato dagli stagionali polacchi e rumeni. Scenario simile pure in Spagna che non potrà fare affidamento sulla manodopera di 10.000 braccianti provenienti dal Marocco e impegnati nella raccolta delle fragole. E adesso non rimane che guardare in casa propria per cercare di salvare il salvabile.
In Italia la Ministra delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, è intervenuta per prorogare i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza. Scongiurato il rischio del rimpatrio a pochi giorni dall’inizio della stagione di raccolta nelle campagne. Una notizia accolta con soddisfazione da Coldiretti che aveva spinto per questa decisione. “La proroga secondo la circolare del Ministero degli Interni - fa sapere Coldiretti - dura fino al 15 giugno e riguarda i permessi di soggiorno in scadenza dal 31 gennaio al 15 aprile. Una esigenza che è stata resa più urgente dal caldo inverno che ha anticipato la maturazione delle primizie come fragole e asparagi proprio nel momento in cui la chiusura della frontiere per l’emergenza sanitaria ha fermato l’arrivo nelle campagne italiane di lavoratori dall’estero”.
Ma i problemi scaturiti dal blocco delle frontiere restano alla luce del fatto che oltre un quarto del made in Italy a tavola viene raccolto nelle campagne da mani straniere (più di 370.000 lavoratori arrivano ogni anno in Italia) che forniscono il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore ,secondo l’analisi della Coldiretti. La comunità di lavoratori in agricoltura più presente in Italia è quella rumena con 107591 occupati, seguita da quella marocchina (35013) e indiana (34043). Numerosa la forza lavoro in arrivo da Albania (32264), Senegal (14165), Polonia (13134), Tunisia (13106), Bulgaria (11261), Macedonia (10428) e Pakistan (10272). Lavoratori che spesso e volentieri si integrano bene nel tessuto economico e sociale del territorio.
“Dopo le merci - sottolinea il presidente Coldiretti, Ettore Prandini - è necessario creare corsie verdi alle frontiere interne dell’Unione Europea anche per la circolazione dei lavoratori agricoli” ma anche “una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa consentire da parte di cassaintegrati, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università attività economiche ed aziende sono chiuse e molti lavoratori in cassa integrazione potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta nelle campagne”.

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