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AGRICOLTURA: IN ITALIA MENO AZIENDE (-32,4% SUL 2000) MA PIÙ GRANDI, IL 99% RICORRE A MANODOPERA FAMILIARE E IL 30,7% È GUIDATO DA UNA DONNA. ECCO I DATI DEFINITIVI DEL CENSIMENTO ISTAT 2010. FOCUS: PIÙ LAVORATORI STRANIERI E LAUREATI E CRESCE IL BIO

Il numero delle aziende agricole italiane diminuisce (-32,4% sul 2000) anche se cresce la dimensione media, con una media di 7,9 ettari di superficie agricola utilizzata (+44,2%); il 99% delle imprese agricole fa ricorso a manodopera familiare, ma cresce l’apporto dei salariati e degli stranieri (il 6,4% del totale della manodopera) e il 30,7% è guidata da una donna: ecco in sintesi i principali dati definitivi della fotografia dell’agricoltura italiana “scattata” dal Censimento Generale dell’Agricoltura dell’Istat n. 6 sul 2010. Rispetto ai dati preliminari, sono mostrate con maggiore nitidezza le trasformazioni che hanno interessato il comparto nell’ultimo decennio, periodo complesso per l’agricoltura italiana, influenzata fortemente da crisi economica, volatilità dei prezzi delle commodity agricole, mutamenti nella Politica Agricola Comunitaria (Pac) e nuove sfide sulla sostenibilità ambientale.
In particolare sono 1.620.844 le aziende agricole e zootecniche attive in Italia (-32,4% rispetto al 2000). La dimensione media è di 7,9 ettari di Sau-Superficie Agricola Utilizzata (Sau), e la Sau complessiva è pari al 42,8% del territorio nazionale (12,9 milioni di ettari totali), in diminuzione del 2,5% sul 2000. Negli ultimi dieci anni si è assistito in tutte le regioni di Italia a una diminuzione del numero di aziende, fenomeno questo che ha interessato prevalentemente quelle di piccola e media dimensione (inferiori a 30 ettari), mentre quelle con 30 ettari e oltre di Sau sono aumentate sia in numero che in superficie: nel 2010 esse rappresentano il 5,3% delle aziende italiane e coltivano il 53,8% della Sau nazionale. Allo stesso tempo si è riscontrata una crescita della dimensione media delle aziende, in particolar modo nell’Italia insulare (+79,8%) e nel Centro (+51,1%). Nonostante ciò, le aziende del Nord continuano ad avere le maggiori dimensioni medie (14,4 ettari di Sau per azienda nel Nord-Ovest e 9,8 nel Nord-Est), mentre al Sud si rileva il valore più basso (5,1 ettari per azienda).
Il 30,7% delle aziende oggi è gestito da un capo azienda di genere femminile. Valori superiori alla media si registrano nel Sud (34,7%) e nel Centro Italia (31,9%). Molto ridotta è invece la gestione aziendale da parte di stranieri (0,1%), con valori più elevati nel Sud (0,6%). In generale, la formazione dei capi azienda è decisamente ancora molto legata all’esperienza di campo e meno al grado di istruzione conseguito: il 71,5% dei capi azienda ha un livello d’istruzione pari o inferiore alla terza media (70,8% per gli uomini e 73% per le donne). Solo il 6,2% dei capi azienda è laureato e solo lo 0,8% risulta aver acquisito una laurea ad indirizzo agrario. La struttura agricola e zootecnica italiana, pur continuando a basarsi su unità aziendali di tipo individuale o familiare (96,1%), nelle quali la conduzione diretta dell’azienda da parte del conduttore e dei suoi familiari rappresenta la forma prevalente (95,4%), mostra significativi segnali di cambiamento. In particolare, la struttura fondiaria risulta molto più flessibile rispetto al passato, grazie al maggior ricorso a forme di possesso dei terreni diversificate e orientate sempre più all’uso di superfici in affitto o gestite a titolo gratuito. La Sau in affitto è aumentata del 50,3% e quella in uso gratuito del 110,8%, raggiungendo complessivamente il 38,1% del totale (era il 23,2% nel 2000). Evidente è poi la crescita degli investimenti nel settore da parte di società di persone o di capitali e di cooperative. Le aziende condotte in forma societaria aumentano del 48,2% rispetto al 2000, pur continuando a rappresentare solo il 3,6% del totale delle aziende censite. Esse, tuttavia, coltivano il 17,7% della Sau rilevata nel 2010.
Pur confermando la struttura tradizionale dell’agricoltura italiana, i risultati del Censimento n. 6 evidenziano significativi segnali di cambiamento a testimonianza di un settore in lenta, ma chiara evoluzione socio-economica. In dieci anni la forza lavoro è diminuita del 50,9% e si è spostata verso la manodopera salariata (la cui quota passa dal 14,3% al 24,2% tra il 2000 e il 2010). La quota di manodopera femminile risulta pari al 37%. La presenza dei familiari in azienda tende a diminuire (-56,6%), ma coloro che restano intensificano il proprio apporto, specializzandolo e professionalizzandolo. Circa il 99% delle aziende agricole fa ricorso a manodopera familiare, un dato che conferma come la famiglia rappresenti il tessuto connettivo della produzione agricola nazionale, attorno alla quale ruotano decisioni e strategie imprenditoriali.

Focus - Istat: aumentano i lavoratori stranieri in agricoltura (233.000), pari al 6,4% della manodopera complessiva
La presenza dei lavoratori stranieri nelle aziende agricole italiane risulta sempre più significativa. Il Censimento Generale n. 6 dell’Istat sull’agricoltura ha per la prima volta rilevato informazioni sugli stranieri operanti nel settore. In particolare, i lavoratori stranieri, pari a 233.000 unità, rappresentano il 24,8% della manodopera aziendale non familiare e il 6,4% di quella complessiva. Il 57,7% della forza lavoro straniera proviene da Paesi dell’Unione Europea, mentre il 42,3% da Paesi non appartenenti all’Unione. La distribuzione per tipo di contratto stabilito con l’azienda evidenzia come i cittadini extra Ue prevalgano nella forma di lavoro continuativa, mentre nelle forme contrattuali più flessibili sono relativamente più frequenti gli stranieri appartenenti a Paesi membri dell’Unione europea.

Istat: il bio aumenta (2,7% delle aziende) e conquista il Sud (63% delle aziende), e cresce l’attenzione per l’ambiente
Cresce sempre più nelle aziende agricole italiane l’attenzione per la produzione biologica e la tutela del territorio. Secondo il Censimento Generale sull’Agricoltura n. 6 dell’Istat, in particolare, la produzione biologica conquista il Mezzogiorno: sono 44.455 le aziende biologiche nel nostro Paese (il 2,7% del totale nazionale), e nel Sud si trova il 63% delle aziende che praticano la produzione biologica. Nelle Isole si registra il valore più elevato di superficie biologica media per azienda (24,9 ettari per azienda) e quote più elevate di capi allevati con metodo biologico sul totale, per quasi tutte le specie. Nel settore zootecnico il metodo di produzione biologico risulta essere relativamente più diffuso nell’allevamento dei caprini (9,8% del totale dei capi allevati) e degli ovini (9,1%).
Gli investimenti per la produzione di energia da fonte rinnovabile interessano 21.573 aziende agricole, prevalentemente di grandi dimensioni, localizzate soprattutto nel Nord Italia (62% del totale). La tipologia di impianto più diffuso è quella solare (80% delle aziende hanno impianti di energia rinnovabile), seguita da quella relativa alla geotermia (11%) e da quella che utilizza biomassa (9%). Il contributo delle aziende agricole per la produzione di energia da fonte rinnovabile deriva anche dalla coltivazione di specie vegetali utilizzate a fini energetici e non alimentari. In tale produzione sono coinvolte 1.382 aziende, prevalentemente localizzate nel Nord del Paese (78% del totale nazionale), che destinano a tali colture 17.018 ettari.
Infine durante il triennio 2008-2010 le aziende agricole interessate alla manutenzione e/o alla realizzazione di siepi, filari di alberi e muretti - attività importante per la prevenzione di eventi di dissesto idrogeologico del territorio - sono state 273.923, il 16,9% del totale aziende con superficie. Un altro indicatore dell’azione di presidio sul territorio da parte delle aziende agricole è rappresentato dalla vicinanza della residenza del conduttore o della sede legale della persona giuridica al centro aziendale: ebbene, l’80% dei conduttori o delle persone giuridiche risiede nello stesso Comune nel quale è localizzato il centro aziendale. La distribuzione del fenomeno a livello regionale mostra che tale percentuale aumenta passando dal Mezzogiorno al Nord.

Istat: l’allevamento bovino è il più diffuso nelle aziende italiane zootecniche (57,1%)
Su un totale di 217.449 aziende con allevamenti sono 124.000 le aziende che praticano l’allevamento bovino, pari al 57,1% di quelle zootecniche. Questo tipo di allevamento è particolarmente diffuso nel Nord del Paese, in particolare in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Nel complesso queste quattro regioni detengono poco meno dei due terzi (64,6%) del patrimonio bovino italiano. In controtendenza rispetto agli altri tipi di allevamento, il settore bufalino registra un incremento sia di aziende allevatrici sia di capi allevati rispetto al 2000. Il numero di aziende passa da 2.246 a 2.435 (+8,4%), mentre i capi raddoppiano, passando da 182.000 a 360.000. Gli allevamenti sono concentrati in Campania e Lazio (che insieme detengono l’82,2% delle aziende e il 90% dei capi). Più in generale le regioni del Nord si confermano essere quelle a maggiore vocazione bovina, suina ed avi-cunicola, mentre quelle del Centro-Sud e delle Isole continuano ad essere tradizionalmente legate all’allevamento ovi-caprino e bufalino.

In evidenza - Cia: agricoltura dinamica che esce dall’immobilismo, ma pochi giovani; Coldiretti: nei campi raddoppiano i laureati
Il Censimento n. 6 dell’Istat conferma un’agricoltura dinamica che esce dall’immobilismo, dove vince l’impresa familiare e cresce la presenza femminile e la manodopera di lavoratori stranieri, ma c’è ancora poco ricambio generazionale: commenta così la Cia-Confederazione italiana agricoltori i dati definitivi Istat di un settore in piena evoluzione, dove aumenta la dimensione aziendale, ma si è ancora lontani dai livelli europei (12 ettari contro i 7,9 ettari italiani). Segnali di cambiamento cui si contrappone, però, secondo la Cia, un dato fortemente negativo: oggi solo il 2,5% delle imprese agricole ha un titolare con meno di 30 anni, percentuale che dieci anni fa era del 2,1%; un aumento insignificante che conferma, a detta dell’organizzazione, che finora si è fatto poco o nulla per favorire e incentivare l’ingresso dei giovani in agricoltura. La fotografia scattata dall’Istat inquadra, dunque, un’agricoltura nuova è proprio per questo, conclude la Cia, appare sempre più indispensabile un nuovo progetto di politica agraria; un passaggio, questo, fondamentale soprattutto in vista della riforma della Pac post 2013.
La Coldiretti sottolinea invece come “in dieci anni sono raddoppiati i laureati alla guida delle aziende agricole a conferma di un processo di professionalizzazione che ha riguardato anche la straordinaria crescita degli agricoltori impegnati in attività multifunzionali di trasformazione e vendita di prodotti e nell’offerta di servizi innovativi. E’ importante sottolineare - aggiunge l’organizzazione agricola - che del 6,2% dei capi azienda laureati la grande maggioranza ha frequentato facoltà diverse da quelle di agraria, a dimostrazione del fatto che il settore ha allargato i propri ambiti di operatività, forte anche di quella legge di orientamento (la numero 228 del 18 maggio 2001) da noi fortemente sostenuta che ha allargato i confini dell’attività agricola e ha di fatto rivoluzionato l’attività d’impresa nelle campagne italiane aprendo nuove opportunità occupazionali”.

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