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“AGRICOLTURA VITALE PER IL PAESE, MA TROPPO SOTTOVALUTATA. E CHE CON UNA POLITICA PIÙ EFFICIENTE POTREBBE FARE MOLTO DI PIÙ”. IL MINISTRO MARIO CATANIA A RUOTA LIBERA. VIGNETI “ABUSIVI”? “SITUAZIONE DEL PASSATO, DI CUI PAGHIAMO CONSEGUENZE OGGI”

Italia
Il Ministro Mario Catania tra Gianni Zonin e l'assessore all'Agricoltura della Regione Puglia Dario Stefano

Il settore dell’agricoltura “che è vitale per il Paese e che può dare ancora di più, sia in Italia che all’estero”, a patto che “politica e Pubblica Amministrazioni siano più efficienti”, tenendo conto però che su tutele internazionali e mercati “la partita non la gioca l’Italia ma l’Unione Europea”. E poi ancora la questione dei “vigneti abusivi, storia del passato ma di cui paghiamo le conseguenze oggi”, cosa si può fare per migliorare il sostegno all’export del comparto, l’agricoltura come “produttrice di punti di Pil buoni”, che “con il Governo Monti gode di un’attenzione istituzionale come in nessuno degli altri governi precedenti”, ma che ha bisogno anche “di una maggiore considerazione dal mondo delle banche e della finanza”. Parla a tutto tondo, “ma sempre in modo personale, in maniera che le mie parole non siano lette come impegni ufficiale del Governo”, il Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania, all’inaugurazione della Masseria Altemura, nuova cantina del Gruppo Zonin (130 ettari vitati, un investimento da 8-10 milioni di euro, per “Il Sole 24 Ore”, con il gruppo che possiede 2.000 ettari di vigneto e che, nel 2012, ad oggi ha visto l’export crescere del 9% sul 2011).

“Un investimento, questo, che dimostra una volta di più come l’agroalimentare sia un settore vitale per il Paese - ha detto il Ministro Catania - e che può dare grandi soddisfazioni e crescere ancora, sia sul mercato interno che export. Questo non vuol dire che non ci siano difficoltà, la domanda interna, in particolare è in evidente sofferenza, ma il comparto reagisce bene, le imprese migliori investono, anche al Sud, e questo è importante in una fase storica dove gli investimenti nel Meridione sono sempre più rari. È bellissimo vedere come una realtà importante investa qui, è un segno che si può fare impresa anche in Italia”.

Parlando di vino, inevitabile un riferimento all’attualità, dove a tenere banco è la notizia della multa di 99 milioni di euro comminata all’Italia dall’Unione Europea, a causa di 24.000 ettari di vigneti abusivi, ovvero realizzati senza i dovuti “diritti di impianto”.

“Quella dei vigneti abusivi, che le confesso sono più di 24.000 ettari - spiega Catania a WineNews - è una vecchia partita, stiamo parlando di qualcosa che non è la fotografia di oggi, ma l’esito di un periodo tra fine anni ‘90 e primi 2000, in cui alcune Regioni non sono state in grado di governare bene la questione dei diritti di impianto. Oggi ne paghiamo le conseguenze perché l’Ue ci ha fatto una sanzione, ma la partita è chiusa, si tratta di vecchi fatti di cui oggi dobbiamo pagare una penalità, ma la situazione è sotto controllo. E questa penalità, per le regole che ci sono riguarda lo Stato, l’Italia dovrà pagare una penale per aver mal gestito in quegli anni la questione. È un po’ come la vicenda delle quote latte, si viene a scaricare sulla finanza pubblica nazionale. Anche perché “tracciare” le responsabilità individuali è complicato. È una questione, ripeto, maturata in quegli anni, in cui a livello amministrativo non si è riusciti a vigilare in maniera adeguata, e una serie di persone e di agricoltori hanno fatto delle nuove vigne senza avere i diritti di impianto per poterlo fare. Ricordo che nel sistema europeo non c’è libertà di piantare nuove vigne, e si può fare solo se si hanno i diritti. Ed aggiungo che è bene che sia così, perché l’andamento vigneto europeo sarebbe incontrollato, con pessime ripercussioni sul mercato, e per questo stiamo chiedendo a Bruxelles, e otterremo - ribadisce il Ministro - di prorogare questo sistema per molti anni ancora, per evitare una liberalizzazione nefasta. Ma in passato, in Italia, in alcune Regioni, questo sistema non si è gestito adeguatamente, ed ora le conseguenze sono davanti a noi”.

In ogni caso, il vino è il prodotto di punta dell’agricoltura, settore che sta tenendo meglio di altri alla crisi, e che all’export, soprattutto, segna risultati impressionanti da anni. Ma che può migliorare ancora. Come? “In questo Paese c’è un lavoro enorme da fare, non in mesi, e non realizzabile nel mandato di Governo: tutto il sistema di istituzioni politiche e Pubblica Amministrazione deve essere completamente riscritto, deve essere ridotto costo politica e snellito tutto il sistema per renderlo performante. Siamo nell’epoca della globalizzazione, le nostre imprese non si possono permettere un sistema pubblico inefficiente, che diventa un peso. 40 anni fa, quando l’economia non era così globalizzata, ce lo potevamo permettere, il Sistema Paese alla fine trovava la sue mediazioni e le sue soluzioni. Ma ora non è più possibile, perché competiamo con altri Paesi dove politica e Pa funzionano meglio, e questo fa la differenza. C’è da fare un lavoro che richiederà anni, ed io mi auguro per il Paese, che chi governerà in futuro abbia chiara questa stella polare”.

Cosa che il Governo Monti, per Catania, ha avuto a cuore come nessun altro governo precedente: “l’agricoltura in Italia soffre da sempre di una sottovalutazione mediatica e delle classi dirigenti, l’ho vissuto con tutta la mia storia personale dentro al Ministero anche prima di fare il Ministro. Dal mio osservatorio questo era chiarissimo. E posso dire che l’atteggiamento del Governo monti è infinitamente più attento al settore di quanto lo siano stati tutti i governi precedenti. Lo dimostra il fatto che sono state messe sul tavolo una serie di cose come il tema del funzionamento della filiera, la normativa sui termini di pagamento a 30-60 giorni che è epocale, e sul quale so che ci saranno frizioni, servirà una fase di assestamento, perché si cala su migliaia e migliaia di transazioni, e non escludo che tra 6-8 mesi si debba tornarci sopra per delle correzioni. Ma in questo senso so che è la strada giusta, anche perché c’è una normativa dell’Unione Europea che ci indica la stessa direzione e per tutti i settori, sui tempi di pagamento non solo tra privati, ma anche tra pubblico e privato, che sappiamo essere uno dei problemi più importanti del Paese. In questo senso possiamo dire che l’agroalimentare fa da apripista. Ma ci sono anche il decreto contro il consumo del suolo che abbiamo portato in Cdm, e che il premier Monti ha presentato con me, il tema dell’acqua, che dovrà impegnare il Paese. La logica è di rimettere il comparto al centro di un modello di sviluppo positivo, in cui non conta solo quanto Pil facciamo, ma anche che cosa facciamo. Da sempre dico che ci sono punti di Pil buoni e punti Pil cattivi: se si fa speculazione edilizia su un territorio agricolo, nel breve si fa molto Pil, ma su quel territorio si lascia il deserto per la creazione di valore nei prossimi 100 anni. Se invece si fa un come questo di Zonin, si crea valore per decenni. Adesso il dl sul Suolo è all’attenzione della Conferenza delle Regioni, ne discuteremo, spero vivamente che arrivi una spinta positiva in questa direzione, senza remore. Dobbiamo buttare cuore al di là dell’ostacolo, bisogna fare scelte forti”.

Tra i provvedimenti presi da questo Governo, c’è anche l’aumento dell’Iva, che colpirà anche il vino e tanti altri prodotti dell’agricoltura. È ancora possibile una marcia indietro?

“È quasi impossibile, dovremo vedere i risultati dei risparmi sulla spesa pubblica, cercheremo di fare tutto il possibile per non aumentare quel punto di iva, ma è difficilissimo. In ogni caso ricordo che stiamo di fatto riducendo una misura che era già decisa dal Governo Berlusconi, intanto posticipandola almeno a luglio 2013, e poi alzandolo di un solo punto invece che di due, come previsto inizialmente”.
Se l’aumento dell’Iva avrà comunque un impatto sui consumi interni, va sottolineato che l’agricoltura, e il vino in particolare, oggi come non mai devono le loro fortuna all’export. E anche se in questo senso, soprattutto per il nettare di Bacco, il sostegno pubblico, grazie soprattutto ai finanziamenti europei, non manca, “sicuramente in Italia, rispetto a Paesi competitor, non facciamo abbastanza. Abbiamo un sistema che, complessivamente, tende e frastagliare le risorse in molte rivoli, abbiamo smantellato la vecchia Ice e ancora stiamo “rimontando” quella nuova, ma bisogna ancora partire. Insomma, possiamo fare moltissimo di più. C’è da dire che, sotto il profilo dei fondi Ocm vino, l’esperienza non è negativa, li stiamo utilizzando tutti e, mi dicono le imprese, anche bene, ed in concerto con le Regioni. Ma, come sistema complessivo, sull’agroalimentare possiamo fare molto, molto meglio. Anche perché tutti gli indicatori ci dicono di grandi spazi di crescita, soprattutto in nuovi mercati con economie in crescita come l’Asia, ma non solo”.

Certo, all’estero uno dei grandi problemi è quella della tutela e della lotta alla contraffazione. “Un problema che affrontiamo da anni e che non è cosa che si risolve con bacchetta magica. Serve un lungo e costante lavoro a più livelli: da un lato bisogna consolidare, in Europa, il modello di tutela e garanzia delle Denominazioni, e assicurarsi che sia applicato. Fuori dall’Unione Europea è diverso, si tratta di progredire con fatica in sede Wto sulla tutela della proprietà intellettuale, e quindi anche delle Denominazioni d’origine. Ma anche di negoziare bilateralmente con i Paesi partner, per soluzioni più concrete. Ma anche questa è una partita che non gioca l’Italia: è l’Unione Europa che negozia”.

In ogni caso, quello che appare evidente è che buona parte del futuro del Paese passi dallo sviluppo dell’agricoltura. “E anche per questo, con l’Ismea, usciremo nelle prossime settimane con nuovi meccanismi che, poggiando sul Dl sviluppo, possano aiutare le imprese agricole in fase di startup, anche dal punto di vista del credito. Nel quale, però, dovremmo tornare all’approccio di una volta, quando c’era il credito agrario, con forme specifiche, perché le imprese oggi mi dicono sistematicamente che sono sempre più sacrificate nel rapporto con le banche, che trovano sempre meno funzionari preparati per la realtà dell’impresa agricola, mentre una volta esistevano sezioni specializzate nel credito agrario”.

“Anzi, in questo senso la situazione si aggrava - aggiunge Gianni Zonin, non solo padrone di casa in veste di imprenditore agricolo, ma anche in quella di banchiere - perché oggi, quando si valuta se concedere credito o meno ad un’impresa, si usano per tutti i criteri dell’industria o del commercio.
Ma un’industria che paga il 10% di interessi sul fatturato è quasi di sicuro da “bollino rosso”, oggi, mentre un’azienda agricola, la stessa percentuale, quasi sempre la copre benissimo. Ecco perché servono parametri di valutazione specifici. E qui anche la Banca d’Italia dovrebbe agire, capire che l’agricoltura va trattata diversamente. L’agricoltore produce una volta all’anno, e non tutti i giorni. E poi anche la garanzia è diversa, nel commerciale è il marchio, nell’agricoltura è la terra, ed è una garanzia solida, reale, valida. In questo grande momento di crisi del mondo finanziario sono diminuiti i prezzi dei capannoni e non li vuole più nessuno, quelli della terra sono rimasti stabili se non cresciuti. La terra è come l’oro, e il mondo finanziario dovrebbe capirlo. Quando faccio il banchiere, devo dire che il mondo finanziario non ne ha capito i meccanismi. Ma è anche colpa degli agricoltori che non sanno far valere la loro professionalità. Perché se gli agricoltori chiudono e non producono, non mangia nessuno”.

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