Il quadro dell’agroalimentare, nello scenario Coronavirus, è complicatissimo. Eppure, ancora una volta, il wine & food e l’agricoltura d’Italia confermano la loro capacità di essere anticiclici. Tanto che, sui mercati extra Ue, nei primi 4 mesi 2020, in piena pandemia, le esportazioni sono cresciute del 3,7% sullo stesso periodo 2019, per un valore di 3,35 miliardi di euro, vino in testa, a +3,3%, per un valore di 1,03 miliardi di euro. Dati doganali analizzati da Confagricoltura, la più grande organizzazione delle imprese agricole italiane. “Dati che si spiegano in maniera molto semplice: il Made in Italy è uno straordinario driver, nel mondo si vuole mangiare italiano, basti pensare che, negli ultimi 10 anni, il valore del nostro export nel mondo è raddoppiato. Il fatto che nei Paesi terzi ci sia stata una crescita anche nei mesi di blocco è un dato estremamente positivo, nel quadro estremamente negativo che sta vivendo l’agricoltura”. Lo spiega, a WineNews, il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.
Un dato, quella della crescita complessiva delle esportazioni, che va letto in maniera più approfondita. Sul vino, per esempio, ha inciso molto la corsa alle scorte di gennaio 2020 in Usa, primo mercato per l’Italia del vino, tanto che se le esportazioni sono cresciute del 24% nel complesso a gennaio, febbraio, marzo e aprile hanno registrato saldi negativi, tra il -1,6% ed il -2,7%. Una frenata, dunque, ma non un crollo. Mentre altri settori, dai cereali agli ortaggi, dalla pasta ai prodotti da forno, hanno registrato una crescita costante ed importante. La partita decisiva, dunque, si giocherà da qui in avanti.
“Il Coronavirus - sottolinea Giansanti - mette in discussione l’intero comparto dell’agroalimentare e dell’agroindustria. In questi mesi i consumi sono cambiati moltissimo; si è data priorità ai prodotti a lunga conservazione rispetto ai prodotti freschi, e l’Italia eccelle anche in questo: ci sono interi comparti che soffrono, dall’insalata di quarta gamma al florovivaismo, per esempio. In più si aggiunge il blocco dell’horeca, che ha inciso molto sui comparti come il vino, le mozzarelle, il latte fresco. Il settore vino, nel primo mese 2020, ha avuto crescita importante in Usa per la paura dei dazi, poi però c’è stato il calo. Le nostre imprese vinicole sono molto esposte sull’export e sul canale horeca, mentre altre hanno mantenuto spazi rilevanti dove presenti nei canali della Gdo. Ma ora si deve riflettere su come rilanciare l’agroalimentare in Italia e, soprattutto, nei mercati esteri, che sono fondamentali: valgono 45 miliardi di euro, di cui il 40% extra Ue, e si deve fare di tutto perchè le quote di mercato acquisite si salvino, e siano punto di ripartenza per il futuro.
La competizione sui mercati certamente sarà difficile, alcuni Paesi competitor in questo periodo hanno tenuto meglio, ci sono agricolture assistite in maniera diversa da ogni singolo Stato membro dell’Unione Europea, avremmo avuto bisogno di un maggior protagonismo dell’Europa. Ma quindi dovremo far si che le imprese, del vino e non solo, alla ripartenza possano tornare rapidamente a presidiare e competere sui mercati”. Fondamentale sarà il ruolo delle Istituzioni nel sostenere il comparto, e fino ad ora le cose, in questo senso, non sono andate benissimo.
“L’Europa è stata la grande assente - sottolinea Giansanti - all’agricoltura ha destinato 84 milioni di euro fino ad oggi, in una crisi epocale. L’Unione Europea ha permesso ad alcuni Stati membri di aiutare di più il settore, ma nessuno dimentica quando all’Italia sono state chiuse le Dogane nei primi giorni di marzo. È evidente che come Europa ci aspettiamo tanto di più. Anche a livello di riforma Pac, dove ci aspettiamo più attenzione per le aree del Mediterraneo, mentre ora troppe ce ne sono per le aree più temperate del Nord Europa. Abbiamo settori come quello del vino che sono in difficoltà, ma anche produzioni orticole e frutticole, o il comparto dell’olio, che è fondamentale per Italia e Spagna. È evidente che ci dobbiamo focalizzare sui comparti che di più hanno sentito la crisi, vino in testa, dove dovremo lavorare perchè i 100 milioni destinati alla vendemmia verde stanziati dal Governo arrivino presto alle imprese, e dovremo anche togliere prodotto dal mercato, trovando risorse per la distillazione. Ma dovremo lavorare soprattutto sulla promozione, abbiamo il grande tema dell’Ocm in una fase in cui tutto è bloccato, e dovremo accelerare per poter spendere tutte le risorse per promuovere sempre di più e sempre meglio in nostri prodotti, anche con canali nuovi rispetto ad oggi. Oggi ci stiamo spostando sui marketplace elettronici, sui diversi mezzi di informazione, e dobbiamo dare modo alle imprese di rimodulare i loro progetti. Ma ci sono altri settori in difficoltà - continua Giansanti - come il florovivaismo, che vale 2,5 miliardi di euro di fatturato, il 90% all’export. C’è l’agriturismo, che è architrave dei territori dell’Italia centrale ed alpina, dove è vitale anche per l’enogastronomia. Senza dimenticare ortofrutta e la zootecnia, Serve poi una grande strategia di visione per farci trovare pronti alla “Fase 4” a settembre, quando ripartirà davvero la sfida sui mercati”.
Intanto, una delle grandi emergenze è quella della manodopera nei campi, e sul tema ha tenuto banco per settimane la sanatoria dei lavoratori irregolari, stranieri ed italiani, poi ottenuta dal Ministro delle Politiche Agricole Bellanova. Ma per un’agricoltura specializzata come quella italiana, potrebbe non bastare. “Gli agricoltori non hanno tempo da perdere, non glielo concedono natura e mercato. I cicli di produzione non si possono formare, e forse il Governo non lo ha capito fino in fondo. L’agricoltura - chiude Gianstanti - oggi è un’attività di impresa moderna, che usa le migliori tecnologie, e ha bisogno di personale qualificato. Per questo continuiamo ad insistere sulla riapertura dei “corridoi verdi”, per far tornare dai loro Paesi i tanti operai che da anni lavorano nelle nostre aziende, pagano le tasse da noi, e conoscono il mestiere, perchè ci sono attività, e la vendemmia verde è una, per esempio, che non si improvvisano”.
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