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ALIMENTARE - ETICHETTA: “META’ SPESA E’ ANCORA ANONIMA”. LO DICE LA COLDIRETTI. IL MINISTRO ZAIA : “TUTELIAMO I CONSUMATORI CON L’ETICHETTATURA OBBLIGATORIA. ECCO LE NOVITA’ CONTENUTE NEL DDL SULLA COMPETITIVITA’”

E’ necessario riaffermare e sostenere il percorso iniziato per far uscire dall’anonimato oltre la metà della spesa alimentare degli italiani per la quale non è ancora obbligatorio indicare in etichetta la provenienza con il rischio che venga spacciato sul mercato nazionale ed estero il falso made in Italy a danno degli imprenditori e dei consumatori. Lo afferma la Coldiretti nel sottolineare che con le mobilitazioni degli ultimi anni è riuscita ad ottenere l’obbligo di indicare la provenienza per carne bovina, ortofrutta fresca, uova, miele latte fresco, pollo, passata di pomodoro e extravergine di oliva nonostante le resistenze delle lobbies in Italia ed in Europa.
Ma l’etichetta - sottolinea la Coldiretti - resta anonima per la carne di maiale, coniglio e agnello, per la pasta, le conserve vegetali come il pomodoro proveniente dalla Cina e i succhi di frutta, ma anche per yogurt, latticini e formaggi non a denominazione di origine. E’ bene pertanto che - precisa la Coldiretti - l’Italia, non ceda alle pressioni interessate, e si faccia promotrice in Europa di una nuova normativa attenta alla trasparenza anticipando quanto sta avvenendo negli Stati Uniti, tradizionalmente difensori del libero mercato, dove lo stesso presidente eletto Barack Obama nel capitolo del programma dedicato al settore agricolo “Plan to support rural communities” individua come obiettivo immediato quello dell’etichettatura d’origine dei prodotti agricoli.
Peraltro, di fronte all’estendersi dell’allarme sui rischi alimentari, dal latte cinese contaminato da melamina all’olio di girasole ucraino con diossina, l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti gli alimenti - sostiene la Coldiretti - favorisce i controlli e permette l’immediato ritiro dal mercato dei prodotti eventualmente pericolosi e garantire così la sicurezza dei cittadini.
Si tratta di una difesa anche nei confronti degli inganni a tavola dove vengono spacciati come made in Italy cibi ottenuti da allevamenti e coltivazioni realizzate migliaia di chilometri di distanza dal Belpaese come nel caso del concentrato di pomodoro cinese rilavorato in Italia o in quello dei prosciutti: quattro su cinque di quelli venduti in Italia provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania, Spagna senza che questo venga chiaramente indicato in etichetta e con l’uso di indicazioni fuorvianti come “di montagna” e “nostrano” che ingannano il consumatore sulla reale origine.
Secondo l’indagine Coldiretti-Swg sulle abitudini degli italiani la quasi totalità dei cittadini (98%) considera necessario che debba essere sempre indicato in etichetta il luogo di origine della componente agricola contenuta negli alimenti. Colmare questo ritardo consentirà alle nostre imprese, cooperative e consorzi agrari di valorizzare concretamente il prodotto agricolo nazionale con filiere agroalimentari made in Italy dal campo alla tavola che potranno avvalersi dei sostegni alla promozione all’estero attraverso lo strumento del credito di imposta.

L’etichetta con l’origine sulle tavole degli italiani
E quelli senza
Pasta
Carne di maiale e salumi
Carne di coniglio
Frutta e verdura trasformata
Derivati del pomodoro diversi da passata
Latte a lunga conservazione
Formaggi non dop
Derivati dei cereali (pane, pasta)
Cibi con l’indicazione di provenienza
Carne di pollo e derivati
Carne bovina
Frutta e verdura fresche
Uova
Miele
Passata di pomodoro
Latte fresco
Pesce
Extravergine di oliva
Fonte: elaborazioni Coldiretti

La posizione - Il Ministro Zaia: “tuteliamo i consumatori con l’etichettatura obbligatoria. Illustrate le novità contenute nel ddl sulla competitività”
“Oggi segniamo un altro passo avanti fondamentale nella battaglia a tutela dei consumatori italiani. Grazie alle nuove regole sull’etichettatura, infatti, i cittadini potranno conoscere l’origine e la provenienza dei prodotti agroalimentari e avranno così la possibilità, al momento dell’acquisto, di scegliere in modo pienamente consapevole”: con queste parole il Ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia ha commentato le novità contenute nel disegno di legge sul rafforzamento della competitività del settore agroalimentare, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 31 ottobre.
L’articolo 7 del provvedimento, in particolare, istituisce l’indicazione obbligatoria dell’origine dei prodotti alimentari nell’etichettatura. Al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori finali, infatti, la normativa prevede in tutti i prodotti commercializzati in Italia che “l’etichettatura dei prodotti alimentari, nei casi in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore circa l’origine o la provenienza del prodotto alimentare, deve riportare l’indicazione del luogo di origine o provenienza”.
Per i prodotti alimentari non trasformati l’indicazione del luogo di origine o di provenienza riguarda il Paese di origine ed eventualmente la zona di produzione del prodotto. Per i prodotti trasformati l’indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale o il luogo di origine o provenienza della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione dei prodotti. Per luogo di origine o provenienza si intende la zona di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola in questione o il luogo dove è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale.
“La nuova norma - ha spiegato il Ministro - non limita in alcun modo la libera circolazione delle merci, ma serve a garantire la tracciabilità dei prodotti, ad informare correttamente il consumatore e allo stesso tempo a difendere tutte le produzioni del Made in Italy dalle storture del mercato. Non ha senso distinguere tra regole dell’industria e regole dell’agricoltura: il territorio è un elemento cruciale del comparto agroalimentare, ed è giusto premiare le materie prime di qualità, come quelle di cui è ricco il nostro Paese”.
Il provvedimento prevede che, con i decreti del Ministro delle Politiche Agricole e del Ministro dello Sviluppo Economico, e dopo aver consultato le principali associazioni di categoria, saranno stabiliti filiera per filiera i prodotti alimentari soggetti all’obbligo di indicazione. Attraverso i decreti, inoltre, si determineranno le modalità per l’indicazione del luogo di origine o provenienza e il requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata nella preparazione o produzione dei prodotti.
“La nuova legge - ha dichiarato Zaia - definisce una volta per tutte la linea d’ombra sull’origine dei prodotti, e attua a pieno titolo il principio italiano ed europeo della sicurezza ‘farm to table’ (dall’azienda alla tavola), lungo tutta la filiera produttiva, dando piena garanzia della rintracciabilità degli alimenti”. Non solo: “la norma - ha aggiunto il Ministro - agirà da deterrente contro comportamenti commercialmente o legalmente scorretti a danno dei consumatori”.
Il ddl prevede inoltre numerose novità destinate a rafforzare la competitività del settore agroalimentare. In particolare l’articolo 1 estende i contratti di filiera e distretto a tutto il territorio nazionale, eliminando così il vincolo presente nella legge 289/2002, che circoscriveva l’ambito di operatività dei contratti di filiera e di distretto alle sole aree sottoutilizzate. L’articolo 2 invece stabilisce il rafforzamento della tutela e della competitività dei prodotti a denominazione protetta, modificando il decreto legislativo 228/2001 e la legge n. 138 del 1974. Grazie a queste modifiche, i consorzi di tutela delle denominazioni d’origine possono avanzare proposte al Mipaaf per eventuali contributi o obblighi a carico di tutti i produttori e utilizzatori dei prodotti tutelati, anche al fine di gestire meglio le evoluzioni dei mercati. Si prevede inoltre l’applicazione di sanzioni più severe nelle ipotesi in cui vi siano violazioni contro i prodotti a denominazione protetta ai sensi dei regolamenti Ce n.n. 509 e 510 del 2006. La norma ha bisogno di ulteriori approfondimenti, onde valutare compiutamente le posizioni di perplessità espresse da alcune componenti rappresentative delle filiere in ordine alla rappresentatività dei consorzi di tutela.
Nell’articolo 3 si prevedono poi misure tese a promuovere la produzione di energia elettrica da biomassa agricola in impianti a produzione diffusa, ossia in impianti di potenza elettrica non superiore ad 1 Mw. La ridotta dimensione degli impianti, si legge nel testo legislativo, “garantisce che l’approvvigionamento sarà prevalentemente circoscritto al mercato locale, consentendo, al contempo, di minimizzare le esternalità legate alla movimentazione delle biomasse”.
Altra importante disposizione è quella dell’articolo 4, rubricato come “Garanzie e requisiti per i procedimenti della Legge 237/1993”, che serve a chiarire che i benefici previsti dalla legge in questione non possono essere riconosciuti a vantaggio dei soci di cooperative in stato di insolvenza. Analogamente, si precisa che persiste il diritto dello Stato alla rivalsa nei confronti dei soci liberati dall’intervento statale ma non aventi diritto a usufruire del beneficio (come ad esempio, nei casi di “condizionamento mafioso” di cui all’art. 10 del Dpr n. 252/1998).
Ancora, all’articolo 5 la normativa prevede disposizioni in materia di attività selvicolturali, e integra il decreto legislativo 227/2001, con l’aggiunta del comma 1-bis, sui “Criteri e buone pratiche di gestione forestale” approvati con decreto dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. L’articolo 6, infine, disciplina l’impiego del personale ministeriale nei controlli comunitari agricoli, in particolare la possibilità da parte dell’Agea e dell’Agecontrol di avvalersi attraverso convenzione dell’Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari.

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