Alla ricerca della redditività perduta: in Australia una buone metà delle cantine non sono redditizie, frenate dall’indebolimento del dollaro e dalle performance economiche tutt’altro che positive dei mercati di riferimento dell’export. I dati dell’ultimo report della Wfa (www.wfa.org.au), la federazione dei viticoltori australiani, ripresi dal magazine Uk “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com) classificano le aziende enoiche in quattro classi: redditizie, quando c’è un margine di oltre 300 dollari per ogni tonnellata di uva raccolta, a bassa redditività quando il guadagno è tra i 100 ed i 300 dollari a tonnellata, in pareggio quando il margine è tra gli 0 ed i 100 dollari, ed in perdita, quando il viticoltore ci rimette. Ci sono zone produttive, come Margaret River, in cui le aziende in perdita sono il 50%, altre, come Great Southern, in cui la percentuale sale al 61%, per arrivare alla quasi totalità (addirittura il 98%) delle imprese vinicole della Swan Valley.
Eppure, il Ceo della Wfa, Larry Jorgensen, non perde l’ottimismo, consapevole che “le condizioni economiche che ci hanno portato a queste condizioni stanno già mostrando segni di un’inversione di tendenza che sarebbe davvero importante. La situazione, nella maggior parte dei nostri mercati di riferimento, sta migliorando e, anche senza saper legger il futuro, siamo convinti che le cose torneranno presto positive”. Le aziende redditizie, invece, sono il 30% nella Margaret River, mentre a Great Southern sono solo il 16% (+2% sul 2014), ma è ancora Jorgensen a mettere in guardia da “numeri che, a volte non raccontano tutta la verità, quello del vino è un settore in cui è difficile reperire dati certi”.
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