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VINO E TERRITORIO

“Amarone Opera Prima” 2025 nel calice: la peculiare annata 2020 nei migliori assaggi WineNews

Focus: le masterclass sul futuro del “rew della Valpolicella, partendo dal passato. Ed alla Bottega del Vino, le nuove annate delle Famiglie Storiche

L’annata viticola del 2020, in Valpolicella è stata un susseguirsi di eventi imprevedibili che hanno dato un risultato in vigna molto variabile, mettendo alla prova, ma infine premiando, i produttori. La primavera 2020 è stata, infatti, segnata da un clima mite e asciutto, che ha accelerato il risveglio del vigneto, anticipandone le fasi fino alla fioritura di maggio; da giugno ad agosto, invece, si sono alternate fasi calde e aride, con fasi piovose e fresche, che hanno portato a tempi di vendemmia leggermente anticipati, ma molto disomogenei sul territorio, dovuti alla variabilità di maturazione dei grappoli in vigna. Prese le misure, però, gli acini accompagnati a perfetta maturazione hanno dimostrato di avere in dotazione aromi intatti e concentrazioni zuccherine più che sufficienti per affrontare il seguente appassimento per la produzione di Amarone della Valpolicella. Questa, in sintesi, l’analisi vendemmiale del Consorzio dei Vini della Valpolicella, che ha presentato in anteprima l’annata 2020 ad “Amarone Opera Prima” 2025, che si è chiuso, ieri, al Palazzo della Gran Guardia, a Verona.
Un’edizione che ha visto salire a 78 il numero di aziende partecipanti all’evento (cifra raggiunta per la prima volta) e salire di ben 51 le nuove adesioni al Consorzio nel 2024: un risultato significativo se collegato all’anniversario dei 100 anni che festeggia quest’anno il Consorzio della Valpolicella, riferendosi alla fondazione della prima associazione di produttori in seno alla Provincia di Verona, precorritrice dell’attuale Consorzio che è seguito al riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata nel 1968.
L’aumento dei partecipanti ha fatto salire anche i campioni 2020 in assaggio all’anteprima: 77 in tutto (presentati da 73 aziende), di cui 9 Riserve e 29 già in commercio. In termini di provenienza, 33 della zona classica, 39 della zona estesa e 5 dichiarati dalla Valpantena. Anche questi ultimi in lieve ma graduale aumento sugli anni scorsi, timida adesione agli intenti del Consorzio di mettere a punto una suddivisione in sottozone-valli. Un progetto in realtà supportato da molti soci, che si stanno già muovendo in modo autonomo e localizzato per trovare un’identità caratterizzante e riconoscibile della propria valle, anche supportato da studi indipendenti (ne sono un esempio i produttori della Valle di Mezzane, della Valle di Squaranto o di Marcellise).
Passi necessari per collocare sempre più la Valpolicella in una dinamica e in un racconto di territorio (e meno di metodo, come ha auspicato nella sua masterclass Andrea Lonardi, vicepresidente del Consorzio e Master o Wine) e portare l’Amarone ad essere definitivamente riconosciuto come vino di pregio a livello internazionale, come dimostrano già le carte dei vini di molti ristoranti stellati italiani e stranieri (tema della masterclass tenuta da JC Viens). L’aumento di valore che ha sperimentato la denominazione negli ultimi anni d’altronde porta in quella direzione, anche a rappresentare l’apprezzamento per la denominazione da parte del mercato: “un benessere per tutta la comunità - ritiene il presidente del Consorzio, Christian Marchesini - se pensiamo che nell’ultimo quarto di secolo il solo valore fondiario dei terreni vitati è cresciuto del 133% a fronte di un’estensione dei vigneti del 65%. Se all’asset vigna aggiungiamo quello della cantina, il valore attuale della nostra denominazione arriva a circa 6 miliardi di euro”. Valori supportati anche dagli ultimi numeri presentati nell’analisi dell’Osservatorio Uiv (Unione Italiana Vini): il “re” della Valpolicella nel 2024 chiude a -2% sull’anno precedente, ma con un recupero del 9% nel secondo semestre. Un rimbalzo significativo, se si considerano le difficoltà di quasi tutte le principali denominazioni rosse del pianeta, ma ancora leggero per uscire dalla complessità del periodo.
In termini di produzione - secondo i dati dell’Agenzia Veneta per i Pagamenti della Regione Veneto - Avepa - la Valpolicella (2.400 aziende e 360 imbottigliatori) ha anche visto aumentare nuovamente gli ettari a vigneto fino a 8.621 (erano 8.617 nel 2023 e 7.435 dieci anni prima, nel 2014), che però corrispondono a un calo della produzione totale a 900.160 quintali rispetto all’anno prima (quando erano 934.525, altalenante nei 3 lustri precedenti, oscillando tra il massimo di 971.267 quintali del 2018 al minimo di 772.579 del 2020). Di questi, 328.347 quintali sono stati dedicati nel 2024 alla produzione di Amarone e Recioto della Valpolicella (438.254 nel 2023, punta massima di produzione sempre altalenante nei 3 lustri precedenti, toccando il minimo di 228.078 quintali del 2014). L’imbottigliamento invece - secondo la Società Italiana per la Qualità e la Rintracciabilità degli Alimenti - Siquria - ha riguardato quasi 17 milioni di bottiglie di Valpolicella (in leggero aumento sul 2023 con 16.146.400 di bottiglie, ma in calo rispetto ai vertici del 2021 con 19.951.733 di bottiglie e del 2017 con 19.612.933 di bottiglie); quasi 28,5 milioni di bottiglie per il Valpolicella Ripasso (ormai in linea con gli anni precedenti alla pandemia da Covid-19, durante i quali aveva sperimentato una crescita sostenuta fino a toccare i 34.856.267 di bottiglie nel 2021); e, infine, 13.926.000 bottiglie di Amarone e Recioto della Valpolicella (in calo sul 2023 con 14.236.667 di bottiglie, ma anche sugli anni precedenti fino al 2016 compreso, periodo in cui ha toccato la punta massima di 18.819.867 nel 2021).
Numeri in calo per l’Amarone, insomma, che riflettono anche l’annata 2020 assaggiata in anteprima. Come anticipato, è stata molto variabile climaticamente, nonostante la primavera promettesse bene.
Il germogliamento ha avuto luogo tra il 6 e il 7 aprile, in perfetta sintonia con la media storica, ma le temperature superiori alla media stagionale hanno accelerato il risveglio del vigneto. La fioritura, tra il 25 e il 29 maggio, è avvenuta in anticipo rispetto ad altri anni, ma si è sviluppata in modo lineare, grazie alle temperature nella media e le piogge scarse, che le hanno permesso di svilupparsi in modo lineare, senza stress idrico o termico. Nel mese di giugno, ad allegagione ormai conclusa, i frequenti eventi piovosi e le temperature sotto la media stagionale hanno costretto gli agricoltori a gestire i principali patogeni della vite. A partire dai primi giorni di agosto, tra il 3 e il 7, quanto è partita l’invaiatura, la stagione ha, però, subito una svolta: il clima, che con luglio era stato caldo e asciutto, ha visto l’arrivo di piogge abbondanti e intense. Il contrasto tra il caldo estivo iniziale e il fresco ritorno della pioggia ha creato un ambiente favorevole alla maturazione. Le temperature si sono poi abbassate, portando un po’ di sollievo al ciclo vegetativo, ma anche la necessità di un monitoraggio costante per prevenire eventuali patologie legate all’umidità.
Il contrasto tra un inizio asciutto e caldo e una seconda parte della stagione segnata da piogge abbondanti ha caratterizzato in modo inusuale la stagione. Se da gennaio a maggio, con l’eccezione di marzo, le precipitazioni erano state scarse, la vera sfida è arrivata nei mesi successivi. Il flusso di piogge intense, accompagnato da qualche improvvisa grandinata, ha reso l’estate meno prevedibile, interrompendo un ciclo di crescita che sembrava destinato a seguire ritmi familiari: ciò ha portato ad una forte variabilità nella maturazione delle uve, da fondovalle alle altitudini più elevate, e ha reso la raccolta dei grappoli quindi molto disomogenea. La vendemmia ha preso generalmente il via a metà settembre, con qualche giorno di anticipo sulla media, accompagnata da giorni freschi e ventilati, che hanno favorito una maturazione sana delle uve (anche grazie all’apporto idrico di giugno e agosto). I valori analitici rilevati nelle diverse stazioni di campionamento hanno evidenziato una maturazione che, sebbene ritardata rispetto alle annate più calde e rapide, ha beneficiato di condizioni climatiche favorevoli a partire da metà settembre che ha registrato un andamento climatico più stabile. La combinazione di temperature fresche e piogge estive ha fatto sì che i grappoli sviluppassero una buona qualità, senza difetti sanitari, con concentrazioni zuccherine ottimali e dotazioni aromatiche intatte.
Secondo il Consorzio, un’annata complessa che si riflette in etichette di Amarone della Valpolicella altrettanto variegate, con un’ottima dotazione acidica e di tipicità e un corredo aromatico ben bilanciato tra le note varietali, quelle figlie dell’appassimento e quelle derivate dall’affinamento. Caratteristiche supportate dall’analisi sensoriale, che rileva ottime dotazioni strutturali e tenori alcolici equilibrati, con punti di colore di grande intensità e profondità. Nel bicchiere, la redazione di WineNews (che racconterà passato, presente e futuro dell’Amarone e della Valpolicella in un video online nei prossimi giorni, ndr) ha nuovamente riconosciuto lo stile sempre più contemporaneo che i vini della Valpolicella stanno assecondando ormai da qualche anno: con un tenore alcolico certamente sempre importante (quest’anno con spunte acetiche più o meno accentuate, ma trasversalmente diffuse), dove però gli aromi primari restano per lo più integri e supportati da freschezza e sapidità più accentuate. E dai campioni in assaggio, ecco la selezione dei migliori dall’anteprima 2025:

Albino Armani, Amarone della Valpolicella Classico Cuslanus Riserva 2020
Vino chiaro e appuntito che anticipa un sorso ricco di polpa rossa, con note scure di terra e tabacco a dare tridimensionalità.

Benazzoli, Amarone della Valpolicella Classico 2020
C’è calore, ma anche note vegetali, di spezie rinfrescanti, insieme alla dolcezza della frutta croccante, che si aggiungono ad un sorso minerale, quasi salato.

Bennati, Amarone della Valpolicella 2020
Generoso di frutta rossa matura e fiori rossi, si arricchisce di erbe aromatiche intense che si ritrovano al sorso saporito e di buona aderenza agrumata.

Bertani, Amarone della Valpolicella Valpantena 2020
Inconfondibile l’eleganza di questo Amarone Classico, equilibrato nei profumi e armonico al sorso che chiude di pepe bianco e arancia rossa, a cui la finezza di note floreali ha ceduto il passo.

Bolla, Amarone della Valpolicella Classico Le Origini Riserva 2020
Versione intensa e ricca nei profumi e nei sapori di frutta e spezie, che si rinfrescano di sottobosco al palato, insieme a matericità fruttata e aderenza sapida persistente.

Bottega, Amarone della Valpolicella Il Vino degli Dei 2020
Spezie dolci e rinfrescanti, ma anche chinotto, fiori rossi e frutta matura al naso, che si allungano nel sorso lungo e carnoso, con una spina dorsale vegetale.

Costa Arènte, Amarone della Valpolicella Valpantena 2020
Un sorso dalla trama larga, sebbene scura di mora, di sottobosco e di liquirizia, che lascia lunghi ricordi agrumati e speziati al palato e matericità sapida.

Farina, Amarone della Valpolicella Classico Famiglia Farina 2020
Un vino fine e netto, più floreale che fruttato, sia dolce che fresco, anche al sorso, dove l’aderenza decisa lascia infine il posto alle erbe aromatiche gentili.

Fattori, Amarone della Valpolicella Col de la Bastia 2020
Intensità e finezza, succosità e aderenza, aromi primari e terziari, dolcezza e piccantezza: mette in riga tutto senza indugi, raggiungendo piacevolezza contrastata, ma equilibrata.

Gerardo Cesari, Amarone della Valpolicella Classico 2020
Tonalità scure e calde di prugna in confettura, sottobosco e spezie dolci per un sorso a trama larga ed ematica, che si attarda materico e sapido al palato.

La Collina dei Ciliegi, Amarone della Valpolicella 2020
Note di ciliegia si distinguono insieme alle spezie dolci e alle note terrose, sia al naso che al sorso, cui si aggiungono cenni di pietra focaia al palato caldo e strutturato.

Le Guaite di Noemi, Amarone della Valpolicella 2020
Resta un vino dai colori neri di mora, di liquirizia, di fiori appassiti e di mirto e ginepro, ma gli aromi si fanno più nitidi e il calore ben integrato nel sorso succoso di chinotto.

Massimago, Amarone della Valpolicella Conte Gastone 2020
Dalla trama larga e accogliente, si stratifica tra note terrose, fruttate, ematiche e speziate, e tra sensazioni dolci, sapide, amare e acide, che si muovono al palato con gusto.

Montezovo, Amarone della Valpolicella 2020
Se al naso risulta più vegetale che fruttato, al palato i due caratteri si invertono, lasciando la bocca ricca di frutta rossa e bianca, di fiori di sapidità polposa.

Pasqua, Amarone della Valpolicella Famiglia Pasqua 2020
Un concentrato di viola e di amarena in confettura al naso, anticipano un sorso altrettanto rosso e generoso, rifinito di spezie dolci, acidità appuntita e scorrevolezza sapida melograno.

Rocca Sveva, Amarone della Valpolicella Riserva 2020
È un naso maturo ma fresco, di agrumi, amarene e balsami boschivi, che vira verso tonalità più scure in bocca, sia aderenti che scorrevoli: goudron e more nel finale.

Salvaterra, Amarone della Valpolicella Classico 2020
Frutti rossi croccanti e nitidi, arancia compresa, in questo naso caldo ma balsamico, che in bocca aderisce subito sapido, cedendo poi ematico e piccante di pepe nero.

Secondo Marco, Amarone della Valpolicella Classico 2020
Chiaro, fine, saporito e carnoso: un vino che profuma di mandarino, ciliegia, fiori di rosmarino e vaniglia, e che scorre lieve in bocca lasciando lunghe tracce materiche sulla lingua.

Villa della Torre (Marilisa Allegrini), Amarone della Valpolicella Classico 2020
Aromi dolci di piccoli frutti rossi e arancia rossa, ma anche scuri di goudron e terra a dare profondità, verso una bocca saporita e polposa, dall’allungo vegetale e floreale.

Zýmē, Amarone della Valpolicella Classico 2020
Anche questa versione è fitta e intensa di spezie, di frutta in confettura e di balsamicità boschiva: uno stile riconoscibile anche nel sorso generoso di calore, sapidità e aderenza.

Focus - Alla Bottega del Vino di Verona, le Famiglie Storiche presentano le loro nuove annate
Risolto ogni contenzioso pendente con il Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella nel 2023, ma ancora in una strada parallela, le Famiglie Storiche (Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti, Venturini e Zenato), hanno presentato le loro ultime etichette di Amarone della Valpolicella in commercio alla storica Bottega del Vino, di proprietà dell’associazione che le riunisce e guidata dall’oste Luca Nicolis. Tredici vini, per tredici soci, per tredici stili, che stanno però gradualmente virando verso acidità più sostenute e aromaticità più fresche e definite, forti della loro costante ricerca di qualità che hanno promosso con tenacia in tutto il mondo, ma coerenti con i cambiamenti che stanno avvenendo, sia in vigna che nei palati. Questi gli assaggi di WineNews dei vini, serviti dal team della storica Bottega del Vino:

Torre d’Orti, Amarone della Valpolicella 2021
Fresco e croccante di ribes rossi e ciliegia in gelatina, ha un sorso vegetale e molto caldo, che chiude sapido.

Allegrini, Amarone della Valpolicella Classico 2020
Fragrante di ciliegia e mora, ha note terrose e di goudron, cui si aggiunge il chinotto nel sorso intenso e succoso.

Begali, Amarone della Valpolicella Classico 2020
Carattere scuro e speziato, sia al naso che al sorso, dove la sapidità e il tannino sostengono bene il sorso balsamico.

Speri, Amarone della Valpolicella Classico Sant’Urbano 2020
Sempre gentile il Sant’Urbano di Speri, nei toni fruttati e speziati al naso, ma anche nei tocchi vegetali e agrumati nel sorso croccante.

Venturini, Amarone della Valpolicella Classico 2019
La dolcezza nitida di ciliegia e violetta si aggiunge al melograno e alle erbe aromatiche; ci sono calore e speziatura pepata, ma la succosità del frutto non cede di un millimetro.

Zenato, Amarone della Valpolicella Classico 2019
Un vino molto caldo e intenso, dove tonalità rosse e nere si alternano sia al naso che al palato, dove sosta a lungo sapido e fruttato, con cenni di goudron a fine sorso.

Guerrieri Rizzardi, Amarone della Valpolicella Classico Villa Rizzardi Riserva 2019
Vino di chiaro-scuri gusto-olfattivi e tattili, che muovono il sorso tra aromi di frutta e spezie, torrefazione e balsami contrastanti, fa matericità sapida e calda, acida e pepata.

Tenuta Sant’Antonio, Amarone della Valpolicella Campo dei Gigli 2019
Una trovata freschezza floreale e speziata, accompagnata da amarena sotto spirito, che anticipa un sorso aderente e pulito, dagli appunti scuri di goudron e chiari di visciola nel finale.

Musella, Amarone della Valpolicella 2018
Un leggero spunto acetico amplifica i profumi di piccoli frutti rossi in caramella, arancia rossa, mirto e camelia: il sorso sapido e fresco, ha aderenza materica e chiusura solare.

Brigaldara, Amarone della Valpolicella Case Vecie 2018
Trama scura, ma succulenta di fiori appassiti, amarena, mora e pepe, che si apre alla mineralità inaspettata del sorso, speziato di fresca liquirizia e dolce-amaro di chinotto.

Masi, Amarone della Valpolicella Classico Costasera Riserva 2018
Un tradizionale Costasera intenso, caldo e balsamico, sia al naso che al palato, dove si dipana complesso e fragrante, dal lungo finale caldo eppure rinfrescante.

Tedeschi, Amarone della Valpolicella Classico Maternigo Riserva 2016
Le tonalità sono nere di mora, amarena in gelatina, liquirizia, ginepro e un tocco di goudron; il sorso però scorre bene, districandosi con destrezza tra calore, dolcezza e tannini importanti.

Tommasi, Amarone della Valpolicella Classico Ca’ Florian Riserva 2016
Profuma di frutta rossa in confettura, erbe aromatiche gentili, arancia rossa e pepe, che si imprimono a lungo al palato lasciando la bocca dolce e speziata, delicatamente sapida.

Focus - Uno sguardo al futuro partendo dal passato: le masterclass di “Amarone Opera Prima” 2025
La presentazione in anteprima dell’Amarone 2020 ha esordito il 31 gennaio alla Gran Guardia di Verona con le masterclass di due noti esperti del territorio, che hanno dato uno sguardo al passato dell’Amarone e del suo territorio per tentare di dare una prospettiva per il futuro, conscia delle sfide che le si propongono.
La prima, “Icon of Fine Dining in the World’s 50 Best Restaurants” condotta dall’educatore di vino italiano JC Viens, ha toccato il tema dell’abbinamento cucina raffinata - vini di pregio, sulla scia della masterclass 2024, in cui affrontava la collocazione dell’Amarone tra i vini pregiati da collezione. Partendo dalla premessa che il “progetto Amarone” è alquanto recente (trent’anni rispetto alla storia plurisecolare di altri vini di pregio italiani e stranieri), Viens analizza alcune caratteristiche che fanno dell’Amarone un vino di pregio, nonostante la sua giovane storia: la complessità del territorio e la complessità dell’appassimento (che non concentra solo zuccheri, ma anche acidità e aromi, creandone di nuovi), l’unicità delle uve e l’arte che ne richiede l’assemblaggio, infine il know-how relativo alle conseguenze del meteo sulle uve, non solo in vigna ma anche durante la loro messa a riposo. Secondo Viens la nobiltà di questa tecnica che deriva da un passato millenario che si è affinato nel tempo, merita di essere apprezzata e valorizzata maggiormente sia in casa che all’estero, perché assicura capacità di invecchiamento, longevità e potenziale di abbinamento: tutti fattori che un discorso di mero “metodo” sviliscono, quando in realtà è molto più associato alla cultura e alla storia di un territorio. Tanto che, se è vero che “l’Amarone è uno stile”, al suo interno ve ne sono innumerevoli declinazioni, che permettono anche di giocare con abbinamenti molto raffinati, seppur saporiti.
La “sfida” di JC Viens, quindi, è consistita nel provare nella pratica quanto teorizzato: partendo dalla lista dei ristoranti raffinati della World’s Best 50 Restaurant, ha cercato nelle carte dei vini di 7 di essi gli Amarone disponibili attualmente anche sul territorio, immaginando di abbinarli ad un piatto specifico del loro menù. Uno sforzo immaginifico non indifferente, per chi quei piatti non li ha mai provati, ma che vuole in fondo solamente confermare, come già in questo preciso momento i migliori ristoranti del mondo considerino l’Amarone della Valpolicella un “fine wine” degno di essere considerato compagno del “fine dining”. Non solo: i vini presi in considerazione, hanno dimostrato come (a parità di grado alcolico importante) i valori alti di zucchero e le basse acidità che tutti considerano caratterizzanti l’Amarone della Valpolicella, siano in realtà da tempo preconcetti superati. Ecco allora gli abbinamenti scelti da JC Viens:

Mountain, London (Uk) - Aragosta in salsa
Meroni, Amarone della Valpolicella Classico Velluto 2011
Acidità 5,64 - zucchero residuo 5,8 - alcol 17,28°.
Dove l’intensità speziata e fruttata del vino dovrebbe abbinarsi per concordanza a quella della salsa.

Sézanne, Tokjo (Giappone) - Anatra in salsa di senape
Ca’ la Bionda, Amarone della Valpolicella Classico Ravazzol 2012
Acidità 6,64 - zucchero residuo 3,3 - alcol 16°.
Dove la densità della carne dovrebbe abbinarsi per concordanza al sorso levigato del vino.

Le Calandre, Padova (Italia) - Fassona e tartufo nero
Monte dall’Ora, Amarone della Valpolicella Classico Stropa 2013
Acidità 7,47 - zucchero residuo 1,6 - alcol 15,5°
Dove la carnosità del vino dovrebbe abbinarsi per concordanza alla fassona, la terrosità al tartufo.

Cenci, Kyoto (Giappone) - Piccione arrostito, riduzione di aglio nero e riso marrone
Zýmē, Amarone della Valpolicella Classico 2013
Acidità 6,3 - zucchero residuo 5 - alcol 15,5°
Dove le spezie e la struttura del vino dovrebbe abbinarsi per concordanza ai sapori e alla consistenza del piatto.

Single Thread, Sonoma (Usa) - Manzo wagyu, verdure di stagione e salsa al vino rosso
Buglioni, Amarone della Valpolicella Classico Il Lussurioso 2016
Acidità 5,5 - zucchero residuo 3 - alcol 16,3°
Dove il tannino dovrebbe abbinarsi per contrasto alla morbidezza della carne e della salsa.

Fat Duck, Bray (Uk) - Parfait di fegato di pollo in gelatina al mandarino
Tezza, Amarone della Valpolicella Brolo delle Giare Riserva 2016
Acidità 6,7 - zucchero residuo 3,5 - alcol 16,5°
Dove l’agrume del vino dovrebbe richiamare per concordanza l’agrume del piatto.

Eleven Madison Avenue, New York (Usa) - Polpette di bieta in riduzione di bieta e vino rosso
Quintarelli, Amarone della Valpolicella Classico 2017
Acidità 6,5 - zucchero residuo 6 - alcol 16,5°
Dove la finezza saporita del vino dovrebbe concordare con un piatto dalla saporita lievità vegetariana.

La seconda masterclass, “La memoria del tempo: un viaggio tra le annate storiche dell’Amarone” del Master of Wine Andrea Lonardi, che è anche vicepresidente del Consorzio dei Vini Valpolicella, ha invece affrontato le sfide future dell’Amarone, facendo un’analisi schematica di sequenze temporali in termini di “nascite”, di stile, di sfide e modelli. Secondo Lonardi, l’Amarone è nato 3 volte: la prima volta negli anni Cinquanta e Sessanta, quando imprenditori industriali visionari inventarono la versione secca del Recioto, ed era un vino austero e tradizionale, maturato in botti grandi e fortemente legato al territorio; la seconda volta alla fine degli anni Novanta, quando un certo mercato richiese un certo tipo Amarone, facendolo emergere grazie al talento commerciale e comunicativo di altri imprenditori ambasciatori, ed era un vino caldo e avvolgente, maturato in barrique e fortemente legato a vitigni e metodo; infine oggi, che, forte di investimenti e maturità della denominazione, l’Amarone può puntare a stare stabilmente tra i vini di pregio, e al consumo gastronomico, essendo un vino più spoglio e dinamico, maturato in vetro e fortemente legato alla cultura.
La sfida principale oggi riguarda il clima: l’appassimento nacque, infatti, come soluzione per aumentare la gradazione di uve poco mature che crescevano in posti troppo freddi; oggi fa troppo caldo e il territorio deve prenderne atto, superando, secondo Lonardi, atteggiamenti nostalgici verso metodi e soluzioni fin qui sempre usati, ma ormai, forse, desueti se non dannosi. Ma anche le fasi più recenti, quelle legate alle 3 nascite e ai 3 stili, dovettero affrontare problematicità specifiche: agli esordi della sua invenzione, la sfida dell’Amarone era trovare riconoscimento e segmento di mercato; durante il boom commerciale la sfida era tenere passo alla richiesta, crescendo e vendendo senza sosta; infine oggi, la sfida è ripensarsi e diversificare le decisioni, in termini di tecnica, di stile e di comunicazione, dentro e fuori dalle aziende, per non restare ancorati ad un passato superato.
I cambiamenti, insomma, sono pane per i denti esperti degli imprenditori veneti, che con intuito e creatività hanno già trasformato i problemi in opportunità più volte durante lo scorso secolo: passando dallo stile dolce a quello asciutto; dagli impianti a pergola agli allevamenti a controspalliera (per tornare di recente di nuovo sulla pergola); dagli assemblaggi a base Rondinella agli assemblaggi a base Corvina; dagli appassimenti di 120 giorni, a 90 giorni (oggi a 60 giorni?), dall’appassimento naturale a quello tecnologico; dalla maturazioni in botti di ciliegio alla maturazione in barrique di rovere (al cemento di oggi?). E mentre si adattavano ai mercati, ai contesti, ai gusti, hanno creato nel tempo stili diversi che partono da elementi geografici (valli, sesti d’impianto, suoli, altitudini, esposizioni ...), sociologici (come l’inventiva imprenditoriale o il talento commerciale), produttivi (assemblaggi, appassimento, macerazione, invecchiamento, durata, contenitori ...). A cui si aggiunge lo stile “del marchio”, stili specifici aziendali che stanno diventando sempre più numerosi.
Questa varietà, secondo Lonardi, non deve spaventare, ma deve diventare un punto di forza: omologare gli stili in Valpolicella non deve essere un obiettivo, perché tradirebbe questa cultura della varietà che è sempre esistita nel territorio, anche se per qualche tempo si è negata (ad esempio nel boom commerciale tra il 2005 e il 2015). Similmente allo Champagne, ha detto Lonardi, l’Amarone è certamente un “vino di metodo”, ma è talmente complesso il suo tragitto, da poter contenere mille differenze al suo interno, tutte capaci di esprimere uno stile diverso.
Una complessità che dev’essere anche comunicata, perché l’Amarone della Valpolicella parla certamente di un metodo unico, ma anche del territorio unico in cui è nato; è un vino che parla delle persone visionarie che l’hanno prodotto e della storia di un territorio; è un vino che parla di un successo commerciale che dura ormai ininterrottamente da 30 anni; ed è un vino che parla di longevità. Come hanno dimostrato le 9 etichette in assaggio, che concentrano in sé tutte le nascite, gli stili, le sfide e i racconti attraversati dalla denominazione e dai suoi protagonisti:

Cesari, Amarone della Valpolicella Classico Bosan Riserva 2010
Dalle tonalità scure ma succulente, “campariggiante” con un tocco di pietra focaia.

Marion, Amarone della Valpolicella 2007
Vino morbido e salato, dalla spina acida ancora intatta e “chinottante”.

Bussola, Amarone della Valpolicella Classico Vigneto Alto 2000
Ci sono glicerina levigante e carnosità fruttata a tenere a bada il calore.

Mazzi, Amarone della Valpolicella Classico Punta di Villa 1997
Si introduce la barrique per metà della massa: vino strutturato, ma fine, come i fiori appassiti.

Cecilia Beretta (Pasqua Vigneti e Cantine), Amarone della Valpolicella Classico Terre di Cariano 1985
Annata difficile e coperta di neve: ne è nato un vino spesso, ancora oggi, e stratificato.

Santa Sofia, Recioto della Valpolicella Amarone Classico Superiore 1983
Già allora, l’obiettivo era un “Amarone da bere”; lo è ancora: scorrevole, minerale, agrumato.

Bertani, Recioto della Valpolicella Amarone Classico Superiore 1975
Annata difficile, ma resta integro e succulento, fresco di balsami e chinotto.

Montresor, Recioto della Valpolicella Amarone 1969
Sorso dalla trama larga, che riesce a contenere il calore grazie alla struttura.

Bolla, Recioto Amarone Riserva del Nonno 1950
La prima bottiglia di Amarone sul mercato. Ha ancora i frutti in confettura e le tonalità ematiche integre, sorretto da un lungo contrasto dolce-amaro.

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