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APPELLO IN DIFESA DELLA TIPICITÀ E DELL’INTEGRITÀ DEL VINO ITALIANO: LO PROMUOVONO I GIORNALISTI MARCO ARTURI E SANDRO SANGIORGI. LE ADESIONI? “VINI VERI”, “VINNATUR” (ANGIOLINO MAULE), “TRIPLE A”, “RENAISSANCE DES AOC ITALIA” ...

In seguito al “caso Brunello”, ed ai conseguenti attacchi sferrati all’identità del vino italiano da cantine industriali, enologi e critici enoliberisti, la “parte resistente” dell’enologia nazionale si riunisce, per la prima volta, in un appello per la tutela del vino del Bel Paese, contro ogni progetto di omologazione ai modelli imposti dal mercato globalizzato e a favore di una viticoltura più rispettosa delle regole e del territorio. Vignaioli ed enologi naturali, giornalisti indipendenti e commercianti illuminati contro un establishment che antepone le necessità del marketing al valore sociale, economico e culturale del vino.
A sostegno dell’iniziativa un appello elaborato per chiamare a raccolta le forze della “parte resistente” del mondo enologico italiano, contro i progetti di chi nel vino vede un prodotto da adeguare alle esigenze del mercato e poco altro.
Il documento, redatto dai giornalisti Marco Arturi e Sandro Sangiorgi (www.porthos.it), difende la validità dei disciplinari di produzione, messa in dubbio da opinion leader, richiede una maggiore attenzione da parte delle autorità di controllo, sottolinea i rischi legati ad una globalizzazione sbagliata che mira a imporre l’appiattimento delle differenze e lo svilimento delle capacità contadine. Rinnova il richiamo al rispetto della terra e del territorio, che non può essere disgiunto dalla preoccupazione per la salute dei consumatori.
La lista dei primi firmatari che, per la prima volta, riunisce i principali soggetti da tempo impegnati nella difesa della tipicità e dell’integrità del vino italiano, vede fra gli altri il gruppo Vini Veri, guidato da Teobaldo Cappellano, l’associazione VinNatur, presieduta da Angiolino Maule, la selezione Triple A, curata da Luca Gargano e la Renaissance des Aoc Italia, realtà ideata da Nicolas Joly e coordinata da Stefano Bellotti. Aderiscono anche giornalisti italiani di settore, oltre a produttori indipendenti, enologi di primo piano e commercianti.
L’appello, che di seguito riportiamo, è disponibile e sottoscrivibile in rete su www.porthos.it.

L’appello - In difesa dell’identità del vino italiano
Le vicende riguardanti i casi di presunta violazione del disciplinare del Brunello di Montalcino hanno fornito lo spunto per l’ennesimo attacco nei confronti della tipicità e della storia dei vini italiani.
A sferrare l’offensiva sono stati i teorici dell’omologazione, del liberismo selvaggio applicato al settore vitivinicolo, di quella malintesa modernità che vorrebbe qualsiasi prodotto enologico conforme ai canoni della richiesta di mercato. Ma chi sono queste persone? Su “Porthos” n. 28, nel pezzo “Il mostruoso equivoco”, si parla di un vero e proprio establishment, formato da consulenti, cantine industriali ma anche produttori medi e piccoli, critici e opinion leader. A unirli è la convinzione che il vino sia frutto di un protocollo applicabile ovunque, non a caso molti di loro sono i migliori clienti delle industrie chimiche e biotecnologiche.
Approfittando di un momento di enorme confusione mediatica, questi signori ci spiegano che il problema non è chi froda - agendo al di fuori delle leggi e ingannando il consumatore - bensì l’intero sistema di regole condivise. Parlano di obsolescenza dei disciplinari di produzione, sostengono l’inevitabilità del ricorso ai vitigni “migliorativi” al fine di rendere i vini italiani più competitivi, pretendono di utilizzare le denominazioni più prestigiose senza dover rispettare la storia, le tradizioni e il lavoro che hanno contribuito a generarne il mito.
Si esprimono quasi sempre senza contraddittorio e trovano ampia cassa di risonanza in diversi organi di stampa a diffusione nazionale; le loro dichiarazioni assumono così la valenza di prescrizioni inderogabili per la salute dell’intero comparto enologico.
Per chi, come noi, considera il vino un bene culturale e un nutrimento dello spirito, tutto questo è inaccettabile.
I disciplinari di produzione sono stati creati allo scopo di salvaguardare e garantire l’identità e l’integrità dei vini italiani. Negli ultimi 40 anni, con la complicità e la disattenzione delle autorità di controllo, alcuni dei territori più significativi sono stati trattati come dei contenitori da riempire, occupare o allargare a dismisura. In numerosi luoghi la vite si è trasformata da coltura specializzata a coltivazione dominante, togliendo varietà e respiro al paesaggio. Sì è assistito a un’invasione di vitigni alloctoni con l’obiettivo di “migliorare” le specialità italiane e realizzare prodotti più facili da consumare, senza badare allo svuotamento di contenuti a cui molti vini sarebbero andati incontro. L’establishment continua a modificare i disciplinari senza alcuna progettualità, ma fotografando di volta in volta il cambiamento proposto dal marketing. Tutto ciò in nome di un riscontro economico immediato e seguendo i capricci del mercato. Un grave errore dal punto di vista etico ma anche sotto il profilo economico: la standardizzazione dei nostri vini ha come diretta conseguenza, nel medio-lungo periodo, un calo delle vendite e dell’attrattiva turistica esercitata dalle zone di produzione.
Per restituire credibilità ai disciplinari e recuperare lo spirito che li ha generati, si dovrebbe condurre una campagna restrittiva, aggiornando e migliorando le regole e i controlli per adeguarli ai nuovi sistemi che l’establishment usa per aggirarli. In questo momento le aziende vinicole possono utilizzare prodotti sistemici che, progressivamente, tolgono vita alla terra e ai vigneti; nella realizzazione del vino non lesinano lieviti, batteri ed enzimi selezionati dalla biotecnologia; inoltre, sono autorizzate sostanze, giustificate da una supposta origine enologica, che dovrebbero aggiustare il liquido. Tutte queste azioni rendono vano il concetto di territorialità.
Le ultime leggi hanno autorizzato i consorzi di tutela, formati dalle stesse aziende, delle verifiche sulla corrispondenza tra i vini e i rispettivi disciplinari ma la situazione non è migliorata, visto che in Italia la produzione non ha ancora assunto la maturità per procedere a un serio autocontrollo.
Il vino è lavoro, socialità, commercio. La globalizzazione rappresenta un’opportunità quando permette di conoscere e confrontare prodotti che sono espressioni di territori e culture differenti; è invece un pericolo quando impone l’appiattimento della varietà, lo svilimento della territorialità, la sostituzione del lavoro e della capacità contadina con la manipolazione industriale e con l’alchimismo.
Per questo noi, che produciamo, raccontiamo, commerciamo, studiamo, amiamo il vino italiano, ribadiamo la nostra contrarietà a qualsiasi ipotesi di snaturamento delle denominazioni, sia attraverso l’impiego di vitigni alloctoni sia attraverso pratiche che abbiano la finalità di fare del nostro vino qualcosa di differente da sé. La forza del vino italiano risiede nella complessità e nella varietà che rappresentano risorse da valorizzare, anziché sacrificarle in nome delle presunte esigenze del gusto globalizzato.
Ci proponiamo dunque di dedicare d’ora innanzi un impegno ancora maggiore - che già si sta concretizzando grazie all’amore con cui molti dei firmatari di questo appello organizzano manifestazioni, convegni, stage, corsi e degustazioni - nel preparare campagne di sensibilizzazione e di informazione in difesa dell’identità del nostro vino, certi che sia l’unica strada percorribile per tutelarlo e continuare a farlo amare nel mondo.
Marco Arturi e Sandro Sangiorgi

Lappello - I primi firmatari ...
Sandro Sangiorgi e Porthos
Teobaldo Cappellano e Vini Veri
Angiolino Maule e Vin Natur
Luca Gargano - Velier Triple A
Stefano Bellotti - Renaissance Italia
Francesco Paolo Valentini - produttore
Maria Teresa Mascarello - produttore
Corrado Dottori - produttore
Luigi Anania - produttore
Carlo Noro - agricoltore biodinamico
Franco Ziliani - giornalista
Roberto Giuliani - Lavinium
Marco Arturi - giornalista
Andrea Scanzi - giornalista e scrittore
Paolo Massobrio e Club di Papillon
Sergio Rossi - enotecaro
Remigio Bordini - agronomo
Michele Lorenzetti - enologo
Maurizio Castelli - enologo

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