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Autonomia di gestione nei diversi Paesi, qualità legata ai territori, nuove acquisizioni: il futuro del Gruppo Schenk, una “Ue del vino” (3.500 ettari tra Svizzera, Francia, Italia e Spagna), per Francois Schenk e Daniele Simoni (ad Schenk Italia)

“Siamo un po’ come l’Unione Europea: complessa e complicata. Ma alla fine funziona meglio il sistema Schenk dell’Ue, credo”. Così, a WineNews Francois Schenk, membro del cda del Gruppo Schenk e della famiglia svizzera che, dal 1893 ad oggi, ha messo insieme un gruppo vinicolo fatto di 3.500 ettari di vigneti di proprietà ed oltre 15 cantine e tenute tra Svizzera (dove produce da solo un terzo del vino del Paese), Francia, Italia e Spagna, oltre a joint venture nel Regno Unito, in Germania, nel Benelux ed in Argentina, che lo portano ad essere una delle prime 10 realtà del vino nel mondo, con un fatturato complessivo di 600 milioni di euro (www.schenk-wine.com). E che WineNews ha incontrato, insieme a Daniele Simoni, ad di Schenk Italian Wineries - tra le realtà più importanti del vino italiano, 104 milioni di fatturato nel 2015 - nella nuova tenuta del gruppo Lunadoro, nella terra del Vino Nobile di Montepulciano (12 ettari vitati, tutti a Nobile), che è la terza proprietà del gruppo in Italia, insieme a Castello di Querceto, nel Chianti Classico, e Lunadoro, a Vidor, nel territorio del Prosecco, oltre alla sede centrale di Ora (Bolzano), e con marchi di vino da tutte le più importanti Regioni d’Italia, dalla Toscana al Veneto, dalla Sicilia all’Alto Adige, dalla Puglia all’Abruzzo (www.schenkitalia.it).

Un gruppo grande, che, però, spiegano i due dirigenti, non è poi così difficile tenere insieme. “Il segreto del successo è molto semplice: dare responsabilità ed autonomia ad ogni team in ogni Paese. Noi - spiega Francois Schenk - non interferiamo più di tanto: chiaramente teniamo sotto controllo i numeri, il management, ma lasciamo mani libere a tutti, e questo porta risultati eccellenti.
Abbiamo regole e valori di base, delle linee guida per tutti, ma poi gli lasciamo gestire le cose in autonomia anche a seconda delle singole esigenze di ogni realtà”. “Il gruppo ha un sistema di governance molto intelligente - aggiunge Simoni - da una parte la gestione centralizzata degli investimenti, dall’altra una grande autonomia nei mercati di competenza di ogni realtà. Quindi quando andiamo in Paesi dove c’è il gruppo, dobbiamo vendere attraverso il gruppo, in altri Paesi possiamo fare singole strategie commerciali”. Il tutto “tenuto insieme da una grande esperienza, visto che - ricorda Schenk - facciamo questo lavoro da più di 100 anni, e abbiamo investito per la prima volta fuori dalla Svizzera già nel 1915, in Francia. Quindi godiamo di una certa “expertise” in ogni Paese in cui siamo”.
Una storia lunga, quella del Gruppo Schenk, e che racconta un po’ anche come si sia evoluto il mercato del vino. “Eravamo partiti con il commercio di vino sfuso, poi siamo diventati imbottigliatori. Poi abbiamo iniziato a comprare vigneti, ed è quello che continuiamo a fare oggi, in diversi territori e Paesi. Perché avere vigne di proprietà - sottolinea Francois - ci consente di gestire e valorizzare al meglio la qualità del vino. Ora produciamo meno ma facciamo migliore qualità, e per ogni realtà sviluppiamo marchi ad hoc, e cresciamo, anche a livello di posizionamento. Anche perché questo è quello che i mercati cercano oggi”.
“Mercati, quelli del vino, che oggi sono molto variegati - sottolinea Simoni - ci sono prodotti che hanno una loro collocazione molto facile e veloce, ed uno sviluppo altrettanto rapido, ed altri più difficili da vendere. E spesso questa difficoltà ha origine da considerazioni errate fatte all’interno delle zone di produzione. L’offerta mondiale comunque è in crescita e la competizione è sempre più forte ed impegnativa. In questo contesto, l’Italia sta andando bene in alcuni prodotti, male in altri. I prodotti di base, in generale, stanno soffrendo. Poi ci sono prodotti di riferimento, come il Prosecco, che però crea problemi perché la domanda è molto forte e non si riesce a gestire in termini di produzione questa crescita”.

Fondamentale, in ogni caso, investire su qualità e tipicità, come fatto dal gruppo, per esempio, proprio con Lunadoro e Bacio della Luna in Italia, ma anche, per citare solo alcuni casi, con marchi prestigiosi come Henri Badoux (Aigle Les Murailles) in Svizzera e Chateau d’Aigueville nella Valle del Rodano.
“Per noi è indispensabile continuare con questo tipo di investimenti che abbiamo iniziato a fare, anche con l’acquisizione dei vigneti a Valdobbiadene - dice Simoni - perchè dobbiamo distinguerci nelle zone di produzioni con prodotti più di nicchia. Anche perchè i prodotti “commodity” sono sempre più difficili da collocare, visto che le cantine sociali di riferimento nei territori sono sempre più aggressive sui prezzi”.
Ecco perchè il Gruppo Schenk pensa già ad altri investimenti. “Sono scelte importanti, strategiche - dice Francois Schenk - e dobbiamo discuterne e valutarli bene. Oggi siamo presenti in Svizzera, in Francia, in Italia, in Spagna, e abbiamo anche una joint venture in Argentina. Ci sentiamo molto europei, però, anche perché crediamo che ci sia ancora molto valore da poter realizzare, e l’Italia sicuramente è uno dei Paesi produttori più importanti, sia per volumi che per valori. Noi siamo sempre con gli occhi aperti, in più Regioni, senza focalizzarci su un singola territorio, perchè siamo interessati a crescere, e a cogliere ogni buona opportunità che si può presentare a livello di aziende, vigneti”.
“Ora poi dobbiamo concentrarci un po’ su Lunadoro - precisa Simoni - dobbiamo far diventare pienamente produttiva e redditizia questa azienda. Con un piano di investimento da 1 milione di euro, l’azienda punta a migliorare la propria capacità di stoccaggio e vinificazione, con lo scopo di accrescere la qualità del prodotto e valorizzare l’asset Nobile Riserva e il marchio Lunadoro. L’obiettivo è di produrre 80.000 bottiglie, triplicando così il fatturato precedente che si aggirava intorno ai 600.000 euro. Ma siamo, comunque, interessanti ad espanderci ancora, magari nel Nord-Ovest d’Italia” ...

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