La ricerca al primo posto, per far esprimere al meglio l’uva simbolo della Valplicella, la Corvina, “liberandola” dalla gabbia dell’appassimento e dell’Amarone, che tanto ha dato, in termini di prestigio e ricchezza, al territorio, ma che non può e non deve essere l’unica espressione enoica di un’azienda storica come Bertani, che ha deciso così di puntare sui cru aziendali per fare un passo avanti in termini di sperimentazione e consapevolezza, in una logica che, per una volta, lascia indietro il marketing a favore della cultura vitivinicola. Nascono così i “Bertani Cru”: due vini da due vigneti di Tenuta Novare, il Valpolicella Classico “Le Miniere” e il Valpolicella Classico Superiore “Ognisanti”. Un’attenzione tutta nuova al Valpolicella, in cui il territorio si legge senza l’interferenza dell’appassimento, vino da uve fresche purtroppo spesso dimenticato negli anni della tumultuosa crescita dell’Amarone e del Ripasso.
Sono tante, però, le aziende che producono vini da singole vigne, e allora viene da chiedersi cosa ci sia di nuovo. Sicuramente l’uscita dell’azienda da una sorta di “comfort zone”, garantita dalla continuità dello stile che ne ha costruito l’affidabilità, ma soprattutto il percorso di ricerca di cui i Bertani Cru sono figli. “Le cose si possono fare perché capita - spiega a WineNews Emilio Pedron, ad gruppo Bertani Domains - oppure, come è nel nostro caso, perché si studia e si hanno riscontri scientifici. Puntiamo sulla conoscenza delle ragioni e delle differenze. Volevamo cogliere la migliore espressione della Corvina, e non potevamo che farlo producendo Valpolicella, perché l’”appassimento” delle uve tende a omogeneizzare le differenze. Questi sono i primi due vini della linea Bertani Cru, prodotti in poche bottiglie destinate alla ristorazione, ma poi ce ne saranno altri”.
La ricerca, in affiancamento con studiosi di importanti enti di ricerca, è nel Dna di Bertani Domains, che anche in Fazi Battaglia, sul Verdicchio, ha portato avanti una sperimentazione molto complessa per evidenziare le effettive potenzialità dell’autoctono marchigiano. “Siamo arrivati alla definizione di questi cru di Valpolicella dopo diversi anni di ricerca - ha spiegato Andrea Lonardi, direttore operativo di Bertani Domains - caratterizzando ogni vigneto, applicando una gestione viticola “su misura” e tecniche enologiche studiate per rispettare e massimizzare le espressioni delle nostre varietà autoctone sui diversi suoli. Un esempio è, a fronte del riscaldamento globale che peraltro sta favorendo la perfetta maturazione tecnologica e fenologica della Corvina, l’adozione di una forma della chioma modificata allargata verso l’alto a cono rovesciato a ombreggiare i grappoli per favorire la sintesi di antociani ed evitare scottature a cui la Corvina è molto soggetta. Sul questo vitigno, come su molti altri autoctoni italiani, non ci sono studi sufficienti e noi stiamo lavorando con un vivaista francese per esplorarne la variabilità genetica. Il nostro team da 4 anni lavora distinguendo le uve per origine pedologica, fermo restando che gli stessi suoli si trovano in diverse parti del mondo e che quindi a fare la differenza nei vini concorrono gli altri elementi in gioco. Relativamente ai suoli ciò che conta di più non è la composizione chimica, ma le caratteristiche fisiche che determinano l’ambiente di vita delle radici, come per esempio lo stress idrico che provoca nella vite la sintesi di polifenoli, quindi la produzione di vini più strutturati. Entrando nel dettaglio dei due cru - continua Lonardi - Vigna “Le Miniere” è caratterizzata da suoli con alto contenuto di calcare abbinato ad argille rosse. Gli stessi per natura, origine e formazione di quelli della Cote d’Or in Borgogna, in cui la Corvina ha un complesso quadro fruttato e aromatico, che va dalla ciliegia alle fragoline selvatiche, dai mirtilli al pepe bianco. Suoli che danno origine a vini sapidi, leggeri con note fresche e balsamiche, sembrano semplici e invece evidenziano una profonda complessità. I suoli di Vigna “Ognisanti” hanno un altissimo contenuto di calcare e sono gli stessi della Champagne. In questa vigna - conclude il direttore operativo di Bertani Domains - la Corvina evidenzia note di ciliegia, amarena e pepe e acini più piccoli del normale, ideali per la produzione di vini da uve fresche, con un miglior rapporto tra polpa e buccia che consente l’ottenimento di vini di elevata sapidità, maggior densità e struttura tannica”.
Frequentemente il Valpolicella proviene da vigneti meno adatti a fare Amarone, mentre i Bertani Cru nascono da vigneti dedicati, da cui cioè non si seleziona il 30% dell’uva da destinare all’Amarone. “Si tratta di una eccezione - ha commentato Pedron - che comporta anche mancati guadagni. Quanto conta il prodotto e quanto quello che ci sta intorno? Noi curiamo il primo ed è una strada più lunga e a volte difficoltosa. L’abbiamo scelto perché siamo una società agricola con un patrimonio storico di vigneti e aziende che va valorizzato. Abbiamo intrapreso questo percorso di approfondimento scientifico per decidere delle nostre scelte produttive e non per fare marketing. Contiamo su quei consumatori - ha concluso Pedron - che sono pronti a riconoscere una qualità diversa. È una strada che ci sta portando ad avere orizzonti aziendali differenti. La Valpolicella ha avuto un grande successo, economico prima di tutto. La crescita produttiva dell’Amarone e del Valpolicella Ripasso ha portato ricchezza generalizzata in maniera molto veloce. C’è bisogno di una inversione culturale. Noi facciamo il nostro mestiere, non abbiamo la pretesa di insegnare nulla. Questa è la nostra cultura, ma se saremo di esempio per altri ne saremo felici”.
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