Per decenni il mondo l’ha conosciuto, ed amato, come lo sparkling dolce italiano per antonomasia. Oggi, dopo qualche anno di difficoltà, l’Asti si reinventa, declinando le bollicine di Moscato in una tipologia diversa, di cui il mercato sembra essere tutt’altro che sazio, quella degli spumanti secchi. È così che nasce così l’Asti Secco, che si svela oggi alla stampa enoica del Belpaese nella cornice della Lanterna di Fuksas, a Roma, in una declinazione che si pone l’obiettivo, ambizioso ma alla portata, di allargare il raggio d’azione e dei consumi, “uscendo dal recinto delle bollicine delle feste e del fine pasto - come dice a WineNews il direttore del Consorzio dell’Asti, Giorgio Bosticco - per andare a coprire altri momenti, a partire dall’aperitivo, ed altri target, specialmente i consumatori più giovani”. Quella dell’Asti, oggi, è una denominazione in cui si producono 85 milioni di bottiglie, di cui 54 milioni di Asti e 31 milioni di Moscato d’Asti, con l’85% della produzione che finisce all’estero, ma che punta a superare, come nel passato recente, le 100 milioni di bottiglie, forte di una superficie vitata di ben 10.000 ettari.
“Per 85 anni - spiega Bosticco, direttore del Consorzio Asti - il nostro Consorzio si è occupato di produzione e promozione di due tipologie di spumanti, rigorosamente dolci. Oggi, grazie ad un vitigno eclettico come il Moscato Bianco, abbiamo sperimentato e trovato la soluzione per inserirci nel grande segmento degli spumanti secchi, che comprende i metodo classico come i metodo charmat, tra cui il Prosecco, con cui non c’è nessuna rivalità. Dalle nostre ricerche di mercato, abbiamo visto che l’inserimento di una nuova tipologia come l’Asti andrà semplicemente ad integrare l’offerta, non cannibalizzando e non sovrapponendosi a quanto esiste già. Avrà caratteristiche diverse, legate ovviamente alle peculiarità di un vitigno, il Moscato, che caratterizza tutta la nostra produzione grazie ai suoi profumi. Inconfondibili e diversi da tutti”.
Una vera e propria rivoluzione, arrivata anche sulla scia di uno smottamento dei consumi registrato, come spiega ancora Bosticco, “principalmente sui mercati europei, a cominciare da quello tedesco, ma anche e soprattutto su quello della Russia, storicamente il nostro primo mercato, sia in termini di volume che di valore. Per tornare ai nostri livelli produttivi normali, oggi che siamo a 87 milioni di bottiglie, ce ne mancano almeno 15-20 milioni, che arriveranno sia dalla ripresa delle vendite delle tipologie dolci, che dall’ultimo nato, l’Asti Secco, con cui andiamo a completare la nostra offerta. Non abbiamo intenzione di fare sfracelli sul mercato - conclude il direttore del Consorzio dell’Asti - né di rinunciare alle tipologie dolci, che hanno fatto grande il nostro territorio per decenni”.
Protagonisti di questa evoluzione, ovviamente, sono i produttori, che nell’Asti secco, come sottolinea Stefano Ricagno, vice presidente del Consorzio dell’Asti, sempre a WineNews, vedono “un’estensione di gamma, attesa, perché così possiamo presentare uno spumante diverso, da un vitigno unico, riscoprendo ciò che, comunque, facevamo in passato. È qui, infatti, che è nato il metodo Martinotti, dal nome dell’enologo Federico Martinotti, che ad Asti ha inventato la spumantizzazione in autoclave, e all’epoca di certo non esistevano i paletti legislativi di oggi, per cui ci si trovava di fronte a spumanti dalla concentrazione zuccherina sempre diversa. Non è detto, quindi, che non si producessero già versioni secche dell’Asti un secolo fa ...”.
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