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LO SCENARIO

Calo dei consumi strutturale, richiesta di vini diversi e non solo: il futuro difficile del vino

Le preoccupazioni della produzione dopo i numeri (negativi) del 2023 del report Ismea. “Borsino” degli sfusi: Amarone della Valpolicella al top
ISMEA, SCENARI, vino, Italia
Calo dei consumi, richiesta di vini diversi e non solo: il futuro difficile del vino

Scambi mondiali in frenata, così come gli acquisti nella gdo dei diversi Paesi e consumi più in generale in calo, non solo per fattori economici, sono il poco confortante riassunto di un 2023 raccontato dai dati più o meno completi. Uno scenario - a cui va aggiunto il macro tema del cambiamento climatico - che, in vista del 2024 appena iniziato, ma anche del prossimo futuro, non lascia spazio a voli pindarici ed a chissà quale ottimismo per il mondo del vino, che spinto dalla necessità, inizia ad interrogarsi in maniera più profonda su temi che raccontiamo e analizziamo da tempo. Che emergono anche nell’ultimo report, pubblicato da Ismea, dove al netto dei dati economici già più volte analizzati (tra una produzione 2023 scarsa, sotto i 40 milioni di ettolitri, ma giacenze in cantina mai così alte, stabilmente sopra i 40 milioni di ettolitri, export stabile in volume ma in calo in valore, e acquisti in gdo giù in volume ed in leggero aumento in valore, ma soprattutto per l’aumento dei prezzi legato all’inflazione), emerge come, guardando al futuro, il settore si stia interrogando su alcune criticità che, ormai, possono considerarsi strutturali più che congiunturali.
“La frenata degli acquisti dei principali importatori mondiali con evidenti ripercussioni anche sull’export italiano, è solo in parte imputabile agli approvvigionamenti fatti nella pandemia quando c’erano problemi di spedizioni per cui c’è stata una corsa agli accaparramenti nel timore di rotture di stock. Molto più problematica - sottolinea Ismea - la frenata dei consumi mondiali e la rimodulazione della domanda legata al cambio generazionale e anche al diffondersi di modelli salutistici che non sempre includono il consumo di vino. I produttori italiani hanno cominciato a interrogarsi su quali possano essere le soluzioni stante una domanda che si sta sempre più polarizzando: vino premium e di fascia bassa continuano ad avere un target preciso di consumo, mentre tutta l’affollata fascia di mezzo potrebbe avere problemi. Ci si interroga quindi sulla rimodulazione dell’offerta anche verso prodotti con un tenore alcolico più basso, verso vini meno strutturati e con un packaging più accattivante soprattutto per la fascia di consumatori che si affaccia per la prima volta al mondo del vino. Altro tema è quello del tipo di confezione che deve essere sempre più ecocompatibile e quindi si discute su bottiglie più leggere. Da più parti si inizia a pensare all’utilità di continuare ad espandere la superficie vitata viste le attuali difficoltà di mercato e le giacenze record di fine campagna scorsa. Nello specifico, si può affermare che il mercato mondiale del vino abbia cominciato a trasmettere alcuni evidenti segnali di discontinuità dello scenario che richiedono di essere esaminati e affrontati con la dovuta attenzione al fine di evitare di trovarsi a gestire in prospettiva situazioni di emergenza”. Inoltre, emerge forte e chiaro come la produzione debba rispondere ad ad un calo dei consumi mondiali unitamente alla rimodulazione della domanda che, da una parte va verso una polarizzazione dei consumi rispetto ai prezzi, e dall’altra chiede vini più “facili” e meno strutturati. Ci si interroga, inoltre, sulla gestione dell’offerta per evitare annate di sovrapproduzione che potrebbero non essere sostenibili sul fronte dei prezzi e quindi della redditività”.
A raccontare tutte queste difficoltà, come detto, oltre ai sentiment e alle riflessioni di tanti produttori che WineNews intervista e incontra lungo tutto l’anno, ci sono i dati. Guardando all’export, come noto, l’export nei primi 9 mesi 2023 ha segnato una sostanziale stabilità dei volumi spediti oltre frontiera a fronte di un lieve calo dei valori (-2%) dovuto al diverso mix di prodotti e che vede crescere i vini sfusi del 19% in volume, mentre i vini imbottigliati scendono del 5%. Sembra in rallentamento, al momento, anche la corsa degli spumanti: -3% in volume a fronte di un +2,5 in valore, sottolinea Ismea. Una performance, quella italiana, che si inserisce in un contesto più generale di rallentamento degli scambi a livello mondiale di oltre il -5% in volume, a cui si affianca anche una riduzione degli introiti meno che proporzionale per l’incremento dei prezzi.
Dei primi tre grandi esportatori “l’Italia è, peraltro, il Paese che ha sofferto meno in termini di export - sottolinea ancora Ismea - in quanto i volumi dei primi 9 mesi 2023 sono sostanzialmente in linea con quelli dello stesso periodo dell’anno precedente, ma con una riduzione del valore del 2%. È andata sicuramente peggio alla Spagna che ha perso il 4% sia in volume che in valore, mentre la Francia ha ridotto i volumi dell’8% perdendo in valore l’1%. Molto peggio hanno fatto i Paesi di oltreoceano: Cile, Argentina e Stati Uniti hanno mostrato flessioni di quasi il 30% delle esportazioni in volume mentre l’Australia si è fermata a -8%. A determinare la riduzione della domanda mondiale sono stati quasi tutti i principali acquirenti mondiali a partire da Stati Uniti (-13%), Regno Unito (-7%) e Canada (-10%). Intanto, anche il mercato dell’Estremo Oriente resta molto poco dinamico, con la Cina che ha ridotto le proprie richieste del 27% e il Giappone del 13% sullo stesso periodo del 2022”.
Anche la domanda interna, soprattutto rispetto alle vendite delle Gdo, non appare particolarmente dinamica, nonostante la lieve ripresa dei consumi a partire dalla tarda primavera. Il dato cumulato dei primi 10 mesi 2023 riportato da Ismea (e sostanzialmente in linea con i dati di Circana al 24 dicembre 2023, analizzati da WineNews) registra un calo in volume del -3,1% per un controvalore, sospinto dal caro prezzi, che segna una variazione del +3,1%. I vini fermi mostrano, comunque, una flessione di quasi il 4% in volume mentre gli spumanti si attestano sopra i volumi dello scorso anno (+1%).
E guardando al futuro, ci sarà anche da fare i conti con il tema “prezzi”, che però sembrano sotto controllo, nel complesso. Se la produzione 2023, infatti, è stata scarsa, le giacenze si sono sempre mantenute elevate 51 milioni di ettolitri al 31 luglio 2023, prima della vendemmia, mentre l’ultimo dato di Cantina Italia dell’Icqrf post raccolta, al 30 novembre, era di 53,9 milioni di ettolitri, ndr). E questo, insieme al rallentamento della domanda, ha fatto si che l’indice Ismea dei prezzi abbia chiuso, nel complesso, a -2% sul 2022. Ma non per tutti l’andamento è lo stesso.
Con l’avvio della campagna in corso, la 2023/24, le cose sono cambiate in conseguenza di una produzione piuttosto scarsa parzialmente compensata, però, da giacenze alte. I listini già da agosto hanno cominciato a riprendere quota e sono stati sempre i vini da tavola i più reattivi anche perché sono quelli che risentono maggiormente delle tensioni internazionali. Il risultato finale è che il 2023 si chiude con un recupero dei listini soprattutto dei vini da tavola che, però, non è sufficiente a compensare le perdite accumulate nella prima parte dell’anno. L’indice Ismea dei prezzi, limitatamente ai primi 11 mesi dell’anno, infatti, indica una lieve flessione dei prezzi dei vini da tavola, mentre per Igt e Doc-Docg la riduzione media annua è rispettivamente del -4% e -2%. Guardando ai vini comuni, dopo una prima parte del 2023 piuttosto complicata per i listini dei vini comuni, che fino a luglio avevano registrato perdite del 9% nei bianchi e del 16% nei rossi, con l’inizio della nuova campagna si sono registrate dinamiche molto differenti. Fino all’estate scorsa, in un momento di aumento generalizzato dei costi di produzione, il vino rappresentava in qualche modo un ammortizzatore di questi aumenti per evitare esagerati incrementi al consumo. Con l’inizio della nuova campagna, spiega, invece, Ismea, le condizioni di mercato si sono completamente ribaltate. In una situazione di disponibilità non abbondante, infatti, il mercato ha risposto con una certa vivacità delle richieste soprattutto sui vini comuni che, peraltro, sono quelli le cui giacenze sono risultate in flessione sulla campagna precedente. Nei primi 5 mesi della campagna si assiste, infatti, a rialzi a due cifre sia nei bianchi che nei rossi, con i primi che hanno raggiunto i 5,20 euro l’ettogrado e i secondi i 5,45 euro l’ettogrado. Anche in questo caso non si tratta di livelli record dei listini ma certamente di un buon recupero sulle flessioni della scorsa campagna. Situazione analoga sul mercato spagnolo dei vini comuni che, come tradizione, rappresenta il maggior competitor dell’Italia in questo segmento. E anche per i vini Igt, negli ultimi mesi 2023, si sta registrando una decisa spinta verso l’alto delle quotazioni soprattutto nelle regioni che hanno avuto importanti cali produttivi. In Sicilia, ad esempio, le Igt, sia bianche che rosse, stanno mostrando incrementi di oltre il 30% rispetto agli ultimi mesi della campagna precedente, mentre in Abruzzo sono soprattutto i bianchi a segnare rialzi a due cifre.
Nel segmento più alto della piramide qualitativa, ovvero quello delle Doc e delle Docg, il 2023 è stato un anno dove si sono registrate flessioni medie dei listini dei bianchi, mentre i prezzi dei rossi sono risultati più stabili. Scendendo nel dettaglio, si evidenziano, comunque, situazioni piuttosto diversificate. Nei bianchi le riduzioni si sono registrate soprattutto nel Prosecco e nel Conegliano Valdobbiadene. Con il segno meno anche alcune Dop abruzzesi e il Pinot Grigio delle Venezie. Di contro si hanno dei lievi incrementi nelle Dop trentine, altoatesine, friulane e piemontesi. In discesa, invece, alcune Dop siciliane e sarde. Nei rossi si evidenzia una buona performance dei grandi rossi da invecchiamento, a cui si contrappone la riduzione delle quotazioni dei Lambruschi, del Chianti e della Doc Sicilia. Nei primi mesi della nuova campagna, peraltro, poco è cambiato nella situazione dei vini Dop che, come tradizione, non hanno un mercato che segue la campagna ma più l’anno solare e, quindi, sarà probabilmente l’inizio del 2024 a dare un’impronta più delineata al mercato delle Dop. Da tenere in considerazione che sono proprio i vini Dop ad avere avuto i maggiori problemi di giacenze nella campagna scorsa, per cui bisognerà capire come questo si combinerà con la minore produzione attesa per quella attuale.
Guardando più nel dettaglio, però, tra i valori riportati da Ismea, emergono dinamiche anche molto differenti nelle quotazioni che, va ricordato, sono basate sui valori medi dei prezzi dei vini sfusi riconosciuti alla produzione, al netto dell’Iva e franco cantina. In ogni caso, emerge come, tra i bianchi Dop, i rialzi siano abbastanza generalizzati. Le quotazioni più elevate le registra l’Alto Adige, con il Traminer Aromatico a 480 euro ad ettolitro (+4,1%), seguito dal Franciacorta a 375 euro ad ettolitro (+11,7%), e dal Pinot Nero del Trentino per base spumante a 332,5 euro ad ettolitro (+6,6%), e sopra i 300 euro ad ettolitro si attesta anche il Gavi, che con un imponente +23,3% tocca i 325,3 euro ad ettolitro, ed il Roero Arneis, a 305,83 euro, con un rialzo del +10,8%. Tra le grandi denominazioni, cresce tutto l’Oltrepò Pavese, con il valore più alto legato al suo Pinot Nero, a +13,6%, mentre flette il Prosecco Doc, a 205 euro ad ettolitro (-13%), così come il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, a 297,8 euro ad ettolitro (-3%), e perdono qualcosa anche il Pinot Grigio delle Venezie, a 108,1 euro ad ettolitro (-1,6%) ed il Vermentino di Sardegna (-14,7%, a 138,1 euro, mentre cresce il Vermentino di Gallura, a 215 euro d ettolitro +2,6%). Bene il Verdicchio dei Castelli di Jesi, nelle Marche, con il “base” che sale del +4,7%, a 108,1 euro ad ettolitro, ed il Classico sostanzialmente stabile a 125,5 euro (-0,4%).
Tra i rossi Dop, prende il largo, nella quotazioni, l’Amarone della Valpolicella, a 1.105 euro ad ettolitro (+14,3%), che stacca il Brunello di Montalcino, fermo a 995 euro (+0,2%), ed il Barolo, a 910,8 euro (a +4,8%). A quota 700 euro, ancora, il Barbaresco (+7,6%), e sopra i 300 euro vanno anche il Lagrein dell’Alto Adige (395 euro, +3,3%) ed il Vino Nobile di Montepulciano (+2%), e ancora meglio, in Toscana, fa il Chianti Classico, a 317 euro (+5,9%), mentre soffre e non poco il Chianti, la più grande denominazione rossista italiana, a -15,3%, con prezzi intorno ai 129 euro ad ettolitro. Bene il Morellino di Scansano, a 234 euro, con un balzo del +17,9%, anche se la crescita maggiore è in Oltrepò, con la Bonarda, a +26,4% (117,5 euro ad ettolitro). Ancora, stabile il Montepulciano d’Abruzzo (+1,5%, a 72,5 euro ad ettolitro), così come, tra le grandi denominazioni, le diverse Barbera, con quella d’Alba a 278 euro ad ettolitro (+3,9%), quella di Asti a 160 euro (+6,7%) e quella del Monferrato a 130 euro (+8,3%). Ancora, giù tutto il mondo Lambrusco, tra i 54 euro di quello di Sorbara ed i 58 euro del Grasparossa e del Salamino di Santa Croce, con cali tra il -4,9% ed il -7,5%, e più in generale il Sud, con il -6,1% della Doc Sicilia, a 100 euro tondi (mentre cresce l’Etna, a 221,4 euro ad ettolitro (+3,7%), o il -16,6% di Castel del Monte (a 77,8 euro).

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