Le cantine d’Italia, d’autore ma non solo, sono sempre più visitate e fulcro di quel fenomeno ormai consolidato, seppur in continua evoluzione, che è l’enoturismo. E possono, o forse devono, diventare motori dell’accoglienza e del turismo dei territori, al di là del vino, migliorando la sinergia con altri organi territoriali deputati alla gestione del turismo (collaborazione in molti casi inesistente), anche nell’ottica di un approccio al vino, e al turismo, sempre più legato all’esperienza, che al prodotto in sé. È una delle riflessioni, a WineNews, di Magda Antonioli Corigliano, oggi professore del Dipartimento di Analisi delle Politiche e Management Pubblico dell’Università Bocconi di milano e direttore dei Courses on Tourism Policy and Strategy della Unwto (l’agenzia della Nazioni Unite dedicata al Turismo), ma soprattutto prima “ideologa” del turismo del vino in Italia e pioniera degli studi e dell’analisi dell’enoturismo quando, oltre 20 anni fa, questo fenomeno in Italia era appena agli albori.
Un enoturismo che, sottolinea la Antonioli, è ormai turismo di grandi numeri, ma non di massa, e talvolta anche di nicchia, segmento specializzato, ma al tempo stesso trasversale e capace di calamitare l’attenzione anche su centri e borghi minori, con la loro storia e la loro cultura, che spesso si intreccia alla produzione di vino e di altri prodotti d’eccellenza, e sempre più spesso legato a temi come il turismo del benessere e non solo, nonché elemento strategico per l’immagine “alta” del made in Italy nel mondo, e per l’attrazione di flussi stranieri. E in questo fenomeno, chiaramente, un ruolo centrale è quello delle cantine, non solo come luoghi dove poter conoscere ed assaggiare il vino, ma anche come presidi del territorio e dei vigneti, come custodi del “genius loci” dei territori, ruolo che se esprime al meglio quando la cantina sviluppa appieno il proprio legame con altre tipicità, non solo gastronomiche, del territorio, con ricadute, peraltro, sempre più importanti anche dal punto di vista economico.
Una cantina che, per il visitatore, “diventa luogo di accoglienza e, con regole specifiche, deve essere legata alle diverse forme di accompagnamento e di guida al territorio nel suo complesso, dalla storia alla tradizione, al contesto più ampio del territorio stesso. Devono diventare, insomma, parte integrante dell’offerta turistica, in maniera organica. Ma spesso, ancora, i vari player non sono in grado di fornire le adeguate informazioni, e su questo c’è ancora da lavorare tantissimo”.
Ma sono tanti gli aspetti su cui, ancora, si può migliorare. A partire dalla costruzione di politiche di comunicazione tagliate sui diversi target che dal vino e dalla sua conoscenza, e dalle cantine, allarghino il raggio sul territorio nel complesso.
Con le cantine d’autore, cresciute per numero ed importanza in maniera importante, negli ultimi 10 anni, anche in Italia, che hanno assunto un ruolo centrale.
D’altra parte, sottolinea la Antonioli, la cantina esprime l’identità del produttore, ne contraddistingue la qualità ed i connotati produttivi, mentre l’architetto crea “il contenitore” dell’attività industriale, “perchè è essenziale che si crei per il visitatore un’esperienza globale, ma dove non va mai dimenticata la predominanza e la valenza della materia prima e del suo artefice, il produttore - anche nei risvolti di innovazioni tecnologiche che vengono apportate e che risultano sempre molto apprezzate dal visitatore - ai quali si aggiunge la creatività, la “mise en place” e tutto il resto del contenitore”.
Contenitore che, se d’autore, o comunque in sinergia con l’arte, acquista valore, e lo trasferisce anche sul brand della cantina, perchè, per esempio, iniziative legate all’arte e alla cultura, ed istallazioni artistiche nelle cantine o nelle aree di proprietà delle aziende, “ne rafforzano l’immagine, testimoniano dinamismo e trasmettono valori positivi ai visitatori, e rafforzano il legame con il territorio”.
Con le cantine firmate dalle archistar che, senza dubbio, rappresentano un grande plus. “Potremmo sintetizzare che l’enologo ed il produttore stanno alla produzione (alla qualità e al contenuto del vino), come l’architetto sta al contenitore, inteso come gusto estetico, bellezza e inserimento nel contesto paesaggistico. Qualcuno ha recentemente affermato che le cantine d’autore rappresentano il più importante fenomeno di committenza privata alla grande architettura, arricchendo il patrimonio artistico-culturale dei territori di varie regioni a livello mondiale. E guardando le “cattedrali del vino” di oggi, credo se ne abbia una conferma. Come produrre vino, fare architettura è una continua “tensione”, un equilibrio dinamico tra conoscenza e sperimentazione, sapienza e ricerca, saper fare e intuizione. Come il vino, ogni architettura è unica, ma se vera architettura di qualità è in grado di aprirsi a tutti, ai principianti come ai più esperti, per farsi conoscere, apprezzare e portare una nota di piacere, gusto ed eleganza nella vita di tutti noi. Architettura e vino sono entrambi pura espressione di estetica, inteso nel senso dell’antico greco “aisthesis”, ovvero piacere che viene dai sensi”. Ed il turismo del vino, conclude Magda Antonioli Corigliano, è esattamente questo.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024