“La storia dell’ultimo mezzo secolo è la storia del “Rinascimento” del vino italiano, e di come un comparto importante della nostra agricoltura possa rendersi autonomo ed autosufficiente, addirittura portando l’esempio. Quello che si è realizzato nel mondo del vino sarebbe un atteggiamento virtuoso che si potrebbe estendere anche ad altri comparti del sistema agricolo. È una speranza, ed è detta in un momento particolare in cui le esigenze del pianeta chiedono a tutti noi comportamenti virtuosi, e quindi anche di rispetto verso la fertilità dei suoli e l’ambiente, per cui l’esempio del vino rappresenta un punto di riferimento”. Lo ha detto, a tu per tu con WineNews, Carlo Petrini, fondatore Slow Food, gastronomo e sociologo, tra le più autorevoli voci internazionali quando si parla di cibo e non solo, con il quale questa volta abbiamo parlato soprattutto di vino, aspettando “Sana Slow Wine Fair”, nuovo appuntamento di BolognaFiere, con la direzione artistica di Slow Food, in partnership con FederBio e Confcommercio Ascom Bologna, il supporto di Ministero degli Affari Esteri e Ice, e che, dal 27 al 29 marzo a Bologna, sarà il primo incontro della Slow Wine Coalition, l’alleanza internazionale tra produttori, trade e persone per dare inizio alla rivoluzione nel (e dal) mondo del vino. Perché, per Petrini, tra gli “eroi del nostro tempo” per il “Time” e tra le 50 persone che potrebbero salvare il pianeta per il “Guardian”, il vino rappresenta un paradigma del cambiamento di sistema necessario in tutte le agricolture, grazie anche al ruolo “politico” che è in grado di rivestire.
E, in effetti, nel momento in cui il mondo del vino si è unito, ha unito la sua intera filiera, ed ha battuto i pugni sul tavolo insieme con la politica italiana il risultato si è visto, e la battaglia in Europa sulla distinzione tra consumo ed abuso nel “Cancer Plan” è stata vinta. E, forse, ne dovremmo trarre insegnamento. “Quando c’è consapevolezza della forza che il comparto ha anche a livello mediatico, si ottengono grandi risultati - sottolinea Carlo Petrini - ma c’è da dire anche un’altra cosa: in questo sconquasso determinato dalla pandemia, tutto sommato, il mondo del vino ne esce meno prostrato che altri comparti. Ed è per questo motivo che è importante che sia cosciente che l’unione fa la forza. Non è possibile non vedere come molte botteghe, che tra l’altro vendono anche il vino, stanno chiudendo in ogni angolo del Paese, e che la ristorazione sia piegata dalla sofferenza. Il ragionamento è molto semplice, se vogliamo uscire da questa pandemia c’è bisogno di elementi di solidarietà e di cooperazione. Se ognuno bada ai propri interessi non va bene. Io ho memoria di quando il mondo del vino era in ginocchio dopo lo scandalo del metanolo: ebbene, in quel momento lì chi ha contribuito a rilanciare anche l’immagine del vino sono stati i ristoratori e gli osti, che tutti insieme hanno fatto la loro parte. Adesso è un momento in cui bisogna fare squadra rispetto ad altri soggetti. Io vedo per esempio un elemento che è molto preoccupante che è l’espansione in maniera veramente impressionante delle vendite online. Se il mondo del vino abbandona la sua presenza sui territori, nei ristoranti, nelle enoteche e nelle botteghe di vicinato, perde un pezzo della sua identità che è quella che tutto il mondo ci invidia quando viene in Italia. È ora di cominciare a riflettere su queste cose”.
Il vino ha un ruolo importantissimo, che è quello di evitare il depauperamento dei territori che oggi sono famosissimi e le cui etichette sono esportate in tutto il mondo, attraverso l’economia di relazione. “La relazione è un elemento di una diversa economia - spiega Petrini - io sono convinto che la situazione mondiale richiede a tutti di fare un attimo di riflessione e pensare che una delle risposte forti per uscire da questa situazione è il rafforzamento delle economie locali. Le economie locali sono quelle che noi possiamo governare e che sono basate sulla relazione e sui beni comuni. Capire questo vuol dire fare comunità. Se il vino nei suoi territori non fa comunità e diventa una merce senza anima è destinato nel breve periodo a perdere la sua essenza principale. Facciamo attenzione a non perdere quello che è uno degli elementi distintivi della cultura del vino: la socialità, la comunità, i territori. Io vivo in Langa, ma se dovessi pensare ad una Langa con i propri paesi e villaggi senza più la possibilità di assaggiare il vino qui sul territorio, incomincerei ad essere molto preoccupato anche per il futuro del vino langarolo”. Le basi del successo - e, aggiungiamo noi anche del futuro - dei territori del vino italiano sono da ritrovarsi proprio nella coesione sociale raggiunta negli anni passati, tra produttori e cittadini, e nel non dimenticare mai le loro origini umili e contadine. Mantenere questa integrità è “un altro ruolo che io auspico”, dice Petrini.
Cooperare, superando la logica della competitività, è fondamentale per raggiungere anche gli obbiettivi della “transizione ecologica”. “Basarsi solo sulla competitività non è il segno dei tempi - è il pensiero di Petrini - la cooperazione è quella che ci consente di raggiungere nuovi obbiettivi e ripeto, a mio modo di vedere, il modello economico più concreto è quello del rafforzamento dell’economia locale. Niente più del vino è sinonimo di territorio, di identità. Il giorno in cui diventa merce e perde il suo rapporto con il territorio, il vino perde più del 50% della sua distinzione. È questo l’elemento che noi dobbiamo tenere fortemente presente. Per certi aspetti qualcuno potrebbe anche dire che “andiamo bene, vendiamo”: sì, ma guardate nel lungo periodo, senza identità del territorio anche i fatturati diminuiscono”.
La “Slow Wine Coalition” e “Sana Slow Wine Fair” lanceranno tutti questi messaggi: ancora una volta, è Slow Food a fare la rivoluzione anche nel mondo del vino? “Fortunatamente la storia degli ultimi 50 anni ha visto impegnati nel cambiamento tanti protagonisti - conclude Petrini - i produttori, le tecniche, le comunità, e anche Slow Food. L’evoluzione non è mai il frutto di una sola componente. Il nostro movimento ha avuto un ruolo, però c’è da dire una cosa: è stato molto importante questo cambio generazionale con atteggiamenti virtuosi. Adesso è il momento di capire che altre componenti del sistema sono in sofferenza, e, allora, bisogna fare squadra ed uscire da questa situazione di sofferenza per ipotizzare nuovi percorsi. L’appuntamento di Bologna mi auguro che possa essere il luogo per riflettere su queste tematiche”.
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