
"Ti ga capì?". Con un bicchiere di "brut" in mano Gino Lunelli fissa con quegli occhietti furbi il giornalista francese esperto di champagne sceso da Parigi per presenziare alla festa per uno spumante italiano. E per
sincerarsi che abbia davvero capito i motivi di questo successo tutto italiano, gli ribadisce la domanda in dialetto stretto: "Ti ga capì?. E' solo questione di terra, di lavoro e d'amore. E d'Italia, perché no?".
In questa frase, e in quello sguardo così diretto, c'é
tutto il segreto di Gino Lunelli, erede ma nello stesso tempo artefice di un successo italiano nel mondo: quello del brut Ferrari. Perché? "Perché - commenta Enzo Biagi, lì a due passi nelle vesti di amico di famiglia, oltre che uno degli autori di un libro rievocativo - quello che dice l'etichetta in questo caso corrisponde al contenuto della bottiglia. Qui oggi non si festeggiano solo i 100 anni di un marchio. Si festeggia una famiglia italiana molto perbene. L'amicizia è parola che non va sprecata. Io sono amico della famiglia Lunelli". In questi termini, cioé quasi con una chiacchierata tra amici ma organizzata in uno degli alberghi più esclusivi di Milano, la famiglia Lunelli (che da Giulio Ferrari acquisì nel 1952 l'omonima azienda) ha voluto festeggiare i 100 anni del suo marchio.
Un marchio Ferrari che, come l'omonimo Cavallino, è un
simbolo d' Italia nel mondo. Scusi, signor Lunelli: possibile che non si siano mai sovrapposti? "Come no? - risponde - Con la storia dei profumi si sono sovrapposti eccome". Cioé? "Cioé: un giorno vado dal commendator Ferrari giù a Maranello e gli chiedo: "Scusi commendatore, avrebbe mica niente in contrario se noi del vino ci mettessimo a fare anche un profumo che si chiama
Ferrari?". "Per me - mi rispose lui - gli unici profumi che
esistono sono quelli di olio e benzina". Nacque così il profumo Ferrari, prodotto dalla famiglia Lunelli. "E' stato poi quando in Ferrari è arrivata la Fiat - continua Lunelli - che sul profumo le cose sono cambiate".
Resta il fatto che, come racconta lo stesso Lunelli, al Drake non dispiaceva affatto che, del tutto casualmente, ci fosse in giro per il mondo un vino italiano famoso che portava il suo nome.
Sono passati 100 anni dal giorno in cui Giulio Ferrari, appena tornato dalla Francia, produsse a Trento le prime 600 bottiglie di champagne Ferrari. All'epoca Trento faceva ancora parte dell'impero austro-ungarico e per quelle vigne, così come per il resto d'Italia, si parlava solo in dialetto. Nonostante sia passato un secolo, non è un caso che quello stesso dialetto ritorni, volutamente marcato, nelle parole di Gino Lunelli. Con i fratelli Mauro, Carla, Franco e Giorgio, oggi il signor Gino dirige un'azienda da 4,5 milioni di bottiglie. Con il suo vino hanno brindato alcuni tra i grandi nomi della storia, non ultimi Elisabetta d'Inghilterra e il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, due anni fa per la visita della regina a Roma, oppure i presidenti Bush, Putin, Blair, Schroeder, Chirac, Chretien, Koizumi e Berlusconi un anno fa al G8 di Genova. Dentro al gusto di quel vino, invisibile eppur presente, aleggiava una domanda: "Ti ga capì?".
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