Lo vogliono tutti ed il motivo è semplice da capire. Pochi riconoscimenti, come quello Unesco, infatti, mettono d’accordo le persone, e, in un mondo dove ci si “divide” per qualsiasi cosa, si tratta di qualcosa dal prestigio assoluto. L’Italia lo sa bene, essendo la regina mondiale dei riconoscimenti Unesco, ne conta ben 59 tra quelli “Patrimonio dell’Umanità” ed i 14 che sono iscritti nella lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale. Un “tesoro” che certifica la storia e l’unicum del Belpaese e dove di certo ha un peso notevole anche l’enogastronomia e il paesaggio, ad iniziare da quei “terroir” del vino che sono un connubio speciale nel rapporto di “sangue” che si crea tra la terra e la mano dell’uomo, tra la storia e la modernità, un collante dove le generazioni continuano a rispecchiarsi.
Dalle “Colline del Prosecco di Conegliano e di Valdobbiadene”, dove nascono le bollicine italiane che hanno conquistato il mondo, ai “Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato”, straordinaria culla di vini unici, Barolo e Barbaresco, in primis; oppure la “Val d’Orcia”, territorio tra i più iconici della Toscana dove nascono anche altri due grandi rossi come il Brunello di Montalcino ed il Vino Nobile di Montepulciano. Ma, scendendo a Sud, come non citare “La pratica agricola tradizionale della coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria”, dove insiste anche il riconoscimento multinazionale della “Arte dei Muretti a Secco”, che caratterizza anche altri paesaggi viticoli come quelli del Soave, della Valpolicella, delle Cinque Terre in Liguria, della Valtellina e non solo, anche fuori dai confini nazionali. E poi il cibo, i suoi prodotti e le sue tecniche, ad iniziare dalla “Dieta Mediterranea”, di cui l’Italia è simbolo oppure “L’arte tradizionale dei pizzaiuoli napoletani” e la “Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali”. Tutto questo con la lista Unesco che potrebbe arricchirsi, ad iniziare dalla candidatura della “Cucina Italiana”, ma anche al “sistema delle ville-fattoria del Chianti Classico”, inserito nell’elenco della “lista propositiva” italiana dei siti candidati a Patrimonio dell’Umanità e la tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella che, se arriverà a compimento, sarebbe la prima tecnica vitivinicola ad ottenere il prestigioso riconoscimento.
Ma quanto “pesa”, in senso ovviamente positivo, per un territorio avere delle eccellenze Unesco al proprio interno? Una domanda che ha trovato risposta in un incontro al Festival dell’Economia di Trento, dove è stata presentata parte di una ricerca di carattere internazionale portata avanti dalla cattedra Unesco dell’Università Sapienza (Roma) e illustrata da Pierluigi Petrillo, presidente dell’Evalutation Body della Convenzione Unesco sul patrimonio culturale immateriale, quello che rappresenta le “tradizioni, i saper fare, le conoscenze che definiscono l’identità di un territorio”. I ritorni economici, dall’occupazione alla nascita di nuove attività, sono evidenti. Petrillo ha fornito dati relativi a questi vantaggi, ma non solo, che portano i Siti Unesco ed i beni immateriali sul territorio, citando rilevanti esempi provenienti dal mondo del vino e del food, capaci anche di “neutralizzare” gli effetti negativi del Covid.
A livello generale, gli arrivi nei siti Unesco, hanno, infatti, segnato +53,59% nel 2021/2020 e +67,83% nel 2022/2021 contro, rispettivamente, il +41,24% e il +50,65% della meda nazionale. Un trend superiore anche per le presenze, +62,81% (2021/2020) e +59,55 (2022/2021) nei siti Unesco con la media nazionale che ha invece toccato +38,73% (2021/2020) e +42,48% (2022/2021). Un exploit che Petrillo ha allargato anche alle aziende agrituristiche, nominando Pantelleria che ha prodotto una performance straordinaria del +60% (dopo il riconoscimento Unesco) rispetto al 41,9% della media nazionale. “Dopo il Covid - ha detto Petrillo - l’impressione è che il turista abbia scelto i siti Unesco anche se il tendenziale prima del Covid mostrava dati sostanzialmente identici. Ma dopo sono cresciute in modo esponenziale anche le imprese che hanno qualche connessione con il riconoscimento Unesco, le imprese culturali, le imprese ricreative, le imprese che offrono servizi turistici, le imprese agroalimentari”. Emerge che i siti Unesco attraggono più imprese turistiche (+16,26% nel 2018/2017; +6,47% nel 2022/2021 con la media nazionale a +5,48% e +1,9%), e quindi posti letto con le aziende agrituristiche che nel periodo 2014-2019 hanno riscontrato una forte crescita (+41,9%) se paragonato alla media nazionale (+2,5%).
Emblematico il “caso Conegliano e Valdobbiadene”, preso come modello nel constatare come il riconoscimento Unesco (arrivato nel 2019, e quindi in periodo Covid) “aumenta l’occupazione”. Il Distretto del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg nel 2017 contava 347 strutture extra-alberghiere diventate 531 nel 2022 con i posti letto nelle strutture extra passati dai 2.867 del 2017 ai 4.211 del 2022; le case spumantistiche dalle 185 del 2017 alle 209 del 2022. Il totale delle imprese globali da 4.418 (2017) a 4.514 (2022), gli addetti alle case spumantistiche dai 2.726 del 2017 ai 3.514 del 2022, quelli globali da 6.245 a 6.867 nel quinquennio preso in considerazione.
Ma la valorizzazione del territorio e delle sue competenze, con un incremento dei numeri lavorativi, si denota anche per il settore della pizza dopo il riconoscimento Unesco per “L’arte tradizionale dei pizzaiuoli napoletani” (2017): i numeri dei corsi professionali, legati a questa arte, sono cresciuti significativamente in Italia e soprattutto all’estero dove ci sono sempre più scuole accreditate. “Prima del riconoscimento Unesco, nella catena della ristorazione, il pizzaiuolo era considerato - evidenza Petrillo - l’ultima ruota del carro, dopo è cambiato completamente il volto della professione. Oggi c’è un orgoglio tale e una consapevolezza che persino i grandi chef si sono messi a fare la pizza coinvolgendo i grandi pizzaiuoli”. Dati che rispecchiano anche quelli riportati da WineNews, nei mesi scorsi, in riferimento al “boom” dei numeri dopo l’inserimento nella lista del Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco (2014), dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato che, non a caso, ha riscontrato una forte crescita di turisti e di attività. Dove c’è Unesco, c’è un tesoro.
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