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VINO & CULTURA

Ci sono storie che solo il vino sa raccontare. Come, da Dante a oggi, quella dei Serego Alighieri

Pieralvise di Serego Alighieri a WineNews: “la bellezza ci darà la forza per ripartire. E il vino permette di mantenere e migliorare i territori”

“Tutto ha inizio a metà del Trecento, quando Pietro Alighieri, figlio di Dante, dopo aver seguito il padre in esilio e dopo la morte del poeta, decide di fermarsi a Verona e più tardi di acquistare terreni in Valpolicella. Poco tempo dopo, vi acquisterà anche quella che all’epoca era una semplice casa, nello stesso luogo dove ancora oggi ci troviamo anche noi. Pietro, di professione magistrato, aveva assunto una posizione sociale abbastanza importante, tant’è che grazie a questo e per matrimonio, era riuscito ad investire in terreni e case in Valpolicella senza più tornare a Firenze. Da fiorentina, la famiglia Alighieri è così diventata a tutti gli effetti veronese, rimanendo a Verona per altri tre secoli fino alla metà del Cinquecento, quando l’ultimo maschio Alighieri, il canonico Francesco, che per l’abito che indossava non avrebbe potuto avere discendenti diretti maschi, decide di lasciare i suoi averi, tra cui anche queste proprietà, al pronipote, figlio di Ginevra Alighieri, che nel frattempo aveva sposato il Conte Marcantonio di Serego: Pieralvise, il primo, seguendo l’indicazione del prozio, ad unire il cognome paterno a quello materno”. È la vera storia dei Serego Alighieri, discendenti di Dante, raccontata, secoli dopo, a WineNews, dal Conte Pieralvise di Serego Alighieri, che porta lo stesso nome del suo antenato, e da quelle stesse Possessioni Serego Alighieri, tra le cantine più antiche d’Italia, nel cuore della Valpolicella Classica, a Gargagnago a Sant’Ambrogio di Valpolicella, a pochi passi da Verona e il Lago di Garda, dove la discendenza del Sommo Poeta vive da quasi settecento anni e che secoli fa avevano affascinato i suoi illustri predecessori.
Da allora, la cultura rappresentata da uno dei suoi padri nobili e dallo straordinario valore nella modernità del suo pensiero universale racchiuso in un’opera, la Divina Commedia, che ancora a distanza di secoli, va ben oltre la sua epoca, l’agricoltura, e il vino in particolare, come elemento fondante dell’identità italiana, ma anche la storia stessa del Belpaese, sono alla base di una visione dell’Italia, che, di fronte a quello che stiamo vivendo per l’emergenza Covid, “fa sperare - sottolinea Serego Alighieri - come già successo nelle vicende del passato che hanno portato alla nascita di una nuova enologia italiana che oggi è tra le migliori del mondo, che anche questa situazione produca risultati importanti dal punto di vista qualitativo. Abito in una Villa Veneta (e tra le Dimore Storiche Italiane, ndr) e ho la fortuna di viverla come ha fatto da sempre la mia famiglia, un patrimonio di cui ci siamo sempre occupati con entusiasmo e non senza difficoltà, ma consapevoli che la bellezza e le buone cose che solo in Italia si possono trovare sono ciò che ci darà la forza per ripartire. E il vino è uno dei motori che permette di mantenere e migliorare la bellezza dei nostri territori”.
Tornando ad una di quelle storie che solo il vino sa raccontare, anche quella dei Serego è una vicenda importante: “originari della Marca Trevigiana, trasferitisi a Verona al seguito degli Scaligeri di cui erano consiglieri militari e con i quali si erano anche imparentati - racconta - erano grossi proprietari terrieri come gli Alighieri (la vicina Villa Santa Sofia, in passato conosciuta come Villa Serego, fu commissionata al grande architetto Andrea Palladio da Marcantonio Serego), e l’unione delle due famiglie dette vita ad una grande proprietà in Valpolicella, da sempre vocata alla viticoltura, che divenne con l’agricoltura l’attività principale dei Serego Alighieri, come testimoniano documenti dell’epoca sulle lavorazioni di uva e vino nella tenuta già nel Cinquecento”. Una tenuta che, attorno al Casal dei Ronchi acquistato da Pietro Alighieri e tutt’ora cuore della proprietà, ha visto nei secoli lo sviluppo di nuove forme di agricoltura, intesa come scienza ed arte, e dove si custodisce anche il clone di uva Molinara Serego Alighieri da vigne antichissime, piantate nella seconda metà dell’Ottocento per la nascita di un altro Pieralvise, nonno dell’attuale, fondatore nel 1920 della Scuola Agricola a Gargagnago. “Oggi gli ettari vitati sono 45, su circa 100 tra boschi ed oliveti, per una produzione attorno alle 700-800.000 bottiglie, per l’80% destinate all’export”, con cru come l’Amarone Vaio Armaron, nella Top 100 2015 dei migliori vini al mondo di Wine Spectator e prima etichetta veneta ad entrare tra le prime 10 posizioni, il Recioto Casal Dei Ronchi e il Valpolicella Classico Superiore MontePiazzo.
Agricoltura e vino che, prosegue nel racconto, “sono il filo conduttore che porta fino ai giorni nostri, da mio nonno, tra i fondatori della Cantina Sociale della Valpolicella, a mio padre, Dante Serego Alighieri, che ebbe un ruolo importante nell’istituzione delle Denominazioni di origine controllata che tanto hanno portato al territorio. Io stesso mi occupo da sempre della proprietà seguendo le attività agricole, e dando vita, una quarantina di anni fa, ad una collaborazione con l’azienda Masi, nostra vicina, con la quale avevamo un obbiettivo comune: promuovere nel modo giusto un vino, il Valpolicella allora, che non era a livello di immagine quello che avrebbe potuto essere. Mettendo in campo, da parte nostra, una storia molto lunga e, da parte loro, una tradizione agricola e vitivinicola fatta di tecnica ed expertise commerciale con esperienza di distribuzione in tutto il mondo, abbiamo visto fin da subito come l’unione fa la forza. E i risultati sono davanti agli occhi di tutti, con i vini Serego Alighieri distribuiti da Masi che oggi sono nei migliori ristoranti ed enoteche di tutto il mondo. Ma anche l’immagine della Valpolicella, secondo me, grazie a collaborazioni di questo genere, ne ha tratto vantaggio: è il caso dell’Amarone, che fino ad una ventina di anni fa era difficile anche solo da proporre e che oggi è uno dei vini simbolo dell’enologia italiana”.
Una collaborazione che, sotto la spinta del successo in Valpolicella, ha portato anche, ricorda Serego Alighieri, “ad un progetto nato all’inizio degli anni Duemila, quando con Sandro Boscaini (alla guida di Masi, ndr) abbiamo pensato di iniziare una nuova esperienza in un altro territorio importante dal punto di vista enologico, la Toscana, nella zona del Montecucco, a Cinigiano, allora non tra le più conosciute, con vini da uvaggi completamente toscani, ma anche con un richiamo al nostro antenato nel nome della tenuta in comune con Masi, e che si chiama Poderi del Bello Ovile, come Dante nella Divina Commedia chiama la sua terra natìa in cui non sarebbe potuto tornare”. Se non grazie al vino.

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